Catania: 30 anni fa moriva Carmelo Di Bella

Il ritratto di Carmelo Di Bella tra i murales del "Massimino"

Il ritratto di Carmelo Di Bella tra i murales del "Massimino" 

Ricorre oggi il trentennale della morte di Don Carmelo Di Bella, scomparso a Palermo il 30 settembre 1992. Già scelto quale allenatore del decennio degli anni '60 nella nostra "Best Of" all'interno dello Speciale dedicato ai 70 anni del Catania '46, lo abbiamo successivamente individuato, insieme agli amici di Tutto il Catania minuto per minuto e Quelli del '46, quale miglior allenatore della storia rossazzurra.

Riproponiamo il profilo tracciato in quest'ultima circostanza:

La storia della panchina del Catania è stata caratterizzata da brevi interregni ed un continuo viavai di tecnici, ad eccezione di colui che più di chiunque altro ha lasciato il segno all’ombra dell’Etna: Carmelo Di Bella. Il “Mago del Sud”, dalla fine del 1958 all’inizio del 1966, fu in grado, nell’ordine: di condurre - da esordiente in cadetteria - i rossazzurri alla salvezza dopo essere subentrato a campionato in corso; di conquistare appena un anno dopo la promozione in massima serie; di mantenere il club in Serie A per oltre un lustro, ottenendo cinque salvezze consecutive (con tre ottavi posti come miglior piazzamento, nonché diversi successi di prestigio contro le big). Basterebbe soltanto questo per legittimare l’incoronazione di Don Carmelo a miglior tecnico della storia del Catania. Ma l’eredità di Di Bella trascende l’aspetto meramente sportivo. Il tecnico catanese si affermò infatti negli anni ’60 come uno degli allenatori di spicco della massima serie grazie ad una serie di qualità: cura della preparazione atletica, sapiente gestione del gruppo, disciplina ferrea e pragmatismo tattico. Qualità che gli vennero riconosciute da stampa e addetti ai lavori (fra questi, spiccò l’endorsement di Vittorio Pozzo). Di Bella era un tecnico che non rinunciava ad un gioco offensivo, esaltando i migliori talenti che il tandem Marcoccio&Giuffrida gli metteva a disposizione, ma con intelligenza ripiegava su soluzioni più attendiste quando il momento della squadra o il valore dell’avversario lo richiedeva. Dopo aver raccolto applausi anche a Palermo (da lui riportato in A nel 1968), tornò un paio di volte a Catania negli anni ’70, in Serie B, per volere di Angelo Massimino, senza però ottenere i risultati sperati e chiudendo il proprio ciclo etneo con una retrocessione che grida ancora vendetta, ma che non ha scalfito l’imperitura stima della piazza nei suoi confronti.