Catania-Milan 1-3: commento tecnico-tattico

Balotelli punisce un colpevole Andujar e porta in vantaggio il Milan

Balotelli punisce un colpevole Andujar e porta in vantaggio il Milan 

Focus sulla tattica, pro e contro, migliori e peggiori in campo nel commento al match tra etnei e meneghini.

Focus sulla tattica: De Canio abbassa gli esterni, Allegri punta sull’albero di natale
Dopo aver mischiato le carte in settimana provando il 3-5-2, De Canio torna sui propri passi e conferma il canonico 4-3-3 con cui schiera i suoi ragazzi da quando è arrivato sulla panchina del Catania, escludendo le trasferte di Torino (contro la Juventus) e di Napoli. Davanti ad Andujar, quartetto difensivo inedito, grazie all’esordio in Serie A, da titolare, di Gino Peruzzi sull’out di destra. Al suo fianco, coppia centrale Rolin-Spolli, a sinistra torna Biraghi che nelle ultime uscite aveva lasciato il posto a Capuano. A centrocampo, un po’ a sorpresa, De Canio schiera Monzon come interno sinistro, preferendolo a Guarente, accanto a Plasil e Tachtsidis. Tridente offensivo Barrientos-Maxi Lopez-Castro. I due esterni argentini tuttavia stazionano assiduamente dietro la linea del centrocampo, lasciando il compito di pressare i portatori di palla rossoneri agli interni della mediana, Plasil e Monzon. Si viene così a delineare, più che un 4-3-3, un 4-5-1.
Allegri deve fronteggiare una pesante emergenza difensiva: Gabriel sopperisce all’assenza del febbricitante Abbiati, Silvestre e Bonera costituiscono la coppia centrale difensiva essendo gli ultimi rimasti a disposizione nel ruolo, mentre sugli esterni spazio a Poli, centrocampista centrale adattato per l’occasione come terzino destro, ed Emanuelson, esterno sinistro di spinta che però ha più volte ricoperto in carriera il ruolo di terzino. A centrocampo, accanto a Montolivo e De Jong, Allegri rilancia Nocerino, mentre davanti Birsa e Kakà alle spalle di Balotelli compongono il fatidico albero di natale, emblema del 4-3-2-1.
Le squadre mantengono le rispettive disposizioni tattiche per un’ora di gioco. E’ il 60’ quando, sul risultato di 1-1, De Canio opera il primo cambio: fuori Monzon, dentro Keko, che si va a posizionare nel medesimo ruolo con le medesime funzioni (pressare e ripartire). Ma il Milan trova subito dopo il gol del vantaggio con Balotelli su punizione, seguito a ruota dall’espulsione di Tachtsidis per un fallo sullo stesso Balotelli. De Canio corre ai ripari inserendo Guarente per Castro: la squadra si ridisegna con il n°17 al centro della mediana, affiancato a destra da Keko e a sinistra da Plasil, con Barrientos poco più avanti, al centro, a sostegno di Maxi Lopez. Allegri, per sfruttare la superiorità numerica, punta sulla velocità di El Shaarawy che entra a un quarto d’ora dal termine al posto di Birsa. E’ il preludio al gol di Kakà che arriva pochi minuti dopo e chiude la partita. A quel punto il Milan sostituisce un nervosissimo Balotelli con Matri, mentre De Canio negli ultimi minuti, probabilmente più per far rifiatare Barrientos che per cercare di recuperare il risultato, inserisce Leto al posto del Pitu.

