E’ troppo presto per bocciare Tabbiani e il progetto (di Grella)

Tabbiani insieme al presidente Pelligra

Tabbiani insieme al presidente Pelligra 

Considerazioni sulle attuali criticità del progetto etneo e sulle reazioni post Catania-Foggia.

Per chi dalla prima ora ha espresso delle riserve sul progetto societario – rigidamente improntato sulla filosofia del “calcio aggressivo” – e le ha ribadite in un momento in cui le stesse risultavano assai impopolari (nell’immediato post-gara dell’applaudita sconfitta con il Crotone), sarebbe facile, adesso, salire sul pulpito e rivendicare la bontà di quanto prefigurato. Sarebbe facile, ma anche sbagliato ed intellettualmente disonesto.

Non ho cambiato idea; continuo a ritenere che questa non sia la strada giusta per vincere campionati di basso livello tecnico come quello di Serie C, nei quali storicamente il pragmatismo la fa da padrone. Basti pensare alle annate del girone C che il Catania ha vissuto sulla propria pelle: eccezion fatta per la prima stagione (2015/16), che ha visto trionfare il Benevento di Auteri, fautore di un gioco manifestamente votato all’attacco, tutte le squadre che hanno vinto i successivi campionati lo hanno fatto proponendo un impianto tattico tendenzialmente equilibrato. Poi, certo, nel calcio c’è sempre l’eccezione che conferma la regola (vedi il Pescara di Zeman che sforna la stagione da urlo in Serie B), ma eccezione rimane e, di fronte a dati così inequivocabili, puntare su una visione a lungo termine calibrata su un’unica – e radicale – idea di gioco rappresenta un rischio non indifferente.

Al netto di queste considerazioni, tuttavia, non si può cadere nell’errore di esprimere giudizi affrettati e trarre già delle conclusioni sul Catania 2023/24 e sul suo tecnico dopo sole quattro partite. Non che queste gare non abbiano dato indicazioni, anzi. Alcune positive: gli etnei hanno già consolidato un significativo controllo del possesso palla e messo in vetrina un repertorio di combinazioni interessanti; inoltre, l’organico nel suo complesso appare completo e di spessore, con alcune individualità di spicco. Ma vi sono anche diverse note dolenti: molti elementi sono in ritardo di condizione; la squadra è praticamente tutta nuova e l’intesa tra molti giocatori è da affinare. Ma quel che più preoccupa è legato alla produzione offensiva: il Catania, in proporzione al prolungato possesso palla, arriva pochissime volte in area e produce pochissimi tiri in porta.

Dare addosso a Tabbiani per tali criticità e per i risultati sin qui deludenti è però quanto di più sbagliato si possa fare. Molte difficoltà sono infatti figlie di scelte della società che l’allenatore ha subìto. La disputa di poche amichevoli precampionato (nessuna delle quali veramente probante) non ha consentito al mister di rodare al meglio la squadra in estate. L’arrivo alla spicciolata di molti nuovi acquisti non ha fatto sì che gli stessi acquisissero tempestivamente uno stato di forma adeguato (Di Carmine) o entrassero nei meccanismi (Quaini, Silvestri, Deli, da ultimo Zanellato). Grella è stato interrogato sul punto, ben prima dell’inizio del campionato ed ha evidenziato che si è trattato di una scelta di politica societaria, legata al budget, che non sarebbe stato rispettato se la dirigenza avesse anticipato le tappe di alcune trattative. Dare addosso a Tabbiani non è corretto, inoltre, perché il tecnico è il mero esecutore di un progetto tecnico varato dall’amministratore delegato, il quale ha scommesso a occhi chiusi in tal senso, assumendosene ogni responsabilità.

Poi, certo, l’allenatore deve metterci del suo, deve essere bravo a trasmettere i propri dettami ai giocatori, trovare la quadra, prendere tutte le contromisure e, soprattutto, portare a casa il risultato. Che nell’ottica della società è, stando alle dichiarazioni, quello di (almeno) lottare per la promozione. Diversamente saremmo di fronte a un fallimento. Ma il successo o fallimento si misura alla fine della stagione, non a fine settembre. Anche perché ad un progetto come questo serve tempo; ed al tempo ordinariamente necessario per far “lievitare” le idee del tecnico vanno aggiunti i tempi addizionali che la società si è auto-procurata per le scelte di preparazione e di mercato già evidenziate. In breve: bisognerà attendere almeno il mese di novembre per capire se questo progetto s’ha da fare. Ed anche chi, come chi scrive, ha molte riserve, ha il dovere di aspettare, prima di esprimere un giudizio compiuto. Anche perché non è da escludere che, nel frattempo, società e tecnico, per ovviare alle difficoltà, potrebbero smussare gli angoli e varare soluzioni più elastiche (in passato un ripensamento, quello di Marino che passò a fine ottobre dal 3-4-3 al 4-3-3, salvò una stagione che appariva compromessa e che poi invece si concluse in modo trionfale).

Per il resto, l’aria di anticipato scetticismo che si è respirata nel post Catania-Foggia, testimoniata (non solo, ma anche) dai fischi piovuti al “Massimino” a fine gara, lascia un po’ perplessi. Tutti i temi trattati in questo articolo – la necessità di tempo per il gioco di Tabbiani, i ritardi del calciomercato, ecc. – erano ben noti già in estate. Ma questo non aveva frenato l’approvazione nei confronti della società da parte della piazza, che aveva risposto con il boom di abbonamenti. Catania-Crotone e Catania-Foggia hanno avuto un copione simile, eppure in meno di un mese si è passati dagli applausi ai fischi. Forse comincia a farsi sentire la pressione dettata dai punti persi in classifica. Ma l’incongruenza tra le due reazioni, nei modi e nei tempi, resta.