Che Melfi...gura!!!

Tavares, l'impegno non basta...

Tavares, l'impegno non basta... 

Max Licari sulla rovinosa debacle con il Melfi. Prestazione indecorosa. Allarme rosso in mediana.

Senza parole
No. Nemmeno “questa” è la SVOLTA. No, nemmeno una "svoltina", tanto di moda oggi tra i giovani. No, nessuna svolta, nemmeno dopo una vittoria giunta al culmine di un match “pazzesco” come quello di Messina. Nemmeno con un allenatore nuovo che aveva convinto nelle prime uscite sulla panchina calcata dai Marino, dai Simeone, dai Mihajolvic, dai Montella. Affranti, i tifosi rossazzurri ne prendono atto al culmine dell’inatteso dramma sportivo vissuto al “Massimino”, al cospetto di una squadra, il Melfi, che giungeva in terra etnea “forte” dell’ultimo posto in classifica in solitaria e di ben 11 risultati negativi consecutivi, conditi dalla media di circa 3 reti incassate a gara. Gli applausi sinceri rivolti al termine della partita dai supporters dell'Elefante ai volenterosi giocatori lucani, capaci di un impresa che resterà scolpita nella memoria storica di ogni tifoso gialloverde, la dicono tutta sul sentimento di sconforto di una piazza che, dopo la rocambolesca vittoria del “San Fiilppo”, pensava di poter finalmente ricominciare a sognare in grande. Disillusione pronta, feroce, quasi mortale, ma benefica. Meglio che una prestazione del genere giunga subito, in modo da evitare “risvegli” ancor più amari nel prossimo futuro. Questa, per come è costruita, non è squadra che possa nutrire molte ambizioni di promozione in questa stagione. Non ha le qualità e, soprattutto, gli attributi necessari a primeggiare in una categoria siffatta. Dopo una partita del genere, ci si chiedono due cose, principalmente:

1. È così “sicuro” che il Catania riesca a raggiungere i play-off, cioè il decimo posto in classifica?
2. Nel caso ci riesca, che speranze potrà avere l’undici di Petrone anche nel superare la prima sfida?

Alla prima domanda, adesso, si risponde facilmente: non è per niente certa la partecipazione dei rossazzurri ai play-off. Alla seconda, beh, realismo vuole che si affermi con nettezza come le speranze di ben figurare negli eventuali spareggi di fine campionato siano quasi prossime allo zero. Lo diciamo con rammarico, quasi con rabbia, la stessa rabbia provata dai 7.000 del “Massimino”, ma continuare a illudersi, quando si fallisce in modo rovinoso l’ennesima (la quarta, la quinta, la sesta?) “prova del 9”, sarebbe quanto meno irriguardoso verso sé stessi. Ed è inutile star lì a disquisire sulla posizione in graduatoria, sui risultati delle contendenti, su qualsiasi cosa possa venire alla mente in momenti di black-out mentale come il presente. C’è solo da provar vergogna e star zitti. Apprezzabili le dichiarazioni di Petrone, Bergamelli, Marchese e Biagianti (non a caso, i giocatori di maggiore esperienza) nel dopogara, improntate alla contrizione, alle scuse “globali”, ma non possono bastare. Sembra necessaria, a questo punto, una vera e propria “rivoluzione” nelle scelte tecniche dell’allenatore, perché i supposti “campioni” hanno fallito tutte le riprove a cui erano stati chiamati. Forse, considerata la situazione attuale, sarebbe il caso di pensare a lanciare qualche ragazzo promettente che potrebbe venir buono per la prossima stagione, senza perder tempo. Anzi, senza “forse”.

