Tabbiani: fra l’incubo Ammazzalorso e il sogno Marino

Da sx verso dx: Aldo Luigi Ammazzalorso, Luca Tabbiani e Pasquale Marino

Da sx verso dx: Aldo Luigi Ammazzalorso, Luca Tabbiani e Pasquale Marino 

Due illustri esempi del passato di calcio offensivo in salsa catanese rapportati all'attualità...

PROGETTO CORAGGIOSO

Vincere attraverso il gioco d’attacco, fatto di intensità e aggressione degli spazi, con una identità spiccata da sciorinare sia in casa che in trasferta, è un’idea di calcio assai affascinante che attrae non solo gli esteti del pallone. Applicarla al campionato di Serie C – a mio avviso la categoria più complicata, ostica e difficile da vincere dell’intero mondo pallonaro – è una scommessa molto coraggiosa.

Sarò sincero. Gli anni di frequentazione della terza serie, eccezion fatta per qualche sparuto caso (vedi il Benevento di Auteri o il Foggia di Robertino De Zerbi che, tuttavia, mancò la Serie B dopo aver perso la finale play-off con il Pisa di Gattuso), mi hanno lasciato in dote uno pseudo prototipo vincente fatto di pragmatismo ed essenzialità, brutti e sporchi, cinici e spietati, con pochi fronzoli e tanta sostanza. Pseudo, non un assioma: perché nel calcio scienze esatte non ce ne sono.

GLI ESEMPI DEL PASSATO

Quando sento parlare di calcio d’attacco abbinato al Catania la mente corre a ritroso nel tempo. Due gli esempi rinvenuti dai cassettini della mia memoria: il 4-4-2 di Aldo Luigi Ammazzalorso e il 4-3-3 (nato da un iniziale 3-4-3, defunto dopo la sconfitta di Mantova) di Pasquale Marino. Due esempi diversi, dall’epilogo diametralmente opposto, uniti però dalla stessa concezione di calcio offensivo.

Estate del 2001. Innamorato, folgorato, dal gioco proposto dall’Avellino – che tanto fece soffrire il Catania di Vincenzo Guerini nella doppia semifinale play-off, poi vinta dai rossazzurri – il presidente Riccardo Gaucci, per il secondo tentativo alla scalata della Serie B, decise di puntare sull’argentino Ammazzalorso, con quest’ultimo che oltre alle sue idee si portò dall’Irpinia il portiere Gianni Marco Sansonetti, il difensore Massimo De Martis e l’ala Michele Fini.  Il terzetto, diventato poi quartetto con l’innesto del difensore Alessandro Cagnale (pupillo di Ammazzalorso ai tempi di L’Aquila), andò a infoltire l’ossatura dei reduci della delusione di Messina, ovvero Gennaro Iezzo, Michele Zeoli, Beppe Baronchelli, Andrea Bussi, Davide Cordone e Massimo Cicconi.

Quattro anni più tardi fu la volta di Marino nel secondo anno dell’era Pulvirenti-Lo Monaco. Il tecnico marsalese, reduce da una travagliata salvezza in cadetteria con l’Arezzo, giunse dalla Toscana insieme al tridente Umberto Del Core, Roberto De Zerbi, Gionatha Spinesi, al vice Massimo Mezzini e a un corroborante bagaglio di esperienza ereditato dalla stagione precedente, la prima da allenatore in Serie B, con tanto di esonero e richiamo in panchina.

Ma se il Catania di Pasquale Marino sbocciò a novembre in quel di Rimini – prima di sei vittorie consecutive che catapultarono i rossazzurri nella zona promozione diretta senza farli più uscire fino alla conquistata matematica della Serie A, giunta il 28 maggio 2006 – Aldo Luigi Ammazzalorso non riuscì a mangiare il panettone per questione di una settimana: fatale all’argentino fu la sconfitta patita nel gelo di Castel di Sangro, del 16 dicembre 2001, che fece sprofondare il Catania al quinto posto in classifica, a -7 dalla capolista Ascoli, a una giornata dal giro di boa. 

SERVE TEMPO...

In mezzo all’incubo Ammazzalorso e al sogno Marino s’incastra il Catania di Luca Tabbiani, tecnico che dopo la sconfitta con il Foggia di lunedì scorso (che segue lo scialbo 0 a 0 di Monopoli) è finito sul banco degli imputati. Anche i numeri, rapportati ai due esempi del passato, non sorridono all'ex tecnico del Fiorenzuola: una vittoria, un pareggio e due sconfitte nelle prime quattro giornate per mister Tabbiani, due vittorie e due pareggi sia per Ammazzoloro che per Marino nello stesso arco temporale. Bisogna sottolineare però, a difesa del tecnico ligure, che i due predecessori ebbero più occasioni per provare la  macchina rossazzurra prima dell' inizio del campionato: più amichevoli (con tanto di Memorial Massimino, con Portuguesa prima e Olimpia Lubiana poi) e la Coppa Italia (tre gare per Ammazzalorso, una per Marino).

Calma e sangue freddo, quindi. Settembre non è ancora finito e parlare di bocciature o di sentenze inappellabili appare più che prematuro. È evidente che il cantiere di mastro Luca da Genova sia ancora in via di definizione. L’arrivo a tappe dei vari calciatori (ognuno dei quali con una condizione fisica diversa) e, l’assenza di amichevoli probanti nel corso del precampionato (una volta c’era la tanto bistrattata Coppa Italia estiva a far da rodaggio!) sono elementi che hanno rallentato il processo di crescita della creatura di Tabbiani. A questo, poi, si aggiunge la componente sfortuna tutt’altro che secondaria: vedi i legni colpiti (cinque complessivi nelle tre gare disputate al “Massimino) e gli infortuni occorsi ai vari Rapisarda, Rizzo, Chiarella, Dubickas e, per ultimo, quello del portiere Livieri. Per un progetto coraggioso e ambizioso, come quello voluto da Vincenzo Grella, occorre in primis lavoro sodo e soprattutto tempo. Un progetto a lunga gittata insomma, ancora in fase embrionale, che sembra destinato a spalmarsi non solo in una stagione. L’impressione sembrerebbe proprio questa, le prossime gare diranno di più, alimentando questa idea oppure no…