Catania-Benevento 1-3: Meglio cambiare, no?

Calil meriterebbe ben altro supporto.

Calil meriterebbe ben altro supporto. 

Etnei ancora una volta in difficoltà al cospetto di un avversario "quotato". Improcrastinabili i necessari cambiamenti tattici.

Vittorie solo contro squadre dall’ottavo posto in giù
Prima sconfitta casalinga in campionato per il Catania di Pippo Pancaro, nettamente dominato da una compagine, il Benevento di Auteri, che si candida autorevolmente a recitare un ruolo da protagonista nel Girone C della Lega Pro 2015/16. L’occasione di tirarsi fuori dalla zona playout viene dunque ampiamente sprecata dai rossazzurri, condannati adesso a vincere gli scontri salvezza contro Melfi e Paganese per evitare che l’incubo del terzo campionato consecutivo in zona retrocessione possa concretamente realizzarsi. Dando uno sguardo alla classifica attuale, si evince come al Catania manchi una buona dose di personalità: non si giustifica altrimenti il fatto che i ragazzi di Pancaro siano riusciti a conquistare i tre punti soltanto contro avversarie che in graduatoria non vadano oltre l’ottava piazza (Monopoli). In attesa di incontrare l’Andria, contro le prime sei della classe (Casertana, Benevento, Lecce, Foggia, Messina e Cosenza) solo sconfitte o pareggi. Segno che a questa squadra manca quell’identità tattica ben precisa che invece contraddistingue indubbiamente squadre come quella di Auteri, o come la Casertana e il Foggia. Identità che fa la differenza ben più di quanto non lo facciano i punti tolti dalla federazione per illecito sportivo ed amministrativo.

L’organico c’è, ma andrebbe valorizzato meglio dal tecnico
La squadra consegnata dalla “triade” Bonanno-Pitino-Ferrigno a Pancaro è piena zeppi di elementi quotati per la Lega Pro. Gente come Ferrario e Musacci ha alla spalle esperienze in Serie A. Altri, come Bergamelli, Falcone e Calil, hanno giocato parecchio in Serie B. Altri ancora, come Russotto, Castiglia e Pelagatti, sono reduci da campionati di alta classifica in Lega Pro, se non addirittura conclusi con la promozione in B. Segno che quest’organico ha uno spessore superiore alla media di più della metà delle squadre che militano nel Girone C. E così si spiegano le vittorie, talvolta nette, talaltra sofferte, contro compagini come Catanzaro e Lupa Castelli Romani. Ma se a questi giocatori non si cuce addosso un sistema gioco che funziona, la prima squadra mediamente organizzata e con una buona qualità mette in crisi gli imperfetti automatismi dell’11 in maglia rossazzurra. E’ evidente, in tal senso, che Pancaro ci abbia messo del suo, insistendo ostinatamente col 4-3-3, pur non avendo a disposizione chi garantiva l’equilibrio a centrocampo (Castiglia) o creava la superiorità numerica sulla trequarti (Falcone, Russotto). Adesso vi è anche l’aggravante costituita dal fatto che diversi giocatori che hanno “tirato la carretta” a inizio campionato (su tutti Bergamelli e Agazzi, se osserviamo il match odierno) cominciano a tirare un po’ il fiato. Ragion per cui urgono correttivi, non solo per quanto riguarda le scelte tecniche (una su tutte, quella della convivenza del duo Musacci-Agazzi a centrocampo sembra ormai discutibilissima) ma soprattutto per quanto concerne i correttivi tattici. Se gli esterni non sono attualmente in grado di coprire bene il campo e orchestrare pericolose ripartenze, tanto vale rinunciare al tridente e provare un abbottonato 4-4-2, con un giocatore più vicino a Calil che possa valorizzare adeguatamente il grande lavoro dell’attaccante brasiliano. E’ solo una delle mille provocazioni tattiche che potrebbero essere lanciate, in questo momento. Il Benevento, che di certo non ha tra le proprie fila Socrates e Burruchaga, è passato indifferentemente dalla difesa a 3 alla linea a 4 nell’arco di 90 minuti, per giunta in sua situazione di inferiorità numerica. Solo una piccola dimostrazione del fatto che sì, cambiare si può!

Difesa, centrocampo, attacco: contro il Benevento disastro su tutta la linea
Dovendo analizzare l’andamento della partita, la chiave di lettura della supremazia del Benevento sta tutta nella grave difficoltà del centrocampo rossazzurro. Il trio Scarsella-Musacci-Agazzi ha palesato enormi problemi sia in fase di interdizione (Ciciretti e Mazzeo galleggiavano tra le linee che era un piacere) che in fase di gestione del pallone, non aiutati da un supporto inadeguato degli esterni che facevano pochissimo movimento. La mobilità degli attaccanti di Auteri ha poi messo in crisi anche il reparto difensivo, in particolar modo la catena di sinistra presidiata da Bergamelli e Nunzella, catena dalla quale sono scaturiti i primi due gol degli ospiti. A ciò si aggiunge poi il fatto che, contrariamente al solito, il Catania non è riuscito a costruire quelle due-tre nitide palle gol che in genere ha sempre creato anche nelle sfide più ostiche (come quelle contro Messina e Foggia). Colpa della giornata no di Calderini e del rientrante Russotto, nonché di un Mattia Rossetti non ancora in grado di contribuire alla causa nonostante le qualità non gli manchino.

Melfi, partita da non sbagliare per evitare isterismi di sorta
E’ prematuro cominciare a parlare di “ultima spiaggia” ma una cosa è certa: stante la robusta penalizzazione, il Catania non può permettersi di sbagliare le sfide-salvezza. Cosa che finora non ha fatto, ma la prestazione non certo scintillante di Rieti contro la Lupa Castelli Romani deve mettere in guardia: non c’è nulla di scontato, nessuna squadra in questa categoria è in vena di regali, nonostante si avvicini Natale. Il Melfi non fa eccezione ed anzi è una squadra che nella sua modestia è decisamente più quadrata e compatta rispetto a quella laziale. E’ assolutamente d’obbligo evitare di trasformare una stagione complicata, ma recuperabile (sotto il profilo della conquista di una posizione “tranquilla), nella terza stagione isterica consecutiva. La palla passa al tecnico ed anche ai giocatori, oggi beccati dal pubblico di casa: serve una reazione, non ci si può permettere di logorare ulteriormente un ambiente che avrebbe più che mai bisogno di compattarsi.