Catania-Sampdoria: analisi del match

 

Catania-Sampdoria in numeri, statistiche e grafici

I rossoazzurri tornano al successo dopo oltre 2 mesi, interrompendo così il terribile filotto di sei sconfitte consecutive e tornano a sperare nell’impresa.

La piccola rivoluzione tattica operata dal neo tecnico siracusano convince, sebbene ancora una volta gli etnei sono costretti a costruire una grande mole di gioco per ottenere il minimo, soffrendo fino al 90’.

I blucerchiati, ampiamente rimaneggiati e privi di particolari motivazioni, cadono sotto le reti di Leto e Bergessio (migliore marcatore rossoazzurro in serie A di sempre). In mezzo il momentaneo pari di Okaka.


Lo score di Catania e Sampdoria 



IL CATANIA. Privo degli infortunati Almiron e Bellusci e degli squalificati Rolin e Rinaudo, Maurizio Pellegrino ripropone il 4-2-3-1 del Mezza. Frison (855 minuti giocati, ultima apparizione il 2 febbraio in Catania-Livorno 3-3) si riprende la maglia da titolare, Peruzzi e Monzon giocano sulle corsie laterali mentre Gyomber e Spolli sono i due centrali difensivi. A centrocampo grande densità e fantasia, assicurata da Leto e Plasil sugli esterni, rispettivamente a destra e sinistra, Lodi al centro supportato da Izco in ruolo di interno destro. A ridosso dell’unica punta Bergessio, si colloca Barrientos, sollevato da una specifica regolamentazione tattica e con libertà di agire tra le linee avversarie.

Nel 4-2-3-1 del primo tempo lo sforzo è massimo. Baricentro e pressing elevati, densità di gioco massima lungo la corsia destra  



Durante i primi 45’ la Sampdoria è schiacciata ai 40 metri ed il centrocampo è scollato  



LA SAMPDORIA. La tranquilla posizione in classifica (i blucerchiati avevano di fatto centrato l’obbiettivo salvezza già alla 29esima), induce il tecnico serbo Mihajlovic, che deve fare comunque fronte a diverse defezioni, a praticare del turnover. Iniziando dai pali, tra i quali si posiziona il 1990 Vincenzo Fiorillo, per l’occasione promosso a capitano, che relega Da Costa (33 presenze nel corso di questo campionato) in panchina. Mustafi e Regini fanno coppia al centro della difesa, mentre Fornasier e Costa giocano a terzini, rispettivamente a destra e sinistra. A ridosso della linea difensiva opera il 1991 polacco Salamon (seconda apparizione in campionato), centrocampista dalle spiccate attitudini difensive, mentre Renan – regista di squadra – e Bjarnason (ex Pescara e terzo islandese nella storia del nostro campionato) sono in mezzo. In avanti, il tridente offensivo costituito da Sansone, Wszolek ed Okaka, quest’ultimo riferimento centrale.

Nel secondo tempo il Catania passa al 4-4-2 compattandosi ma arretrando molto il proprio baricentro 



Il passaggio al 4-2-3-1 conferisce ai blucerchiati maggiore verve ed equilibrio. La difesa è altissima 



I cambi. Un minuto prima del momentaneo pareggio della Samp, siamo al 59’, Maurizio Pellegrino richiama in panchina Leto, stremato e riabilitato dalla pregevole realizzazione in acrobazia, per Lucas Castro. L’intenzione del tecnico siracusano è quella di aggiungere forze fresche e rimodellare il Catania che da inizio ripresa stava porgendo il fianco agli avversari.
Il nuovo vantaggio etneo firmato Bergessio, induce Mihajlovic a perfezionare il cambio all’assetto di gioco già cominciato al rientro dagli spogliatoi. Al minuto 66 Salamon lascia infatti il terreno di gioco per il più offensivo e tecnico Krsticic: la Samp passa al 4-2-3-1 con il neo entrato e Renan in cabina di regia, Wszoleck, Sansone e Bjarnason (da destra a sinistra) alle spalle di Okaka.
In vantaggio di una rete ma in debito d’ossigeno, i rossoazzurri passano al 4-4-2: Castro e Bergessio sono i soli riferimenti offensivi mentre la mediana è affidata a Barrientos, Izco, Lodi e Plasil. Al 72’ Legrottaglie prende il posto di Peruzzi, si colloca al centro della difesa con Spolli e dirotta Gyomber sulla corsia destra, nel ruolo di terzino che già conosce.
Quattro minuti più tardi è la volta di Maxi Lopez che subentra a Bjarnason, rafforzando ulteriormente la batteria offensiva dei blucerchiati.
I successivi cambi di Fedato per Barrientos (81’) e Matias Rodriguez per Wszolek (88’) non comportano significativi cambiamenti tattici.

