Catania-Livorno 1-1: La paura fa 95

Delli Carri prova a sedare le proteste nei confronti di Mariani a fine gara.

Delli Carri prova a sedare le proteste nei confronti di Mariani a fine gara. 

Il Catania si chiude troppo e incassa il beffardo pari allo scadere: l’appuntamento con la salvezza è rimandato.

Da De Marco di Chiavari a Mariani di Aprilia. Dal 7 dicembre 2003 al 2 maggio 2015, nuovamente contro il Livorno. Un’altra vittoria etnea sfumata sul “gong” a causa di una decisione arbitrale, anche se l’analogia finisce qui: il rigore concesso a Protti era inesistente, quello odierno, causato dall’intervento di Gyomber su Vantaggiato, ci può stare. Ma aizza ulteriormente un ambiente provato da una direzione di gara più che discutibile, la terza consecutiva dopo quelle di Ghersini contro la Ternana e La Penna contro il Bologna, caratterizzata anche in questo caso da una gestione dei cartellini sproporzionata tra le due squadre, che vede il Catania chiudere con cinque giocatori nell’elenco dei cattivi con ammonizioni non sempre dettate da solide motivazioni (giallo a Schiavi per reazione su Djokovic che viene invece graziato), mentre al Livorno vengono perdonati persino gli stop di braccio. L’assegnazione di un recupero forse eccessivo, poi, è il preludio all’amaro finale. La CAN B dell’AIA, diretta dal designatore Stefano Farina, evidentemente non “vuole tanto bene” al Catania, ma le recriminazioni lasciano il tempo che trovano dinnanzi alle innegabili responsabilità della gestione societaria in questa stagione e delle scelte di Marcolin in questa partita.

Il Catania segna e si spegne, ma nel primo tempo non si soffre
Il tecnico bresciano ripropone i grandi esclusi di Bologna Schiavi e Sciaudone, e sopperisce alle assenze forzate di Del Prete, Ceccarelli e Calaiò con gli innesti di Belmonte, Sauro e Castro nei rispettivi ruoli. Si rivede, rispetto al “Dall’Ara”, una formazione più equilibrata, che riesce a proporre un filo di gioco sulle catene costruite nei settori laterali, soprattutto a sinistra, fascia dove Castro tende spesso a svariare, Mazzotta a sovrapporsi, Coppola a rendersi disponibile in appoggio. E’ proprio un’invenzione del n°42 a fornire un’autostrada al terzino palermitano che deve soltanto mettere la quinta e presentarsi davanti a Mazzoni. L’estremo difensore livornese è bravo nel rintuzzare il primo tentativo, ma Mazzotta è poi abile nel pescare Sciaudone che in bello stile realizza a porta semi-vuota con una conclusione non facile. La partita del Catania, sostanzialmente, finisce qui. Sin dal 20’ Marcolin decide di concedere campo alla squadra di Panucci, peraltro schierata con un coperto 3-5-2, caratterizzato da scelte di contenimento rispetto a quelle annunciate (come la mezzapunta Jelenic in luogo dell’ariete Galabinov). Per fortuna i labronici faticano ad imbastire azioni degne di questo nome e si soffre soltanto sulle conclusioni da fuori (sbilenche) e sui ben più preoccupanti cross di Gemiti e Lambrughi che sovente avanzano sulla sinistra. Nulla, comunque, di trascendentale.

Marcolin affolla l’area e arretra troppo il baricentro: il pari è inevitabile
Il canovaccio si protrae per la prima metà della ripresa. Il Livorno continua a conquistare metri ma non colleziona occasioni pericolose. La retroguardia del Catania è attenta, un po’ meno i mediani che concedono qualche punizione di troppo sulla trequarti sui guizzi dell’ex Biagianti. Il temibile Emerson tuttavia non inquadra la porta. Spreca invece Maniero in contropiede un’occasione d’oro, e non è la prima volta che non solo il n°7, ma la formazione di Marcolin in generale, divora simili palle gol nelle ripartenze, faticando troppo a chiudere le partite.
Il match cambia pelle, in senso negativo per i rossazzurri, con le mosse dei due allenatori nella fase finale del secondo tempo. Inizia Panucci, inserendo forse un po’ tardivamente Galabinov per Gemiti. Maicon si abbassa, Lambrughi si allarga sulla corsia mancina, Moscati e Jelenic presidiano le fasce in avanti: è un 4-4-2 a trazione anteriore. Marcolin risponde col discutibile cambio Rosina-Capuano: il tecnico del Catania intende mantenere la superiorità numerica della propria difesa, e piazza curiosamente Ciro al centro, facendo allargare Sauro a sinistra. In fase offensiva Mazzotta si spinge in avanti, mentre a destra si allarga Sciaudone. Sostanzialmente in questa fase della partita le squadre giocano a specchio, entrambe con un 4-4-2, pur atipico in virtù degli interpreti in campo.
Il Catania spreca un altro contropiede con Castro e Panucci cambia nuovamente: dentro Djokovic per Moscati, Maicon torna alto a destra con Jelenic sulla fascia opposta, per un 3-5-2 che in fase offensiva si trasforma in un 3-3-4 di “contiana” memoria. D’altronde, Maniero e Castro sono troppo isolati e tre difensori bastano e avanzano per proteggere la difesa labronica e far ripartire l’azione; l’affollamento creato da Marcolin in difesa serve soltanto a spazzar il più alto numero di palloni possibili dall’area etnea senza che però si riesca a uscire dai trenta metri in cui Luci e compagni schiacciano la formazione rossazzurra. L’ultimo cambio (Chrapek per Maniero) è la definitiva bandiera bianca alzata dal trainer bresciano. Seguiranno i dieci minuti finali in cui il Livorno sfiora a più riprese il meritato pareggio senza riuscire a trovarlo, tra errori e sfortuna sui tiri da fuori e in mischia sui calci d’angolo. Fino all’epilogo col “mucchio selvaggio” e con l’entrata scomposta di Gyomber che costa caro.

Brescia: nuovo appuntamento con la storia (avversaria)?
Il pareggio che toglie ogni ulteriore velleità di playoff fa risuonare nuovamente dei campanellini d’allarme in ottica playout. Col solo punto racimolato nelle ultime due gare, il vantaggio sulla zona calda si è ridotto a 4 punti (che gli etnei vantano sul Crotone). Mancano almeno due, tre punti per poter stare tranquilli e la sfida col Brescia (in cui mancherà Mazzotta per squalifica) è un’occasione buona per chiudere il discorso e guardare con più spensieratezza alle ultime due sfide contro Cittadella e Carpi che, per motivi opposti, non paiono insormontabili. Le “rondinelle” contro il Catania si giocano l’ultima, flebile, speranza aritmetica di raggiungimento della zona playout, e gli etnei, già “carnefici” l’8 maggio 2011 – quando mandarono il Brescia in Serie B con i gol di Silvestre e Bergessio – potrebbero ripetere la tradizione nella categoria inferiore. Non per infierire, ma per archiviare quanto prima una “stagione fallimentare” e incominciare a parlare di futuro.