EpiStolando - Lo spirito di Nietzsche col Cittanova e gli incontri romani di Pelligra

 

Temi rossazzurri raccontati ad un lontano interlocutore.

Caro Tino,

domenica scorsa al “Massimino” ho assistito ad una partita che, per il livello di pathos che si respirava tra i presenti, mi ha ricordato altri incontri rimasti nella storia del Catania (ad esempio, restringendo il paragone a tempi più recenti, la semifinale playoff di Serie C col Siena nella stagione 2017/18). Se le emozioni percepibili erano analoghe, non altrettanto si può dire della volontà di potenza che l’intero ambiente ha manifestato – come non mai – nella circostanza. Un concetto, quello della volontà di potenza, elaborato da Friedrich Nietzsche, che ai tempi del liceo faticavo a comprendere appieno, data la sua astrusità. Durante l’ultima mezz’ora di Catania-Cittanova, invece, di fronte ai miei occhi si è spalancata una rappresentazione perfetta di ciò che il filosofo tedesco cercava di spiegare. Partiamo dalla premessa: già nel corso del secondo tempo del match coi calabresi era giunta la notizia della concomitante sconfitta del Locri col Paternò. In virtù di ciò, l’eventuale pari col Cittanova, in una partita che sembrava stregata per le diverse occasioni sprecate dagli etnei (nonché per il gol ingiustamente annullato a De Luca), non avrebbe costituito una tragedia. Non lo sarebbe stata a prescindere, perché il Catania ha ormai vinto, già da tempo, il campionato e la matematica non è altro che una formalità. Non lo sarebbe stata anche ai fini della stessa matematica, perché il Catania avrebbe avuto la chance di acquisirla ugualmente nel successivo incontro con il Canicattì anche in caso di mancata vittoria col Cittanova. Ma queste considerazioni erano quanto di più lontano potesse esistere nelle menti dei rossazzurri che, in qualunque veste, erano presenti nell’impianto di Piazza Spedini domenica pomeriggio. Erano tutti animati da una volontà di potenza collettiva, che li spingeva a desiderare ardentemente il gol della vittoria. Lo era la panchina, che informava tempestivamente i giocatori del risultato di Locri, invitandoli ad insistere nei loro ripetuti assalti all’area avversaria. Lo era mister Ferraro, che per la prima volta da inizio stagione sbilanciava la squadra arretrando un attaccante a terzino. Lo erano i giocatori in campo, i quali provavano e riprovavano a trovare la via del gol. Lo era il pubblico, che alzava a dismisura il volume dei propri cori, proprio come era solito fare nelle partite decisive, quelle delle salvezze negli ultimi minuti, degli scontri diretti o dei playoff. Lo erano i dirigenti seduti in tribuna: tutti, da Pelligra a Grella, da Caniglia a Carra, raccolti in un abbraccio liberatorio alla trasformazione del rigore di Lodi, come se fossero appena usciti da sotto un camion. Ed il boato del “Massimino”, in quel momento, era degno di quello di altri momenti di gloria del passato ed apriva i festeggiamenti impazziti, ai quali partecipava attivamente sul prato verde anche il presidente. Un momento di euforia che inaugurava, soprattutto, il clima di spasmodica attesa verso la partita col Canicattì, testimoniato dal modo e dal tempo in cui sono stati letteralmente polverizzati i biglietti per la trasferta nissena. Se qualcuno di esterno al mondo rossazzurro avesse assistito alle scene che ho appena raccontato, dubito fortemente che avrebbe potuto comprenderle. E si tratta di qualcosa che è estremamente difficile persino da spiegare, un po' come i concetti di Nietzsche. Resta il dato di fatto: l’universo calcistico catanese è oggi animato da un’irrefrenabile volontà di potenza, talmente d’impatto da incutere potenziale timore non solo ai rivali che attendono gli etnei nelle categorie superiori, ma anche a sé stessi. Perché un’emozione così forte andrà gestita (e non sarà semplice farlo) laddove il percorso di rinascita e risalita dovesse incappare in qualche intoppo.

