Catania-Livorno 3-3: commento "a caldo"

Bergessio sua la zampata sul primo gol...

Bergessio sua la zampata sul primo gol... 

Focus sulla tattica, pro e contro, migliori e peggiori in campo nel commento al match tra etnei e labronici.

Focus sulla tattica: Maran insiste con il modulo a specchio, ma l’andamento della gara lo costringe a tornare sui propri passi.
Dopo la buona prova di Milano contro l’Inter, Maran ripete lo stesso esperimento: quello di disporsi in modo speculare rispetto all’avversario. Anche il Livorno, infatti, come i nerazzurri, gioca col 3-5-2. Rientrano dalla squalifica Spolli e Barrientos e vengono immediatamente gettati nella mischia. Così, davanti a Frison, Bellusci fa le veci di Legrottaglie nel ruolo di perno centrale (ricoperto per la prima volta in una difesa a 3), ed è affiancato da Rolin a destra e da Spolli a sinistra; Peruzzi e Biraghi confermati sulle rispettive fasce di competenza; al centro, a fianco a Lodi e Rinaudo gioca Barrientos per avere un atteggiamento più propositivo; coppia d’attacco dal 1’ ancora Leto-Bergessio.
Domenico Di Carlo lascia in panchina i giocatori arrivati in settimana (Mesbah e Belfodil) e dispone i suoi col consueto 3-5-2 con Bardi in porta, Ceccherini, l’ex rosanero Leandro Rinaudo (che sostituisce lo squalificato Coda) e Emerson in difesa, Mbaye a destra, Benassi-Luci-Duncan trio di centrocampo, Castellini a sinistra e i guizzanti Paulinho ed Emeghara in attacco. Mbaye e Castellini giocano molto bassi e così il Livorno gioca sostanzialmente con un 5-3-2 che punta sulle ripartenze e la velocità delle punte.
Il primo tempo si chiude sul risultato di 0-0 e a convincere sono più gli amaranto che i padroni di casa. Ciò nonostante si riparte con le stesse formazioni e gli stessi moduli dei primi 45’. Il gol di Emeghara, inevitabilmente, fa suonare simultaneamente allarmi e sveglie. Fuori un nervosissimo Bellusci, convinto del fuorigioco dell’attaccante svizzero, dentro Izco. Non è un cambio soltanto psicologico ma anche e soprattutto tattico: Peruzzi e Biraghi si abbassano e vanno a comporre con Rolin e Spolli la difesa a 4, Izco si assesta a metà campo con Lodi e Rinaudo, mentre Barrientos e Leto agiscono sulle fasce a supporto di Bergessio. Si torna dunque al 4-3-3. Cambio di modulo propedeutico all’ingresso di Castro al posto del deludente Leto al 59’, che costituisce il preludio al pareggio rossazzurro di Bergessio.
Maran vuole vincerla e al 68’ manda in campo Almiron per Rinaudo, contestualmente Di Carlo opera il primo cambio, costretto dall’infortunio di Ceccherini: dentro il pari ruolo Valentini, difensore argentino.
Dopo l’incredibile girandola di reti ed emozioni che al 77’ porta il risultato sul 2-3 a favore degli ospiti, Di Carlo punta sul fattore ripartenze inserendo il fresco Belfodil per Emeghara, e a dieci minuti dalla fine inserisce l’ex capitano etneo Biagianti al posto di Paulinho: 5-4-1 e indietro tutta. Forse un po’ troppo indietro e il Catania in extremis acciuffa il pari con Almiron.

Cosa va: la squadra non molla fino alla fine, e per la prima volta buca la rete per tre volte.
Di questa pazza partita per deboli di cuore, sopra ogni cosa va elogiato un aspetto che a dir la verità non ha quasi mai accompagnato le partite del Catania in questa stagione nei casi in cui l’avversario è riuscito a portarsi in vantaggio. Altre volte la squadra ha tirato i remi in barca. Oggi, nella sfida da dentro o fuori, in un ambiente a dir poco polemico e rovente, di fronte al vantaggio avversario materializzatosi per ben tre volte e di fronte ad un arbitraggio piuttosto scocciante, i ragazzi non hanno mollato. E più con la grinta e col cuore, che con la testa e la tattica, sono riusciti a portare a casa un punto che, se alla vigilia qualcuno poteva ritenere equivalente a un “de profundis”, dopo i risultati delle dirette concorrenti si trasforma in un risultato positivo (quantomeno se paragonato allo scenario che si sarebbe aperto in caso di sconfitta) e da cui bisogna partire per costruire un’impresa che ha bisogno prima di tutto di continuità.
Il fatto poi che l’abulico attacco si sia oggi risollevato grazie alle 3 reti realizzate per la prima volta in una singola partita da inizio stagione, nell’isterico andamento del match odierno, serve più alle statistiche e ad agguantare il Chievo nella graduatoria dei gol fatti che a evidenziare un’evoluzione positiva. Evoluzione che ha bisogno di immediati riscontri, anche in trasferta.

