#70CATANIA - Un racconto elefantesco: parte settima

Ai piedi del Presidentissimo

Ai piedi del Presidentissimo 

Prosegue il racconto della storia del Calcio Catania 1946 direttamente dalle parole...del Liotru

Un anno insieme, il tempo è volato. Da quella mattina di trecentosessantacinque giorni fa quando in Piazza Duomo il mio sogno divenne realtà: intervistare u’ Liotru, ascoltare i suoi racconti tra un barrito e l’altro. Un anno è passato, passeggiando nei luoghi cari della nostra Catania bedda, giniusa e sapurusa, perla niura della bianca Sicilia. Settant’anni in un anno, oggi settantuno, ma il racconto di questo pachiderma peri longu non è ancora terminato. Manca ancora qualche lustro, quelli più recenti, altrettanto densi di emozioni e colpi di scena come i precedenti. Un Elefante sull’altalena, anche se gli anni duemila hanno le sembianze di un ascensore che sale spedito lungo un grattacielo di quarantasei piani… U’ Liotru è ancora là, sul prato verde di casa che lo ha visto vincere contro la Fidelis Andria soltanto qualche ora fa. Beddu e soddisfatto per la nuova vittoria, la terza di fila, all’alba del suo settantunesimo compleanno sembra rinato. Io sono seduto sempre dietro la porta della Curva Sud. Da lì lo scenario è incantevole, con la punta di mamma Etna che sbuca dal lato opposto: “Auguri Catania, ti sta facennu vicchiareddu!”

“Ma cui, iu? Sugnu ancora n’carusiddu! – sottolinea fiero l’Elefante. Cettu ca si spettu tu, ti pigghiasti u postu cchiù mugghiu ca c’è! A questa porta, a me già tanto cara per la capocciata di Roberto da Oristano, sono legati anche altri ricordi: il sinistro di Michele da Sorso e la zampata di Umberto da Bari, gol ca ficiuru ‘mpazziri tutta a città! I cosi giusti”. È bello sentirlo parlare, trascrivere i suoi aneddoti ed affiancarli ai ricordi già presenti nel mio cuore. Ma il tempo è tiranno, anche nel giorno del suo compleanno. Bisogna andare, questa passeggiata non può essere eterna, anche se lo vorrei…

Il gol beffa di Ciccio Marra nello spareggio con il Messina, la punizione di Claudio Bonomi al Taranto, la tripletta di Eddy Baggio all’Avellino, il rigore finito sul palo di Vito Grieco contro il Siena: sono tutte storie, dei primi anni del terzo millennio, che ci accompagnano verso l’uscita dello stadio. Si tratta del primo decennio senza il Presidentissimo, anche se nel ‘tempio’ di Piazza Spedini non mancano segni evidenti della sua presenza sempre costante. Ci fermiamo davanti alla targa marmorea che ricorda l’intitolazione del vecchio Cibali al Cavaliere. È un momento intenso. Un sospiro nostalgico e l’Elefante riprende il suo racconto: “Nel corso della mia vita ho quasi sempre parlato catanese, tranne per qualche anno quando ho masticato anche un pochetto de romano. Mi presero dalla C1 promettendomi l’Europa, ma anche se arrivammo soltanto in B fu una grande vittoria comunque, anche per quello che accade dopo. Riccardo, il figlio piccolo di Luciano, s’innamorò di me e difese così tanto quella conquista con quella carta bollata tanto ‘cara’ ad Angileddu. Gli dedicarono un Memorial e poi, come vedi, gli intitolarono anche lo stadio. Quattro anni intensi, di alti e bassi e lotte al Palazzo, poi arrivarono Nino e Pietro e con loro completai quella lunga ed ardua risalita cominciata nel 1993, dall'Eccellenza. Da Gangi a San Siro, nel giro di un decennio. Chi lo avrebbe mai detto?”.