 

Negli ultimi giorni, Tino, spunti di riflessione sono giunti anche al di fuori del campo di gioco. Proprio alla vigilia di Catania-Cittanova, la società etnea ha diffuso sui propri canali la notizia degli incontri che si sono tenuti venerdì a Roma tra i vertici del club e alcuni rappresentanti delle istituzioni, esponenti politici, nonché con il presidente del CONI. Le foto allegate hanno inevitabilmente innescato delle polemiche. Non tutti hanno apprezzato il fatto che determinati politici si mettessero in posa con la maglia del Catania, al fianco dei dirigenti. Per i motivi più svariati: per mere antipatie dettate dal colore politico; perché traspariva l’impressione di una speculazione di carattere elettorale in vista delle imminenti amministrative; o più semplicemente perché non si gradiva questa commistione tra calcio e politica. Io ho ricavato un altro genere di impressione. Credo che questi incontri non siano altro che tappe obbligate di un progetto e di un percorso che Pelligra ha manifestato sin dai primi istanti in cui si è presentato a Palazzo degli Elefanti. L’imprenditore australiano già allora sottolineò come il suo programma andasse ben oltre il mero aspetto sportivo, dichiarando che se aveva voluto investire sul Catania, lo aveva fatto per poter investire anche sul territorio, in cui coltivare i propri interessi imprenditoriali. In quest’ottica le interlocuzioni coi politici sono passaggi inevitabili. Qualcuno obietterà che questi incontri si sono svolti a senso unico, con un’unica fazione. Ma anche questo aspetto non dovrebbe generare stupore. Basta analizzare la successione degli eventi: quando Pelligra partecipò alla procedura competitiva, l’amministrazione allora in carica era espressione di una determinata sfera politica. In quel periodo l’assessore allo Sport era Sergio Parisi, il quale sin dalle prime battute strinse un solido rapporto coi dirigenti del club. Rapporto che si è protratto nel tempo, anche a seguito del commissariamento del Comune. Non mi sorprenderebbe affatto, quindi, se proprio Parisi, in virtù della propria appartenenza politica, possa aver fatto da tramite con la società al fine di organizzare questi incontri. Sui quali ritengo ci sia poco da sindacare: queste sono le forze politiche attualmente al governo della nazione e naturale è l’interesse di Pelligra a dialogare con esse. Ed è proprio quest’ultima considerazione il cuore della questione, che ribalta la prospettiva secondo cui determinati personaggi o partiti politici stiano tentando di mettere il cappello sulla proprietà del Catania per i propri fini. Fuor di retorica, è anche vero l’esatto contrario: cioè che Pelligra ha tutto l’interesse a confrontarsi con le istituzioni nell’ottica di coltivare i propri interessi. Pertanto mi fa sorridere chi, magari in buona fede, invita il presidente a non fidarsi dei personaggi da lui frequentati o incontrati. È impensabile ammonire chi ha costruito un impero commerciale, che evidentemente sa bene quel che fa e non ha certo bisogno di consigli sul punto. Quel che invece non mi convince è il fatto che tali incontri vengano resi pubblici. Te ne parlavo l’ultima volta che ci siamo sentiti, Tino, quando affermavo: “Quel che è certo è che se da un lato Pelligra ha unito la tifoseria nella gratitudine e simpatia verso la sua persona, allo stesso tempo rischia di creare indirettamente fazioni e gelosie a seconda dei soggetti con i quali viene immortalato. E tale effetto aumenta a dismisura in un periodo di campagna elettorale: forse chi lo affianca farebbe bene a consigliargli di adottare un approccio più riservato da qui alla conclusione delle operazioni di voto”. Per quel che ho avuto modo di percepire, la mia non è un'opinione isolata, ma ho l'impressione che ci una sorta di "timidezza" nell'ambiente quando si tratta di esternare pubblicamente delle criticità ascrivibili all'attuale proprietà del Catania. Personalmente non ne comprendo il motivo, anzi ritengo che un po' di sana dialettica possa soltanto arricchire tutti coloro che gravitano attorno al mondo rossazzurro, società compresa.

Foto Catania SSD

Per oggi ho concluso, caro Tino. Ti saluto con uno spoiler: la prossima volta che ci sentiremo, il Catania sarà già ufficialmente in Serie C. Dici che lo sapevi già? Non hai tutti i torti!