Il pareggio del Catania all'Angelo Massimino contro il Livorno in numeri, statistiche e grafici.
L’ennesima occasione gettata al vento di questa sofferta stagione è figlia di un errato approccio alla gara, prima ancora di un modello tattico comunque da rivedere. Tutto nella ripresa: gol, emozioni ed errori, inclusi quelli arbitrali.
Adesso il Catania dovrà affrontare in trasferta tutte le dirette concorrenti alla permanenza nella massima serie. Per risalire una classifica che oggi, per demeriti altrui, non è una definitiva condanna.
Il rocambolesco pareggio del Massimino tra Catania e Livorno in numeri, statistiche e grafici.
Il Catania. Il primo punto esterno conquistato oltre lo Stretto, arrivato domenica scorsa al Meazza contro l’Inter, ha riacceso la luce della speranza. Ha smosso la classifica, certamente, ma soprattutto ha lanciato un messaggio chiaro all’interno dello spogliatoio rossoazzurro prima ancora che a tutto il campionato.
La gara contro il Livorno, diretta concorrente per la salvezza, giunge dunque al momento propizio, sebbene si collochi all’indomani di una sofferta finestra d mercato che ha lasciato i più – tifosi ma anche addetti ai lavori – parecchio perplessi.
Maran conferma il modello di gioco del turno precedente, il 3-5-2, chiamando in causa Spolli e Barrientos che avevano saltato la gara di Milano per squalifica.
Frison è l’estremo difensore; il già citato Spolli comanda la difesa a tre completata da Bellusci e Rolin; a centrocampo Peruzzi e Biraghi sono gli esterni, rispettivamente a destra e a sinistra, mentre Lodi e Rinaudo agiscono in mediana con Barrientos – defilato troppo spesso lungo l’out sinistro – sulla trequarti; in avanti confermata la coppia Leto-Bergessio.
Rispetto al pari di Milano si gioca con due punte effettive (al Meazza, Leto era confinato lungo la linea dei centrocampisti) e Barrientos dovrebbe poter offrire la fantasia necessaria a scardinare la retroguardia ospite.
Il Livorno. Penultimo in classifica a sole due lunghezze da Catania, i labronici arrivano al Massimino con un solo obiettivo: non prenderle. L’avvento di Domenico Di Carlo sulla panchina dei toscani – si tratta dell’undicesimo avvicendamento tecnico in Serie A nel corso di questa stagione - ha conferito all’intero ambiente grande entusiasmo e fruttato i primi punti (3-1 al Sassuolo) dopo un filotto, maturato sotto la gestione Nicola e l’interregno durato una sola gara targato Attilio Perotti, di cinque sconfitte consecutive.
Mimmo Di Carlo torna in panchina dopo 483 giorni, dunque, dopo l’esonero dalla guida tecnica del Chievo rimediato a seguito del 4-1 incassato la scorsa stagione a Palermo. E lo fa rivedendo il proprio modello di gioco preferito, il 4-3-1-2 largamente utilizzato a Modena e Verona, in luogo del 3-5-2 utilizzato dai granata sin da inizio stagione.
Niente stravolgimenti tattici, quindi, ma una interpretazione di gioco ben diversa da quella adottata dal predecessore: duttilità, movimenti senza palla e sviluppo di gioco lungo le corsie laterali. Insieme alla fiducia accordata ad Innocent Emeghara, un solo gol questa stagione – all’esordio, su rigore, contro il Sassuolo – utilizzato da Nicola con discreta continuità soltanto fino alla decima, per poi giocare solo spezzoni di partita.
Per la gara del Massimino il tecnico di Cassino conferma il 3-5-2 e nove undicesimi della formazione schierata il turno precedente, dovendo rinunciare al difensore Andrea Coda (15 presenze nel corso di questa stagione) ed al centrocampista Leandro Greco (19) entrambi squalificati, oltre all’infortunato esterno sinistro difensivo Gemiti.
Bardi tra i pali; Ceccherini, Rinaudo ed Emerson in difesa; Luci regista basso con Mabye e Castellini ai suoi lati mentre Benassi e Duncan sono gli esterni offensivi; in avanti la coppia Paulinho-Emeghara.
I cambi. Il gol di Emeghara (’50) suggerisce al tecnico rossoazzurro di modificare atteggiamento di gioco: fuori dunque Bellusci per Izco, cinque minuti dopo il vantaggio labronico, e passaggio al 4-3-3. Spolli e Rolin rimangono i centrali difensivi, spalleggiati da Peruzzi e Biraghi che arretrano a terzini. Il eno entrato Izco va ad irrobustire la mediana mentre Leto e Barrientos si dispongono lungo le corsie laterali a supporto di Bergessio.