Cosa va: pressing degli interni, buona soluzione; in 10 contro 11 grinta e orgoglio.
Rispetto ad altre uscite in cui il Catania non ha portato a casa alcun punto, oggi si è vista una squadra più apprezzabile. La tattica imbastita da De Canio a inizio partita ha funzionato: squadra schierata in attesa dell’avversario che produceva poco o niente, e interni di centrocampo mobilissimi (Plasil e Monzon, adattato per l’occasione con buoni risultati) che andavano a pressare gli impacciati portatori di palla della fase difensiva rossonera. Un lavoro che ha portato al gol di Castro, vantaggio dilapidato troppo presto per motivi che vedremo più avanti. Fino al gol del 2-1 del Milan, è vero che i rossoneri vantano un possesso di palla nettamente migliore, ma è anche vero che non producono grossi pericoli: il Catania si difende bene e grazie al lavoro del centrocampo riesce di tanto in tanto a imbastire ripartenze interessanti, che si risolvono però, purtroppo, nella migliore delle ipotesi, in tiri da fuori non incisivi di Barrientos e Monzon. Paradossalmente, poi, per dieci minuti si vede il miglior Catania della partita e forse della stagione: sono i dieci minuti che seguono l’espulsione di Tachtsidis, in cui i ragazzi tirano fuori grinta e orgoglio, senza pensare troppo ai dettami tattici, e producono più col cuore che con la testa le occasioni, comunque ghiotte e interessanti, di Plasil e Keko. Dopo di che, finisce, fisiologicamente, la batteria e il gol di Kakà taglia definitivamente gambe e motivazioni.

Cosa non va: la batteria si scarica presto e la fiducia viene meno; troppe ingenuità dei singoli sui gol subiti.
Innanzitutto, e qui ci ripetiamo da inizio campionato, la forma fisica. Per gran parte della gara il Catania ha giocato una partita d’attesa, e solo il centrocampo si è sfiancato in un lavoro di pressing. Quando i ragazzi hanno cercato la reazione orgogliosa al gol di Balotelli, sono stati apprezzabili, si, ma son durati dieci minuti. E anche in quei dieci minuti si è fatto sentire il cattivo stato di forma in particolare di Maxi Lopez: Biraghi spingeva con continuità e ha messo dentro due-tre palloni, altrettanto ha provato a fare Keko, ma l’uomo d’area di rigore pronto a spingere in rete che dovrebbe essere proprio il n°10 argentino si trovava puntualmente in ritardo all’appuntamento col pallone e quindi col gol.
Poi, si nota poca fiducia nei propri mezzi. Sia il Torino di una settimana fa che il Milan di oggi non dispongono certamente di palleggiatori di classe in difesa, se si esclude l’ottimo Poli. Eppure queste squadre non esitano nel far cominciare l’azione dalla difesa affidando il pallone e quindi il primo passaggio ai difensori. Cosa che il Catania non fa, ricorrendo sistematicamente al lancio lungo, e perdendo il pallone nella maggior parte delle occasioni. Non è da escludere che sia l’allenatore che non voglia puntare su un fraseggio macchinoso che parta da dietro, ma è discutibile il fatto che questo tipo di giocata non la si tenti praticamente mai, come se ci si spaventasse a gestire il pallone.
Infine, purtroppo, per l’ennesima volta, errori individuali che vanno a inficiare le prove dei singoli reparti: in occasione del gol del pareggio di Montolivo, manca un giocatore che raddoppi su Emanuelson, lasciato libero di crossare. Considerando che De Canio sguinzagliava Plasil sulla trequarti, tale compito probabilmente era stato affidato a Barrientos che, in effetti, tendeva ad arretrare più del solito. L’impressione è che, però, tali indicazioni tattiche finiscano per esasperare e mortificare l’iniziativa dei giocatori. Se manca l’esterno in raddoppio, il terzino piuttosto che restare più accentrato a fianco dei centrali per proteggere l’area di rigore già piuttosto coperta, dovrebbe andare in avanscoperta sull’ala avversaria per evitare di farla crossare e dare il tempo a chi è rimasto più avanti di ripiegare. Il fatto poi che Montolivo venga lasciato totalmente solo dall’altro lato poi è inspiegabile. Sul gol dell’1-2 pesano le responsabilità di Andujar sul quale torneremo. Il gol dell’1-3, per quanto comprensibilmente maturato a causa dello sbilanciamento in avanti della squadra che cercava il pareggio pure con la spinta dei terzini, nasce da un errore di posizione di Biraghi, che resta troppo avanti rispetto alla linea difensiva: Kakà poi sfrutta il proprio passo, più veloce rispetto a quello di Spolli, per andare a concludere a rete.
Tra errori e sfortuna va anche segnalato il fattore “giacchetta nera”, onnipresente quando si affrontano le cosiddette “strisciate”. Oggi, rispetto ad altre occasioni, non si grida allo scandalo e i motivi per recriminare sono molteplici, ma l’espulsione di Tachtsidis è parsa un po’ esagerata e affrettata, e ha sicuramente orientato a favore del Milan la fase finale del match.

