#70CATANIA - Un racconto elefantesco: parte prima

Buon compleanno, Liotru!

Buon compleanno, Liotru!  

Prima puntata del racconto della storia del Calcio Catania 1946 direttamente dalle parole...del Liotru

SETTANTA E NON SENTIRLI
Terzo giorno d’autunno, l’aria è fresca. Qualche temerario è pronto a sfidare il calendario pur di farsi un altro tuffo nel mare. In Sicilia, se il tempo ‘tiene’, puoi provarci anche in Ottobre. Io non appartengo a questa schiera, telo e costume sono già in soffitta. Da qualche giorno sono rientrato a casa e il mio cuore sente una voce che lo chiama. Penna e taccuino, inforco gli occhiali e calu a Catania. È alba d’autunno, è l’alba del 24 settembre.

Con passo innamorato accarezzo la via maestra, lavica e lavorata. Il barocco nero della mia città mi affascina, le basole luccicano ancora per via dell’umidità lasciata in eredità dalla notte. Catania è sempre sveglia ed io ho voglia di farle gli auguri. Perché oggi non è soltanto il compleanno della squadra di calcio, ma è quello di un’intera città che gioisce e si dispera per quel pachiderma con la casacca rossazzurra e la proboscide sempre tesa.

’A potta Jaci, Piazza Manganelli, la Collegiata e Piazza Università, il Duomo è ormai a pochi passi. Mi siedo ai piedi della Fontana dell’Elefante ed esclamo festante “Buon compleanno, Liotru!”. Sono in piena contemplazione della facciata del Vaccarini quando, dopo una manciata di secondi, sento una voce lavica che risuona sopra la mia testa “Grazie, ‘mbare”. È lui, u Liotru! Alzo lo sguardo verso l’alto e vedo che lentamente comincia a muoversi. L’obelisco egizio, posto sopra la sua groppa, ondeggia minacciosamente; sembra cadere. Sembra, ma non cade. Lui, u Liotru, con tutta la sua eleganza pachidermica, lo afferra con la proboscide, lo poggia a terra, scende dal piedistallo di marmo e ricomincia a parlare: “Facemuni ‘na passiata, javi bellu pezzu ca non caminu e aggrancai a stari fermu!”. Provo a scuotermi e timidamente gli chiedo “E l’obelisco?”. U Liotru, nella più totale leggerezza, mi risponde: “Ca u lassu ccà, a usu cannalora. È cosa me e nuddu a tocca!”. Più chiaro di così…

Lentamente ci dirigiamo verso l’Acqua a linzolu, e dentro me comincia a balenare l’idea di intervistarlo, tanto penna e taccuino sono sempre con me. “Amuninni a piscaria – esclama u Liotru entusiasta dell’insolita scorribanda – chissu è tempu di capuneddi!”. Ma dopo qualche passo, il suo fiato è già corto; la lunga inattività si fa sentire e l’anzianotto ha bisogno di riposarsi. Ci sediamo sulla scalinata posta alle spalle della Fontana dell’Amenano e colgo l’attimo: “Raccontami di te, della tua vita passata dietro al pallone…”. Il suo sguardo compiaciuto è quello tipico di chi stava aspettando proprio questo. Un respiro profondo, ancora un altro, e poi attacca come un fiume di lava in piena: “Io sono nato nel 1946 – esordisce così, con tono austero – attorno a me non c’era niente, solo fame e devastazione. Il pallone, però, a Catania rotolava già da qualche decennio prima per via delle gesta dei miei antenati. Finita la guerra, i miei genitori decisero di ‘sposarsi’ e di lasciare ogni loro avere a me, Calcio Catania 1946. Loro si chiamavano Virtus Catania e Catanese Elefante, ma non mi chiedere chi fosse il papà o la mamma…”. Il racconto è interrotto da un lunghissimo attimo di silenzio, gli occhi del Liotru luccicano per il ricordo dei tempi andati. È solo un attimo; poi riparte ancor più impetuoso di prima: “C’è una data che non posso mai dimenticare, quella della mia prima volta ufficiale: 3 novembre 1946, sei gol al Siracusa nella Coppa L.I.S.. Una bella soddisfazione, non lo nego; ma in quegli anni arrivarono anche due primi posti…” .

Il tema mi affascina, il suo racconto ancor di più. Gli chiedo di parlarmi di qualche calciatore che l’ha colpito maggiormente. “Me patri e me matri – riparte con il suo inconfondibile dialetto – mi muntuavanu sempri a storia di Cocò, u nummuru unu! Iu jaiu u cori ranni, ma intra c’è postu sulu ppì cu su merita!”. Io insisto, voglio qualche nome... “Ma si ‘ncuttu, cosi di ‘mpazziri – esclama lui quasi sfinito – ti nni ricu sulu unu: il portiere Luigi Conti, nato a Verona ma trapiantato in Sicilia. Cuntentu? Ora susemuni e trasemu a Piscaria, jaiu n’cori di sauri all’agghiata…”

U Liotru, l' unico pachiderma ghiotto di pesce... 



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