Al minuto sessanta, sotto una bordata di fischi, esce un inconsistente Leto che lascia il posto a Lucas Castro. Il Catania ritrova adesso il suo naturale equilibrio attraverso un sistema di gioco che conosce a memoria.
Al 70’, sul risultato di uno pari, Maran chiama in causa Almiron per Rinaudo che non si era risparmiato per l’intero match. Forze fresche e rimaneggiamento tattico: adesso la compagine rossoazzurra è schierata attraverso un 4-2-3-1 nel quale Lodi ed il neo entrato Almiron rimangono in mediana, mentre Izco, Barrientos e Castro stazionano sulla trequarti a supporto di Bergessio. Contestualmente, Di Carlo richiama in panchina Ceccherini, infortunatosi, per Valentini.
La ricerca dei tre punti e l’atteggiamento certamente più offensivo proposto da Maran, espone inevitabilmente il Catania alle ripartenze ospiti, lasciando troppo sguarnito il centrocampo che adesso offre lunghe distese ai velocisti del Livorno.
Al minuto 79, sul risultato di 3-2 in favore dei toscani, Emeghara, fresco di doppietta, lascia il posto ad un fischiatissimo Belfodil, oggetto del desiderio una settimana addietro, due volte rivale oggi. A sei dal termine, una manciata di minuti prima del definitivo pareggio firmato Almiron, Paulinho cede il posto a Biagianti ed il Livorno passa al 5-4-1.
FLUSSI DI GIOCO E TATTICA
Un pareggio, meritato ed acciuffato a soli due minuti dallo scadere, non nasconde la rabbia e la delusione per una partita che doveva essere vinta a prescindere, come direbbe il Principe De Curtis. Classifica alla mano, sono due punti persi.
Gli ottimisti osservano che la forbice, tra le squadre – cinque, in tutto - che lottano nelle parti basse della classifica, si è ridotta a tre punti. I pessimisti rimarcano come il Catania, a leggere il calendario, affronterà in trasferta tutte le dirette concorrenti aspiranti alla sopravvivenza nella massima serie.
La prima frazione di gara è generosamente regalata all’avversario. Che non fa nulla, intendiamoci, per far propria la partita, ma gioca di più e meglio (assimilabile il possesso palla e la supremazia territoriale mentre la qualità di gioco è appannaggio degli ospiti) tirando fuori la determinazione e la grinta tipiche di chi non ci sta a fare da sparring-partner. Giocando attraverso un’organizzazione di gioco semplice ma efficace.
Il Catania attacca a testa bassa, in maniera confusa e senza raziocinio. La fenetica ricerca del vantaggio induce spesso i centrocampisti etnei ad errori di semplice valutazione e di palleggio, mentre la buona guardia degli esterni avversari limita di fatto l’azione degli opposti etnei. Meglio lungo la corsia sinistra, comunque dalla quale arrivano quattro dei sei cross su azione dal fondo collezionati durante i primi 45 minuti di gioco. E lungo la quale si apprezza qualche, sparuta, giocata.
La ripresa, a dispetto del soporifero primo tempo, regala gol, rabbia, emozioni, speranza e delusione. In ordine sparso, tra le contestazioni, gli applausi, i fischi e l’incitamento degli astanti. Tutto surreale e rocambolesco.
Le cose migliori il Catania le mostra attraverso il nuovo (vecchio) assetto tattico adottato nel corso della ripresa ma le realizzazioni, da una parte e dell’altra, sono più frutto di errori individuali che figli di precisi sviluppi tattici. Il 4-2-3-1 praticato negli ultimi venti minuti sul risultato di uno pari, poi, rischiava di compromettere la gara ed un’intera stagione.
Di Carlo vince ai punti la personale sfida con Maran, al quale però va riconosciuto il merito di crederci fino alla fine, strappando all’avversario un pareggio che pareva ormai perduto.
Flussi di gioco – il Catania. Lodi fa coppia con Rinaudo in mediana. In due, giocano 125 palloni con una precisione nel passaggio che sfiora l’ottanta per cento. A differenza del Livorno, che ha il solo Luci in cabina di regia, il Catania preferisce imbastire quasi sempre la manovra dalle retrovie (l’80% delle azioni etnee prende il via da dietro, il 65% quelle del Livorno) e ricerca la profondità attraverso dei passaggi bassi nella metà campo avversaria (45 Catania, 22 gli avversari) e non per mezzo di passaggi lunghi, dei quali il Livorno fa largo utilizzo (40 tentativi totali nei novanta minuti).
