Pasta di Capitano...

Biagianti, un gol fondamentale per il futuro del Catania...

Biagianti, un gol fondamentale per il futuro del Catania... 

Max Licari sulla vittoria etnea contro la Paganese. Tanto cuore, ma ora ci vuole il gioco...

Vittoria del cuore
Che questa squadra, soprattutto nei suoi “senatori”, abbia cuore e attaccamento alla maglia mai nessuno ha dubitato. Così, se si è vinto con la buona Paganese di Grassadonia, inanellando la seconda vittoria consecutiva in casa capace di garantire quella famosa “continuità” da più parti legittimamente invocata, il merito è esclusivamente di questa feroce volontà di non soccombere davanti a difficoltà anche evidenti. Perché, per il resto, di gioco se ne vede poco. Ancora una volta, il Catania regala quasi un’oretta agli avversari, ruminando sterili trame a centrocampo, quasi mai impensierendo il giovanissimo portiere avversario e ringraziando “San Pisseri” per l’ennesimo miracolo "preventivo". Il paradosso è che il Catania mantiene il comando delle operazioni in campo senza quasi mai tirare in porta, mentre l’avversario con tre passaggi giunge quasi a battere l’estremo difensore rossazzurro, ancora una volta reattivo sul brasiliano Reginaldo (miracoloso il suo intervento di piede al 28'), così come lo era stato su Caturano e company una settimana prima. Ciò che induce a serie riflessioni "sistemiche" è il veder riproposto in campo lo stesso schema che aveva faticato nella prima ora con il Lecce, ancora una volta con Mazzarani “cancellato” dal gioco da una posizione di mezzala inadatta alle sue caratteristiche e con due esterni d’attacco troppo lontani da un centravanti, il Paolucci di turno, troppo isolato per poter incidere negli ultimi 20 metri, al di là delle proprie difficoltà in fatto di condizione. Dopo la pur importante vittoria con i salentini di mister Padalino, avevamo auspicato che finalmente Rigoli traesse le conclusioni dei suoi esperimenti, riproponendo il "modus" di stare in campo che aveva funzionato nell’ultima parte di gara… ebbene, così non è stato. Di nuovo la stessa solfa. La speranza è che a Foggia si possa NON rivedere un Mazzarani fuori ruolo e reso inoffensivo non da suoi demeriti e, magari, un Barisic inserito da centravanti, visto che né Paolucci né Calil, subentrato nel finale contro i campani, fornirebbero, in una gara fisicamente difficile come quella dello “Zaccheria”, le necessarie garanzie atletiche e fisiche. esordire con tali considerazioni critiche (speriamo) "costruttive" non significa non dare a Rigoli ciò che è di Rigoli. Abbiamo sempre detto che si giudica dai risultati e due vittorie consecutive non possono non mettere in rilievo il buon trend del Catania nelle ultime giornate. I 18 punti fin qui conquistati garantirebbero il sesto posto, un risultato non certo agognato, ma certamente in netto miglioramento rispetto al recente passato; allo stesso modo, l’uscita temporanea dall’ipotetica griglia dei play-out non può che essere salutata con favore. Tuttavia, per accendere i tifosi serve un salto di qualità in termini di gioco che ancora non è avvenuto e, mi auguro, possa materializzasi nella già citata prossima trasferta pugliese, la più difficile.