Cosa non va: sbagliato l’approccio iniziale; nella ripresa troppa isteria.
ATTEGGIAMENTO TATTICO – Col senno del prima e non con quello del poi, i tifosi più attenti e dalla memoria più lunga ricorderanno che il 3-5-2 in questa stagione (limitandoci ad analizzare la gestione Maran) non è stato utilizzato soltanto, con intelligenza ed efficacia, fuori casa contro una squadra di un certo peso come l’Inter: era già stato scelto, in casa, in occasione della quarta giornata di campionato contro il Parma. Anche in quel caso, atteggiamento speculare. Atteggiamento che può aiutarti nelle partite in cui pensi, giustamente, più a difenderti che ad attaccare, ma che si rileva controproducente, come in occasione della stessa gara col Parma, quando, di fronte al tuo pubblico, il gioco devi (o dovresti) condurlo tu. A maggior ragione quando devi giocare “la partita della vita” contro un avversario dalle qualità tecniche scadenti (attacco a parte) e che ti precede in classifica di due punti. Maran, che a Milano ha azzeccato la mossa giusta, forse per timore di spostare degli equilibri che avevano portato fiducia e risultati oggi ha decisamente sbagliato l’approccio alla partita. Il Livorno giocava schiacciato dietro, e col centrocampo robusto gestiva bene il palleggio, riuscendo già nel primo tempo a lanciare con efficacia Paulinho ed Emeghara. Quindi non solo i rossazzurri non trovavano spazi se non sulle fasce (dove Peruzzi e Biraghi giocoforza partivano da dietro) ma non riuscivano neanche a garantire quella difesa ermetica dell’area di rigore che li aveva contraddistinti contro l’Inter. Già nell’intervallo probabilmente andava corretto l’assetto tattico col ritorno al 4-3-3. Ciò che è successo dopo, sull’orlo di una crisi di nervi che ha coinvolto lo stesso Maran e il presidente, rientrati anzitempo negli spogliatoi, come detto prima è più una questione di nervi che di schemi (totalmente saltati).
ATTEGGIAMENTO PSICOLOGICO – Ultimo posto in classifica. Feeling tra pubblico e squadra/società in crisi. Partita da dentro o fuori caratterizzata da ribaltoni e da un arbitraggio irritante. E’ fisiologico che saltino i nervi. Eppure ciò non dovrebbe accadere e complica ulteriormente un’impresa di per sé non facile. Sul risultato di 0-1 Bellusci ha rischiato di farsi buttare fuori per le reiterate proteste relative al gol di Emeghara. Il fatto che tale gol si sia poi rivelato regolare è irrilevante. Anche se fosse stato fuorigioco, non ci si può permettere di lasciare in 10 i compagni a quaranta minuti dalla fine. Mantenere lucidità e razionalità è d’obbligo. Nell’isteria collettiva seguente riscontriamo poi un Catania che ha il merito di pareggiare e volere la vittoria a tutti i costi, ma il limite, determinato da tale atteggiamento psicologico ormai schizofrenico, di lasciare ampie praterie agli avversari. Che puntualmente approfittano dei buchi della difesa per conquistare il rigore e per realizzare poi il gol del 2-3. Se anche il rigore fosse inesistente, è comunque più grave la disattenzione di chi ha lasciato andare Emeghara indisturbato verso Frison.

Migliori in campo: Izco e Emeghara.
Pochi rossazzurri oggi meritano la sufficienza: Bergessio e Barrientos, al di là del gol, non hanno convinto a pieno, Lodi continua ad essere il punto di riferimento, Biraghi ha spinto con continuità sulla fascia e Castro, da subentrato, si è riproposto su buoni livelli, come lo stesso Almiron. Il premio di giornata va però al giocatore che meglio tutti rappresenta lo spirito combattivo del Catania odierno: il capitano Mariano Izco. E’ lui che va a riconquistare un pallone che sembrava perduto ed effettua il cross da cui scaturirà il pareggio di Almiron. In partite e in momenti come questi il Catania ha bisogno di una spinta psicologica ed oggi Izco ha dimostrato di poterla dare.
Complessivamente positiva la prova del Livorno di Di Carlo. Bardi, a dispetto dei tre gol subiti, toglie più volte le ragnatele dai pali; Benassi e Duncan, coadiuvati con razionalità da Luci, dettano i tempi e si inseriscono con efficacia; Emerson si improvvisa addirittura contropiedista efficace; Paulinho si conferma prezioso punto di riferimento in avanti. Ma è chiaro che la partita la spacca Innocent Emeghara. E’ lui che di rapina realizza due gol e si conquista pure con furbizia un rigore puntando sulla propria impressionante rapidità.

Peggiori in campo: Spolli e Mbaye.
Ancora una prestazione negativa per Nicolas Spolli, quest’oggi in concorso di colpa con il portiere Alberto Frison. Se il n°1 etneo, come in occasione della gara con la Fiorentina, non è perfetto sulle respinte, e in pratica consegna il pallone all’attaccante di turno (allora era Matri, oggi Emeghara), il n°3 è il difensore che si fa puntualmente sfuggire la punta avversaria. Piuttosto deludente, ancora una volta, anche Sebastian Leto.
Nel Livorno, positivo dal centrocampo in su, da rivedere nettamente la difesa. Valentini e Rinaudo non paiono attentissimi in occasione dei gol di Bergessio ed Almiron, che tuttavia vengono realizzati entrambi in una zona in cui competerebbe al laterale destro Ibrahima Mbaye chiudere mediante una diagonale difensiva. Dove sia finito l’esterno senegalese in tali occasioni, per fortuna del Catania, non è dato saperlo. Anche l’altro laterale, Paolo Castellini, ha sofferto parecchio l’arrembaggio finale degli etnei.