Barrientos è il giocatore più ricercato dai compagni (61 passaggi ricevuti), ma riesce ad accendere la luce solo quando riesce ad accentrarsi, dimostrando invece di soffrire la catena di destra avversaria costituita da Benassi-Mbaye-Ceccherini.
In posizione centrale, il pitu riesce a dialogare con maggiore frequenza con Bergessio (12 i tocchi tra i due) che riceve 34 passaggi utili durante il match, molti dei quali però poco spendibili in termini di realizzazione.
Tra i peggiori in campo, insieme al portiere Frison, Sebastian Leto. L’attaccante argentino rimane in campo per sessanta minuti, durante i quali colleziona 12 passaggi riusciti ed altrettanti perduti. Non convince in ultimo il suo utilizzo in campo, da attaccante, nel corso della gara.
Nonostante le tre realizzazioni, il Catania rimane il peggior attacco del torneo (16 gol) in coabitazione con il Chievo, che però ha subìto 11 reti in meno.
Flussi di gioco – il Livorno. Di Carlo affida a Luci le chiavi del centrocampo e lo lascia, da solo, a schermare la propria retroguardia. Preferendo invece irrobustire le corsie laterali attraverso un disegno tattico semplice, circolare ed efficace.
La posizione della squadra sul terreno di gioco è molto simile a quella degli etnei (solo pochi metri di differenza per quanto concerne il baricentro ed il pressing) ma l’interpretazione della gara è diversa, impostata maggiormente sulla pratica del lancio lungo e del contropiede.
I toscani giocano meno palloni, rispetto al Catania, in zona area avversaria ma mantengono una percentuale superiore di attacco alla porta. Frutto di una migliore gestione dei piazzati in attacco e di un numero superiore di conclusioni totali (18 quelle del Livorno, 14 del Catania).
Convince la solidità generale del team e la gestione offensiva dell’azione per mezzo dei velocisti Emeghara e Ducan. Convince anche la compattezza della squadra, racchiusa in meno di 50 metri, grazie all’azione di Mbaye e Castellini, rispettivamente a destra e a sinistra, che assicurano il collegamento tra i reparti di centrocampo ed attacco. Da rivedere invece la concentrazione dei singoli durante la fase difensiva ed alcuni automatismi della stessa (Livorno e Catania hanno la seconda peggior difesa del torneo, con 40 reti al passivo).
IN & OUT: BARRIENTOS E FRISON
EPISODI
Adesso il Catania dovrà affrontare in trasferta tutte le dirette concorrenti alla permanenza nella massima serie. Per risalire una classifica che oggi, per demeriti altrui, non è una definitiva condanna.
Il rocambolesco pareggio del Massimino tra Catania e Livorno in numeri, statistiche e grafici.
Il Catania. Il primo punto esterno conquistato oltre lo Stretto, arrivato domenica scorsa al Meazza contro l’Inter, ha riacceso la luce della speranza. Ha smosso la classifica, certamente, ma soprattutto ha lanciato un messaggio chiaro all’interno dello spogliatoio rossoazzurro prima ancora che a tutto il campionato.
La gara contro il Livorno, diretta concorrente per la salvezza, giunge dunque al momento propizio, sebbene si collochi all’indomani di una sofferta finestra d mercato che ha lasciato i più – tifosi ma anche addetti ai lavori – parecchio perplessi.
Maran conferma il modello di gioco del turno precedente, il 3-5-2, chiamando in causa Spolli e Barrientos che avevano saltato la gara di Milano per squalifica.
Frison è l’estremo difensore; il già citato Spolli comanda la difesa a tre completata da Bellusci e Rolin; a centrocampo Peruzzi e Biraghi sono gli esterni, rispettivamente a destra e a sinistra, mentre Lodi e Rinaudo agiscono in mediana con Barrientos – defilato troppo spesso lungo l’out sinistro – sulla trequarti; in avanti confermata la coppia Leto-Bergessio.
Rispetto al pari di Milano si gioca con due punte effettive (al Meazza, Leto era confinato lungo la linea dei centrocampisti) e Barrientos dovrebbe poter offrire la fantasia necessaria a scardinare la retroguardia ospite.
Il Livorno. Penultimo in classifica a sole due lunghezze da Catania, i labronici arrivano al Massimino con un solo obiettivo: non prenderle. L’avvento di Domenico Di Carlo sulla panchina dei toscani – si tratta dell’undicesimo avvicendamento tecnico in Serie A nel corso di questa stagione - ha conferito all’intero ambiente grande entusiasmo e fruttato i primi punti (3-1 al Sassuolo) dopo un filotto, maturato sotto la gestione Nicola e l’interregno durato una sola gara targato Attilio Perotti, di cinque sconfitte consecutive.