Migliori in campo: Plasil e Kakà
Per il Catania la scelta del n°8 ceco, che ha comunque dato sostanza e qualità alla manovra rossazzurra per tutta la partita, è motivata principalmente da ragioni morali. L’ex Bordeaux è stato l’unico tra i suoi a non mollare un attimo e un centimetro, non ha mai risparmiato incoraggiamenti verso i compagni, anche energici. Persino dopo l’1-3. E a fine partita è stato l’ultimo a rimanere in campo, a riprendere fiato mentre era stremato a terra e a meditare a lungo sulla sconfitta. La presenza di un uomo, prima ancora che di un giocatore del genere è fondamentale sia per le vicende che maturano sul campo che per lo spogliatoio. Con 11 Plasil in campo nessun risultato è precluso a questa squadra, speriamo che i compagni prendano esempio.
Il Milan ha tratto vantaggio dalla buona vena di alcuni elementi chiave: bene Poli in un ruolo non suo, benissimo Montolivo a centrocampo e persino in fase di inserimento, come dimostrato dal gol del momentaneo 1-1, non benissimo Balotelli che però con una sola giocata (la punizione, anche se favorita da un Andujar tutt’altro che trascendentale) mette i compagni in condizione di condurre il match. La stella che ha brillato di più è stata però quella di Kakà. Il n°22 rossonero è stato il prezioso riferimento offensivo: viene incontro ai compagni sulla trequarti per prendersi il pallone e creare la superiorità o cercare di servire le sovrapposizioni, come nel caso del gol dell’1-1 quando imbecca Emanuelson sulla sinistra; svaria da un fronte all’altro senza dare riferimenti; chiude la partita esibendo il pezzo forte del repertorio, ovvero la progressione che lo porta a concludere impeccabilmente solo davanti ad Andujar.

Peggiori in campo: Andujar e Nocerino
I gol presi su calci di punizione da Andujar da quando indossa la maglia del Catania ormai non si contano più. In questa stagione il campanello d’allarme era suonato in occasione della partita contro la Juventus: in quel caso il gol di Pirlo fu propiziato in parte dall’ingenuità di Petkovic (che abbassò la testa per evitare l’impatto col pallone), in parte dal posizionamento imperfetto della barriera. Ma potevamo lasciare a Mariano almeno il beneficio del dubbio. Stavolta invece, non solo la barriera è ancora una volta sistemata in maniera discutibile (e considerando che è il portiere a dare le indicazioni ai compagni, le responsabilità di eventuali défaillance sono tutte sue), ma vi è pure l’aggravante, inaccettabile per un portiere di Serie A che gioca in una squadra che lotta per salvarsi, di prendere gol sul proprio palo. Così com’era successo, d’altronde, giusto poche decine di minuti prima, sul gol di Montolivo. Ancora una volta, alle magagne difensive, il portiere, che dovrebbe metterci una pezza, risponde assente. Considerando ciò che ha dimostrato in passato Frison, viene da pensare che non si può immolare la permanenza in massima serie sull’altare della convocazione di Andujar ai mondiali brasiliani.
Nel Milan, qualche difficoltà di troppo per i giocatori schierati in una situazione di emergenza, come il portiere Gabriel o come la coppia difensiva Silvestre-Bonera, non proprio una muraglia cinese. Impalpabile anche Birsa sulla trequarti, ma chi ha reso piuttosto male è stato Nocerino, ormai soltanto l’ombra del giocatore rivelazione del campionato di due stagioni orsono. Il n°23 rossonero è parso nervoso, incapace di gestire anche i palleggi più semplici, e non è riuscito a contenere adeguatamente dal suo lato Barrientos prima e Keko poi, ricorrendo spesso alle maniere forti.