Trovare la “quadra”
Il punto è chiaro: non è che si critichi Rigoli per aver riproposto più o meno l’undici vittorioso contro il Lecce, per carità. Ci si chiede solo il perché abbia schierato gli uomini a disposizione nello stesso modo, visto che contro il Lecce alcune “cosette” non erano andate per niente bene. Contro una squadra come la Paganese, propensa a fare la partita più che a proporre barricate (onore a Grassadonia, in questo senso), a mio parere non vi era grande necessità di rimanere così “prudenti”, concedendo a Cicerelli (nella prima parte di gara assai intraprendente) e soci tutto quel campo. La partita con il Lecce aveva detto che Mazzarani troppo lontano dalla "zona calda" avversaria non funziona, perché riproporlo così basso, costretto spesso a prender palla nella propria metà campo? Se schieri un centrocampo muscolare come quello con Biagianti e Bucolo, privo di mezzali che si inseriscano senza palla, tenerlo così distante dalla trequarti avversaria, oppure decentrato sulla sinistra, equivale a eliderlo dal gioco, come puntualmente avvenuto. Se a ciò aggiungi che Paolucci, come Calil, non è in grado di garantirti il lavoro che servirebbe in un 4-3-3 così impostato, l’andamento della prima ora di gioco è bello che “costruito, ancor prima che cominci un match poi puntualmente sviluppatosi in quella determinata direzione. Primo tempo scialbo, senza una parvenza di trame d’attacco, con gli esterni bloccati (ormai Di Grazia cominciano a conoscerlo tutti) e centrocampisti che non accompagnano; inizio di ripresa in cui non dai la sterzata e aspetti il “pugno” per poter reagire. Paradossalmente, ritengo si possa pensare che, senza il gol di Reginaldo al 74’, con tutta probabilità il Catania non avrebbe vinto. Quella “scossa” è servita a far reagire “di pancia” i rossazzurri, ponendoli davanti al baratro di una sconfitta interna che avrebbe provocato sconquassi. Ma non solo. Ha costretto Rigoli a cambiare assetto, ancora una volta apportando benefici alla squadra così come accaduto contro il Lecce. L’ex “oggetto misterioso” Piscitella, al posto di un generoso, seppur impreciso, Barisic e il rientrante Fornito, a rilevare lo spento ex modenese, hanno certamente mutato la fisionomia della squadra in maniera più logica. Da mezzala, parliamoci chiaro, l’ex messinese è di gran lunga più produttivo di un Mazzarani “pesce fuor d’acqua”: ha corsa, inserimenti, tiro; gioca ne suo ruolo, insomma. I due gol di Paolucci e Biagianti, come quelli di Silva (anche se fu un autogol) e Di Grazia al cospetto dei salentini, sono la dimostrazione che un determinato tipo di assetto è più funzionale, se non altro perché hai tutti gli uomini nel proprio ruolo.

Domanda spontanea
La domanda, adesso, sorge spontanea: è stato preso Mazzarani per farlo giocare nel suo ruolo, apportando qualità al gioco d’attacco (asfittico) del Catania, oppure per fargli fare tre partite da mezzala salvo poi depositarlo in panchina fino al termine del campionato come nel caso di Scoppa o dello stesso Silva? Il 4-3-3 è un dogma oppure potremo vedere un 4-3-1-2 con Fornito in mezzo, Mazzarani sulla trequarti e due punte, Di Grazia e un centravanti (con la speranza che da gennaio in poi possa trattarsi di un elemento più funzionale di Paolucci o di Calil)? Avendo in rosa due mediani come Bucolo e Biagianti (con la Paganese autore di una prova a tutto tondo, a parte il gol decisivo, di per sé cruciale per il prosieguo del torneo), non mi sembra che il Catania non possa permettersi un centrocampista come Fornito accanto a un Mazzarani più avanzato, a meno che non si voglia continuare ad avere un atteggiamento NON da grande squadra, con il baricentro basso e attitudine a sporadiche ripartenze accompagnate da pochi elementi. Una atteggiamento NON da Catania, per intenderci. Penso che, una volta assodato come, comunque, una difesa buona per una Lega Pro a un certo livello l’abbiamo, considerando la “scoperta” di Di Cecco terzino destro (ancora una volta positivo), la conferma di Drausio e la crescita di Djordjevic, si possa procedere alla “seconda parte” del progetto, quella della costruzione offensiva, senza perdere ulteriore tempo. A patto, ovviamente, che esista un progetto offensivo. Perché, se il Catania è solo questo, difesa solida e qualche folata offensiva demandata a talune buone individualità (Di Grazia in primis), posso tranquillamente affermare fin da ora che il tentativo di promozione attraverso i play-off non andrà a buon fine, anche prendendo Van Basten a gennaio.

A Foggia la prima risposta
La prima risposta al quesito “è il Catania squadra da primi posti?” la otterremo dalla trasferta di Foggia. La partita sin qui più difficile perché da giocare contro una grande squadra e, per giunta, in trasferta, dove il Catania notoriamente traballa. Se Rigoli è riuscito a sistemare tatticamente la squadra lo scopriremo allo “Zaccheria”. Io penso che debba finalmente fare la scelta di inserire i giocatori nel proprio ruolo, anche a costo di rischiare qualcosa in più indietro, ma cercando di articolare un gioco più propositivo. Se sceglierà una tattica simil-Matera, per esempio, tutta difesa e contropiede” una tantum”, il tecnico ex akragantino prenderà una solenne lezione da Stroppa. Non solo. Fornirà una rappresentazione del Catania come “piccola squadra” che difficilmente gli verrà perdonata da stampa e tifosi. Vogliamo vedere, finalmente, una squadra coraggiosa che vada a giocarsela alla pari anche contro avversari di notevole valore, non un undici timoroso che trova difficoltà a rischiare la giocata anche contro squadrette come Taranto o Melfi. Quello no. Quello non lo vorremmo più vedere. Quindi, animo e nessuna paura… Let’s go, Liotru, let’s go!!!