Mimmo Di Carlo torna in panchina dopo 483 giorni, dunque, dopo l’esonero dalla guida tecnica del Chievo rimediato a seguito del 4-1 incassato la scorsa stagione a Palermo. E lo fa rivedendo il proprio modello di gioco preferito, il 4-3-1-2 largamente utilizzato a Modena e Verona, in luogo del 3-5-2 utilizzato dai granata sin da inizio stagione.
Niente stravolgimenti tattici, quindi, ma una interpretazione di gioco ben diversa da quella adottata dal predecessore: duttilità, movimenti senza palla e sviluppo di gioco lungo le corsie laterali. Insieme alla fiducia accordata ad Innocent Emeghara, un solo gol questa stagione – all’esordio, su rigore, contro il Sassuolo – utilizzato da Nicola con discreta continuità soltanto fino alla decima, per poi giocare solo spezzoni di partita.
Per la gara del Massimino il tecnico di Cassino conferma il 3-5-2 e nove undicesimi della formazione schierata il turno precedente, dovendo rinunciare al difensore Andrea Coda (15 presenze nel corso di questa stagione) ed al centrocampista Leandro Greco (19) entrambi squalificati, oltre all’infortunato esterno sinistro difensivo Gemiti.
Bardi tra i pali; Ceccherini, Rinaudo ed Emerson in difesa; Luci regista basso con Mabye e Castellini ai suoi lati mentre Benassi e Duncan sono gli esterni offensivi; in avanti la coppia Paulinho-Emeghara.
I cambi. Il gol di Emeghara (’50) suggerisce al tecnico rossoazzurro di modificare atteggiamento di gioco: fuori dunque Bellusci per Izco, cinque minuti dopo il vantaggio labronico, e passaggio al 4-3-3. Spolli e Rolin rimangono i centrali difensivi, spalleggiati da Peruzzi e Biraghi che arretrano a terzini. Il eno entrato Izco va ad irrobustire la mediana mentre Leto e Barrientos si dispongono lungo le corsie laterali a supporto di Bergessio.
Al minuto sessanta, sotto una bordata di fischi, esce un inconsistente Leto che lascia il posto a Lucas Castro. Il Catania ritrova adesso il suo naturale equilibrio attraverso un sistema di gioco che conosce a memoria.
Al 70’, sul risultato di uno pari, Maran chiama in causa Almiron per Rinaudo che non si era risparmiato per l’intero match. Forze fresche e rimaneggiamento tattico: adesso la compagine rossoazzurra è schierata attraverso un 4-2-3-1 nel quale Lodi ed il neo entrato Almiron rimangono in mediana, mentre Izco, Barrientos e Castro stazionano sulla trequarti a supporto di Bergessio. Contestualmente, Di Carlo richiama in panchina Ceccherini, infortunatosi, per Valentini.
La ricerca dei tre punti e l’atteggiamento certamente più offensivo proposto da Maran, espone inevitabilmente il Catania alle ripartenze ospiti, lasciando troppo sguarnito il centrocampo che adesso offre lunghe distese ai velocisti del Livorno.
Al minuto 79, sul risultato di 3-2 in favore dei toscani, Emeghara, fresco di doppietta, lascia il posto ad un fischiatissimo Belfodil, oggetto del desiderio una settimana addietro, due volte rivale oggi. A sei dal termine, una manciata di minuti prima del definitivo pareggio firmato Almiron, Paulinho cede il posto a Biagianti ed il Livorno passa al 5-4-1.
FLUSSI DI GIOCO E TATTICA
Un pareggio, meritato ed acciuffato a soli due minuti dallo scadere, non nasconde la rabbia e la delusione per una partita che doveva essere vinta a prescindere, come direbbe il Principe De Curtis. Classifica alla mano, sono due punti persi.
Gli ottimisti osservano che la forbice, tra le squadre – cinque, in tutto - che lottano nelle parti basse della classifica, si è ridotta a tre punti. I pessimisti rimarcano come il Catania, a leggere il calendario, affronterà in trasferta tutte le dirette concorrenti aspiranti alla sopravvivenza nella massima serie.
La prima frazione di gara è generosamente regalata all’avversario. Che non fa nulla, intendiamoci, per far propria la partita, ma gioca di più e meglio (assimilabile il possesso palla e la supremazia territoriale mentre la qualità di gioco è appannaggio degli ospiti) tirando fuori la determinazione e la grinta tipiche di chi non ci sta a fare da sparring-partner. Giocando attraverso un’organizzazione di gioco semplice ma efficace.
