02/02/2020...02

Scienza, dura lezione a Lucarelli...

Scienza, dura lezione a Lucarelli... 

Max Licari sull'inevitabile sconfitta interna con il Monopoli. Disastro e consapevolezza: salvezza unico obiettivo.

Tenerezza
Se la data è 02/02/2020, cosa aspettarsi se non uno 0-2, in special mondo avendo coscienza dello “stato dell’arte” in casa rossazzurra? Coscienza, ecco. Prendere coscienza, unica “parola d’ordine” credibile in un momento del genere. Il mercato di gennaio e le dichiarazioni di Lo Monaco hanno inviato il segnale definitivo: cercare di mantenere la categoria e agevolare il passaggio di proprietà entro la fine della stagione, in modo da salvare la matricola, unica ancora di salvezza a tutt’oggi “chiaramente riconoscibile” per i tifosi. Inutile cercare altre strade. La risposta della società è stata chiara. È il fallimento, soprattutto, del tentativo di Cristiano Lucarelli, di quel “miracolo” cui ancora il tecnico livornese cercava di aggrapparsi in una situazione tempestosa come quella attuale. Apprezziamo le parole da condottiero dello stesso (o “steso”) Lucarelli, apprezziamo la sua sincerità. A fine partita è stato cristallino, parlando di “fine di un sogno”, di “aprire gi occhi alla realtà”, definendo con evidenza l’obiettivo: la salvezza. Lo apprezziamo anche perché, senza peli sulla lingua, ha palesato come determinate dichiarazioni (il riferimento a Lo Monaco è lapalissiano) abbiano destabilizzato la squadra e messo una pietra tombale sul suo lavoro psicologico. Continuiamo a pensare che le dimissioni sarebbero risultate uno “schiaffo” ancor più forte a chi detiene la percentuale massima di responsabilità della triste situazione in cui versa l’Elefante, ma ci rendiamo conto che per un “fighter” come lui abbandonare la nave in tempesta possa essere considerata un’onta indelebile. “Chapeau”. “Chapeau” anche per non essersi accodato a ridicoli palliativi come il supposto acquisto di un centravanti svincolato (si fa il nome del quasi trentasettenne Cacia)… si scadrebbe nella tragicomica farsa. Del resto, le parole del DG dimissionario Lo Monaco a Sportitalia sono state chiare: nulla da fare, chi vuole il Catania faccia presto. Quindi, che si faccia presto davvero e si prenda atto che un determinato periodo, anche lungo, è finito. Stop. E, soprattutto, si cerchi di mentalizzare questo modesto organico in direzione di una permanenza che consenta a una nuova proprietà di ripartire con il piede giusto. Non sarà facile, alla luce di quanto visto nella gara persa, senza quasi colpo ferire, diremmo “teneramente”, contro un Monopoli che, con il minimo sforzo, senza praticamente giocare, ha portato a casa i tre punti. “Tenerezza”, è proprio questo il termine giusto per definire i sedici rossazzurri scesi in campo al “Massimino” di fronte al solito deserto, un deserto “voluto” da questa dirigenza. E, in questo senso, il “campione” è Maks Barisic, protagonista della solita prestazione inconcludente, sottoposto “sadicamente” ai fischi e agli improperi dei pochi presenti nello storico impianto del quartiere Cibali. Questa volta ha sbagliato: ha risposto, con parole e gesti inequivocabili, ponendosi anche lui dalla parte del torto. È il sigillo finale alla sua avventura in maglia etnea: non potrà scendere mai più in campo al “Massimino”. Ma la colpa non è sua, giacché essere inadeguati tecnicamente e tatticamente a una piazza capita, ci sta; la colpa è della dirigenza che lo ha ancora una volta riproposto dopo innumerevoli fallimenti e dell’allenatore che si intestardisce a metterlo in campo contro l’evidenza dei fatti. Si chiama “accanimento terapeutico”. Siamo consci del fatto che il “piano B” sarebbe mettere in campo un ragazzino, lo comprendiamo l’allenatore. Ma, ci si creda, meglio in questo frangente mandare in campo i Rossitto, i Manneh, i Biondi, i Capanni. Meglio. Stesso risultato, minor pressione sui fegati dei tifosi, minor possibilità di far deflagrare ancor di più la situazione. Stesso discorso vale per i “passeggianti” ancora rimasti a Catania. Il loro percorso è concluso, non sono riusciti a trovare una squadra o non hanno voluto trovarla? Bene, mai più in campo fino a maggio. Game over. Il Catania dovrà fare 10 punti circa per la salvezza? Non sarà facile, ma potrà farlo anche senza di loro. Certo, alla luce di quanto visto contro l’undici dell’ex Beppe Scienza, non è che i nuovi acquisti dimostrino migliori qualità, ma almeno possiedono la dignità del “non visto” e, soprattutto, non detengono (ancora) alcuna percentuale di colpa. Salandria e Curcio, ipoteticamente i migliori, sono lontani da una condizione accettabile (quanto ci vorrà?), Vicente ci pare meno bravo di Bucolo, Capanni è un ragazzino gettato nella mischia qualche ora dopo il suo arrivo a Catania. Infierire ci sembrerebbe crudele.