20 giugno 2002: da Cibali a "Angelo Massimino" 



Qualche decina di metri più in là ecco un’altra sosta commemorativa, stavolta davanti al monumento che ricorda Filippo Raciti l’Ispettore capo di Polizia morto tragicamente il 2 febbraio 2007. “Doveva essere una notte di gloria, il derby dei derby, e invece è stata la pagina più nera della mia storia – sottolinea amaro l’Elefante – in quella notte infausta l’euforia della promozione in Serie A, attesa per più di vent’anni, si esaurì nel modo peggiore. Da lì in iniziò un lungo esilio per i campi d’Italia: Lecce, Rimini, fino a Bologna dove Fausto e Mauro salvarono baracca e burattini.”
Il nostro giro prosegue alle spalle della Curva Nord, in pochi minuti ci troviamo in Via Cifali e un misto di stupore, meraviglia e incredulità circonda lo sguardo del pachiderma: “Biiiiii, ma cu ci potta ccà? Marcoccio, Prenna, Di Bella, Chiavaro… c’è macari Angileddu! È tutta la mia storia! Che bella idea che hanno avuto, bravissimi!”

“Ancora non è completo – aggiungo – mancano i volti dei personaggi più recenti, uno dei quali gioca ancora per te, Marco Biagianti. L’idea è di Emanuele Rizzo, un ragazzo biondino innamorato della tua storia che si è fatto in quattro pur di realizzare quest’opera, con l'aiuto della redazione di 'Quelli del 46', degli autori del libro 'Tutto il Catania minuto per minuto' e del Comitato Géza Kertész”. Centimetro per centimetro l’Elefante osserva attentamente le sagome dei suoi valorosi combattenti, con lo sguardo emozionato e gioioso di un bambino di settantuno anni.

Giusto il tempo di un seltz al limone, tanto per rinfrescare un po’ il palato, riprendiamo la nostra passeggiata indirizzando i nostri passi lungo Via dello Stadio, all’altezza del Teatro Stabile. “Veni ccà, ti fazzu avviriri un Giornalista con la G maiuscola – esclama l’Elefante. ‘Ci fu una sera a Catania in cui scesero insieme in piazza e si abbracciarono ballando e cantando, fraternamente insieme, cavalieri del lavoro, carabinieri, scippatori, politici e ladri di passo, e tutti così abbracciandosi e talvolta baciandosi, erano felici perché il Catania aveva conquistato la promozione in Serie A’. Questa immagine descritta in modo sublime da Pippo Fava è ciò che riesce a scatenare la passione per me: nel 1983 così come nel 2006. Se vuoi essere un giornalista serio, così come lo è stato Pippuzzu, non scendere mai a compromessi e prendilo come esempio: la sua penna era libera”. C’è sempre da imparare dai più grandi, anche dall’Elefante, fonte inesauribile di storia e saggezza.

"Melior de cinere surgo" 



Il viaggio di ritorno verso Piazza Duomo è appena iniziato. In un battibaleno ci ritroviamo immersi nel caos del Viale Mario Rapisardi, apparentemente senza via d’uscita. L’Elefante, però, la sa lunga e riesce a trovare la scorciatoia: “Mbare Ture, tagghiamu da vanedda cucchiara!”. Per chi non è di Catania si tratta della Via Carlo Forlanini, una viuzza stretta stretta che collega il Viale alla Via Plebiscito. Siamo nel cuore della città, in uno dei quartieri popolari più caratteristici. Odori intensi accompagnano i nostri passi: carni, salsicce, polpette e peperoni, tutto rigorosamente alla griglia. Inebriato dal fumo dell’arrosto, manco fosse il più sacro degli incensi, l’Elefante comincia a cantare la canzone che ricorda il ritorno in paradiso: “Alé, alé Catania, a squatra do me cori. Il magico Catania, è forte e vincerà! E quando segneremo, lo stadio esploderà. I tifusi do Catania semu tutti pari ccà u Catania è na squatra di Serie A!”.

Ritornello continuo, un disco rotto. Continua a canticchiare la canzone di Giuseppe Castiglia fino a quando non giungiamo nei pressi di Piazza Palestro sulla quale domina imponente la Porta Ferdinandea. “Dal 2006 – riprende a parlare l’Elefante – è iniziata la seconda età dell’oro della mia storia. In quegli anni sembrava tutto possibile. Lorenzo da Firenze, Davide da Perugia, Gionatha da Pisa e Peppino da Caltagiorne, quante soddisfazioni mi hanno dato! Il primo marzo 2009 poi m’allinchiitutti i cianchi: una, dui, tri e quattru puppetta o Palemmu, comu chisti ca mi staiu manciannu ora. Acchiappa!”
Un elefante che si nutre di polpette di carne equina non si è mai visto. Ma oggi, caro Liotru, è la tua festa ed è tutto concesso. Un raggio di sole illumina ‘u Futtinu. Melior de cinere surgo, buon compleanno Catania!




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