Il Catania attacca a testa bassa, in maniera confusa e senza raziocinio. La fenetica ricerca del vantaggio induce spesso i centrocampisti etnei ad errori di semplice valutazione e di palleggio, mentre la buona guardia degli esterni avversari limita di fatto l’azione degli opposti etnei. Meglio lungo la corsia sinistra, comunque dalla quale arrivano quattro dei sei cross su azione dal fondo collezionati durante i primi 45 minuti di gioco. E lungo la quale si apprezza qualche, sparuta, giocata.
La ripresa, a dispetto del soporifero primo tempo, regala gol, rabbia, emozioni, speranza e delusione. In ordine sparso, tra le contestazioni, gli applausi, i fischi e l’incitamento degli astanti. Tutto surreale e rocambolesco.
Le cose migliori il Catania le mostra attraverso il nuovo (vecchio) assetto tattico adottato nel corso della ripresa ma le realizzazioni, da una parte e dell’altra, sono più frutto di errori individuali che figli di precisi sviluppi tattici. Il 4-2-3-1 praticato negli ultimi venti minuti sul risultato di uno pari, poi, rischiava di compromettere la gara ed un’intera stagione.
Di Carlo vince ai punti la personale sfida con Maran, al quale però va riconosciuto il merito di crederci fino alla fine, strappando all’avversario un pareggio che pareva ormai perduto.
Flussi di gioco – il Catania. Lodi fa coppia con Rinaudo in mediana. In due, giocano 125 palloni con una precisione nel passaggio che sfiora l’ottanta per cento. A differenza del Livorno, che ha il solo Luci in cabina di regia, il Catania preferisce imbastire quasi sempre la manovra dalle retrovie (l’80% delle azioni etnee prende il via da dietro, il 65% quelle del Livorno) e ricerca la profondità attraverso dei passaggi bassi nella metà campo avversaria (45 Catania, 22 gli avversari) e non per mezzo di passaggi lunghi, dei quali il Livorno fa largo utilizzo (40 tentativi totali nei novanta minuti).
Barrientos è il giocatore più ricercato dai compagni (61 passaggi ricevuti), ma riesce ad accendere la luce solo quando riesce ad accentrarsi, dimostrando invece di soffrire la catena di destra avversaria costituita da Benassi-Mbaye-Ceccherini.
In posizione centrale, il pitu riesce a dialogare con maggiore frequenza con Bergessio (12 i tocchi tra i due) che riceve 34 passaggi utili durante il match, molti dei quali però poco spendibili in termini di realizzazione.
Tra i peggiori in campo, insieme al portiere Frison, Sebastian Leto. L’attaccante argentino rimane in campo per sessanta minuti, durante i quali colleziona 12 passaggi riusciti ed altrettanti perduti. Non convince in ultimo il suo utilizzo in campo, da attaccante, nel corso della gara.
Nonostante le tre realizzazioni, il Catania rimane il peggior attacco del torneo (16 gol) in coabitazione con il Chievo, che però ha subìto 11 reti in meno.
Flussi di gioco – il Livorno. Di Carlo affida a Luci le chiavi del centrocampo e lo lascia, da solo, a schermare la propria retroguardia. Preferendo invece irrobustire le corsie laterali attraverso un disegno tattico semplice, circolare ed efficace.
La posizione della squadra sul terreno di gioco è molto simile a quella degli etnei (solo pochi metri di differenza per quanto concerne il baricentro ed il pressing) ma l’interpretazione della gara è diversa, impostata maggiormente sulla pratica del lancio lungo e del contropiede.
I toscani giocano meno palloni, rispetto al Catania, in zona area avversaria ma mantengono una percentuale superiore di attacco alla porta. Frutto di una migliore gestione dei piazzati in attacco e di un numero superiore di conclusioni totali (18 quelle del Livorno, 14 del Catania).
Convince la solidità generale del team e la gestione offensiva dell’azione per mezzo dei velocisti Emeghara e Ducan. Convince anche la compattezza della squadra, racchiusa in meno di 50 metri, grazie all’azione di Mbaye e Castellini, rispettivamente a destra e a sinistra, che assicurano il collegamento tra i reparti di centrocampo ed attacco. Da rivedere invece la concentrazione dei singoli durante la fase difensiva ed alcuni automatismi della stessa (Livorno e Catania hanno la seconda peggior difesa del torneo, con 40 reti al passivo).
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