Poca freddezza sotto porta – e un buon Fiorillo – negano al Catania la rete del doppio vantaggio  



FLUSSI DI GIOCO E TATTICA

Lodi è al centro del disegno tattico. Monzon fondamentale in fase di costruzione del gioco  



La manovra etnea in numeri  



La piccola rivoluzione tattica operata da Pellegrino, nella sostanza, convince. Il duttile 4-2-3-1, proposto nel corso della prima frazione di gara, è disinvolto ed aggressivo, piacevole a vedersi e bilanciato, in ogni suo reparto. Il Catania riesce a macinare gioco e schiacciare gli avversari con continuità (è doppio il valore relativo alla supremazia territoriale), soprattutto per mezzo di un baricentro di squadra particolarmente elevato (60 metri contro i 48 avversari) e di un pressing asfissiante, portato sino i 48 metri e praticato dai quattro uomini più avanzati. Ciccio Lodi si riprende per mano il centrocampo. Il ruolo di regista arretrato cui è stato relegato nel corso di questo campionato gli consente certamente di razionalizzare le energie nel corso del match, ma ha privato il Catania di un riferimento importante, in termini di ultimo passaggio e di filtranti utili. La lunghezza di squadra, nei primi quarantacinque minuti, è straordinariamente alta (54 metri contro i 39 dei blucerchiati) ma l’equilibrio tra i reparti è assicurato dalla linea difensiva che staziona quasi a ridosso della linea di centrocampo, accorgimento tattico che limita nelle giocate le pedine offensive avversarie.
I flussi di gioco rossoazzurri transitano, come dicevamo, dai piedi del centrocampista campano, autorevole in mezzo al campo, che dialoga con tutti i compagni (ad eccezione di Fedato, entrato a 10 dal termine) con una accuratezza in fraseggio del 71%. Sebbene le occasioni migliori arrivino dalla zona centrale del campo, la corsia sinistra è la più battuta. Monzon, lungo quella fascia, fa correre qualche brivido di troppo sulla schiena dei compagni di reparto in chiave difensiva, ma diventa un riferimento importante durante la fase di costruzione del gioco: dopo Barrientos (41 passaggi ricevuti) è lui il più imbeccato tra le fila del Catania.
Nella ripresa il Catania tira i remi in barca. In debito d’ossigeno ed in vantaggio di una rete passa al 4-4-2 (modello tattico col quale Pellegrino concluse la sua esperienza dodici anni addietro al Catania ), certamente più compatto, affidando alle ripartenze ed ai lanci lunghi (14 i tentativi nella ripresa) la propria manovra.
La ricerca della profondità, costante nel primo tempo (116 tentativi di passaggi bassi utili nella metà campo avversaria) è adesso minima, nonostante il livello di pericolosità offensiva sia assicurato dai contropiede (non finalizzati) operati nella ripresa.

Renan è il regista di squadra. La manovra si sviluppa maggiormente sulla corsia sinistra 



I flussi di gioco blucerchiati in numeri 



Priva di molti elementi titolari – e probabilmente delle giuste motivazioni – la Sampdoria incappa nella terza sconfitta consecutiva. Con una età media di squadra di ventiquattro anni e mezzo (quella del Catania è di 28) i blucerchiati non riescono quasi a mai a pungere nel corso della prima frazione di gara. Il 4-3-3 proposto dal tecnico serbo fa acqua da tutte le parti e il centrocampo appare da subito scollato e disordinato. Il buon pressing degli etnei schiaccia la Doria nella propria metà campo e la costringe ad agire di rimessa, inducendola spesso in errori di valutazione e in palleggio (52% l’accuratezza nei passaggi dei blucerchiati nel primo tempo).
Nella ripresa, il passaggio al 4-2-3-1 (modello tattico utilizzato da Mihajlovic per gran parte del torneo) conferisce maggiore verve alla squadra: la linea difensiva si alza ed i terzini, Fornasier e Costa, giocano a supporto del centrocampo, adesso più razionale.
Renan è il regista di squadra ma gioca nel complesso pochi palloni. La sua posizione è troppo defilata lungo la corsia sinistra, lasciando la zona debole del campo (quella nella quale opera Monzon) per l’intera gara in mano agli avversari.
Rivedibile anche la scelta di Salamon, gettato nella mischia a schermare la linea difensiva – in sostituzione dell’assente Palombo – ma tropo acerbo e lento in un ruolo a lui non naturale.