Per l’ennesima volta, il 3-5-2 risulta un flop
Ancora una volta, Lucarelli pensa (male) di mettersi a specchio rispetto all’avversario, approntando una sorta di 3-4-2-1, con Curcio e Di Molfetta a galleggiare dietro la prima punta (per modo di dire) Barisic. Fin dall’inizio, si capisce come Il Monopoli sia più quadrato, più preparato tatticamente, fisicamente e, soprattutto, più forte tecnicamente. Senza nemmeno strafare, gli ospiti prendono in mano le redini della gara, concedendo sporadiche ripartenze ai rossazzurri, per lo più gettate alle ortiche dall’insipienza di Barisic e Di Molfetta (impalpabile come in quasi tutta la stagione), nonché dall’assoluta inconsistenza atletica di un Curcio obiettivamente non pronto neanche per disputare una decina di minuti a pieno regime. A centrocampo non c’è proprio gara. Biagianti (rispettiamo il capitano, ma Marco dovrebbe comprendere come non sia più in grado di fornire un contributo fisico accettabile e mettersi da parte) e Salandria vengono sommersi da un Carriero versione Salvatore Bagni (a Catania non beccava palla…) e dalla verve di Giorno e Piccinni, ben coadiuvati sulle corsie laterali da Tazzer e, soprattutto, Donnarumma, il quale mette in croce un Biondi costretto a fare il terzino. Così, giunge subito, quasi per inerzia, il gol di Fella al 17’, su cross di Jefferson, senza che il Catania abbia le risorse per, in qualche modo, reagire. Se, poi, l’unica occasione reale capita sui piedi di Barisic (solo davanti ad Antonino al 23’, ma incapace anche solo di tirare in porta), si può capire come le speranze risultino nulle. Inutile sottolineare come i rossazzurri non riescano a concludere in porta decentemente per tutta la partita e, dopo aver regalato (“papera” di un inguardabile Furlan, estremo difensore decisamente meno bravo di Pisseri, e ciò dice tutto) il raddoppio al 67’ a Donnarumma, dimostrino di essere in confusione totale, una “rottura” psicologica che deve far suonare più di un campanello d’allarme. Sarà difficile, difficile, portare a termine la stagione salvando la categoria. Ci sembra una situazione simile a quella della prima stagione in C, quando si ottenne la permanenza all’ultima giornata di campionato. Cerchiamo di entrare in quest’ottica. Lucarelli tenta sì di dare più corsa inserendo i ragazzi, da Capanni a Manneh a Rossitto (debutto assoluto per l’attaccante della Berretti), ma ovviamente senza esiti, considerata l’esperienza della squadra pugliese, abile a congelare il gioco e conseguire la preziosa vittoria. Prima sconfitta interna stagionale per il Catania, un match che deve far riflettere, e molto, la dirigenza. Unica colpevole.

Contro la Cavese un unico imperativo: lotta dura per i punti salvezza
L’unico dato positivo di questa sconfitta è la presa di coscienza definitiva da parte di tutti di quale sia la “suonata”, esplicitata inequivocabilmente dalle parole di Lucarelli. Adesso, si dia seguito a queste parole e si vada a battagliare da team modesto di categoria in cerca di punti salvezza a Castellammare di Stabia contro la Cavese. Partita difficilissima contro una formazione più in forma e temibilissima in casa. E si cominci seriamente a pensare di agevolare in tutti i modi il passaggio di proprietà. Big Ben ha detto stop. Let’s go, Liotru, let’s go!