Squinternati, fin dal primo minuto…
Che Petrone riproponesse, con la sola variante di Parisi al posto dello squalificato Drausio, la stessa formazione di Messina, era scontato. Che i giocatori lo ripagassero con una prestazione del genere, molto meno…Il Melfi, fin dal primo minuto, è apparso meglio messo in campo, più motivato dal tecnico Diana e più disposto al sacrificio atletico. In sostanza, i gialloverdi hanno corso e pressato molto i più dei rossazzurri per tutta la partita. E in Lega Pro ciò fa la differenza. Soprattutto quattro giocatori, Gammone (il migliore in campo), Marano, De Vena ed Esposito hanno imperversato in lungo e in largo, umiliando il lento centrocampo etneo, di certo non aiutato da un attacco poco mobile (in specie in Russotto, nettamente il peggiore in campo) e da una difesa poco in palla sulle corsie laterali (pessime le prestazioni di Parisi e Djordjevic). Inutile stare a recriminare, il Melfi ha meritato. Il Catania ha sì fallito un paio di gol nel finale con lo spaesato Di Grazia, entrato al posto dello stesso terzino serbo, ma non ha mai mostrato di poter mettere in seria difficoltà gli ospiti, pericolosi in più circostanze (miracolosi un paio di interventi del solito Pisseri, il solo a meritare la sufficienza, non un a novità) e più che giustamente in vantaggio dal 30’ grazie al centravanti Ciro Foggia. Il raddoppio nel recupero siglato da De Angelis nulla toglie o aggiunge al dato di fatto oggettivo: prestazione “tragica” di Marchese e soci, sconfitta che non fa una grinza. Punto.

Rebus centrocampo
Il problema principale del Catania, ormai acclarato, è il centrocampo. I rossazzurri sono costretti spesso a operare il lancio lungo dalle retrovie perché incapaci di creare gioco in mezzo al campo. La mediana rossazzurra vive di un paradosso. Quando c’è in campo l’unico giocatore tecnico e in grado di verticalizzare, Scoppa, soffre in maniera decisiva il pressing avversario. Quando l’argentino non c’è, si spegne la luce e ci si preclude ogni possibilità di fluidità nella manovra, in specie se i giocatori più tecnici (Russotto) non aiutano e gli altri (Di Grazia, Mazzarani) siedono in panchina oppure, anche se in campo, sembrano con la testa e le gambe altrove. Tuttavia, contro il Melfi, per come si era messa la partita e il quadro tattico, io lo avrei provato il tanto vituperato Scoppa al posto di Bucolo. Troppa poca qualità in un centrocampo composto dallo stesso mediano catanese, Biagianti e Fornito, su questo non possono sussistere dubbi. Può andare bene in talune gare esterne, da giocare in ripartenza, ma non quando devi cercare di scardinare difese arroccate. Francamente, questa volta i cambi di Petrone, seppur sempre tempestivi, non sono parsi efficaci. Barisic per Bucolo al 46’ non ha fatto altro che ingolfare l’imbuto d’attacco rossazzurro (dove Pozzebon e Tavares, in pratica, non hanno toccato palla), mentre Di Grazia per Djordjevic, sebbene il ragazzo slavo non fosse nella sua migliore giornata, ha vieppiù contribuito ad aumentare la confusione nella metà campo lucana. Tanta buona volontà, efficacia nulla, anche perché Mazzarani, entrato nel finale al posto di Russotto, ha confermato di essere in un periodo di forma alquanto scarso, in specie sotto il profilo atletico. Si poteva anche pareggiare, se Di Grazia non avesse fallito, come già ricordato, un paio di gol facili, ma il giudizio non sarebbe cambiato di una virgola. Non ci siamo. È necessaria una svolta radicale. Magari anche pensando in modo più deciso al futuro. Non credo, per esempio, che il regista della “Berretti” Davide Di Stefano possa far peggio di chi sta arrancando oggi in mediana. Ho l’impressione che Petrone, in settimana, una settimana che porta alla difficile trasferta di Lecce, debba ripensare in modo “totale” a modulo e interpreti. Urge un cambiamento netto e deciso. E il compito è demandato al tecnico. Le parole non bastano più.

La trasferta peggiore
La realtà è che, nell’ultimo periodo, il Catania ha perso 8 punti contro Akragas, Taranto e Melfi, tre squadre che lottano per evitare la retrocessione. E cinque di questi li ha gettati al vento in casa, tradizionalmente il fortino etneo. Si è persa una grande occasione e, soprattutto, la classifica si è complicata. Adesso giunge la trasferta più rischiosa, contro un Lecce reduce dall’inopinata sconfitta giunta a Francavilla, contro la vera e propria rivelazione del campionato. Al “Via del mare” sarà necessario, come detto, vedere una squadra completamente rivoluzionata sotto tutti gli aspetti, al fine di evitare una debacle potenzialmente devastante per il morale della squadra e dell’ambiente. Una cosa è certa: bisognerà fare esattamente il contrario rispetto al disastro “melfitano”. Rientrerà Drausio, che ha assistito al match accanto a Lo Monaco (limitatamente al primo tempo), ma non potrà bastare. Servirà tanto altro. A Petrone la risposta. Let’s go, Liotru, let’s go!!!