Avellino-Catania 1-0: Tabù trasferta da esorcizzare

Seba Leto, in queste condizioni un uomo regalato agli avversari.

Seba Leto, in queste condizioni un uomo regalato agli avversari. 

Migliora la tenuta del match rispetto alle precedenti trasferte, ma per pensare in grande occorre sbloccarsi.

All’indomani della sconfitta di La Spezia s’era detto da più parti che, col recupero di Rinaudo e qualche altro giocatore, e con l’opportunità concessa dal calendario di giocare in casa per due volte in tre giorni, avremmo potuto sperare nella riscossa di una squadra ormai naufragata all’ultimo posto in cadetteria. In particolare, il presidente Pulvirenti aveva pregato tifosi e ambiente di stare vicini alla squadra perché riteneva che potesse arrivare la svolta che tanti aspettavano. Cosa che è puntualmente avvenuta con 6 punti e netti progressi sotto il profilo del gioco. La trasferta odierna rappresentava dunque l’ultimo e più importante esame per verificare lo stato di recupero di una formazione “malata” fino a 10 giorni fa, giacché fuori casa i rossazzurri avevano raccolto la miseria di 1 punto in cinque partite.

Andamento esterno da retrocessione che pregiudica la rincorsa all’obiettivo
La risposta definitiva purtroppo non è arrivata, anche se l’ennesima sconfitta lontano dal “Massimino” va analizzata e giudicata con attenzione e obiettività. Soffermandoci sul solo risultato è chiaro che l’ennesimo stop esterno suona come un campanello d’allarme per una squadra che ha come obiettivo il ritorno in massima serie. Sempre che si riesca a dare continuità ai risultati e alle prestazioni casalinghe, se poi fuori casa si tiene una media da retrocessione a fine stagione si potrà sperare tutt’al più in un anonimo piazzamento da metà classifica. Serve una svolta, una svolta “vera”, che possiamo riassumere nel termine “costanza”. Anche un solo punto oggi sarebbe valso molto. Avrebbe mosso, seppur di poco, la classifica; avrebbe interrotto la striscia negativa esterna; avrebbe permesso di guardare e pensare al prossimo match interno con un filo di serenità che adesso invece mancherà perché per proseguire il progetto di risalita, dinnanzi a queste difficoltà in trasferta, i rossazzurri sono obbligati a fare bottino pieno tra le mura amiche, rischiando così di cadere in eccessi e nervosismi già evidenziati nei primi due mesi di campionato.

L’inferiorità in termini di cattiveria agonistica incide in negativo
Ma è atto dovuto guardare anche l’altra faccia della medaglia: per la prima volta da Crotone a questa parte, il Catania non ha giocato da vittima sacrificale; probabilmente è stato meno pericoloso che in altri match, ma contrariamente al solito non ha gettato la spugna e non è crollato dopo il gol subito, anzi, ha tenuto aperto l’incontro sino alla fine e non è caduto nelle solite imbarcate. Per quel che si è visto in campo fino al fischio finale di Aureliano, tra possesso palla e occasioni avute, non si può dire che la vittoria degli irpini sia sacrosanta, e un pareggio probabilmente sarebbe stato più giusto. La sottile differenza tra lupi ed elefanti, a parere di chi scrive, più che nel rigore assegnato a Castaldo sta nelle differenti caratteristiche dei giocatori a disposizione di Rastelli e Sannino. La squadra etnea ha un organico decisamente superiore sotto il profilo tecnico: Koné e Arini, i giocatori dalle miglior credenziali della mediana irpina, si sono limitati al compitino e non hanno inciso in fase di costruzione. Ma la squadra di Rastelli vanta ciò che in media le squadre “di categoria” mostrano di partita in partita e che probabilmente non è nel dna del Catania costruito da Pablo Cosentino: la mentalità battagliera, un gioco che punta più sulla spada che sul fioretto, più sulla grinta e sulla concretezza che sulle finezze. Al “Massimino”, di fronte ad avversarie che giocano prevalentemente di rimessa, i rossazzurri possono permettersi di orchestrare senza grossi sforzi in fase di interdizione. Ma fuori casa la musica cambia radicalmente. Gli avversari sembrano avere sempre un passo superiore, e su questo aspetto Sannino insieme allo staff atletico dovrà lavorare parecchio. E magari fare scelte diverse. Quella di Leto ad esempio si è rivelata errata. L’argentino si è dato da fare molto di più rispetto al solito, ma non riesce minimamente a reggere l’impatto in termini di irruenza e rapidità con gli avversari. In partite come questa giocate su ripetuti contrasti, ribattute, anticipi, schierarlo significa regalare la superiorità numerica agli avversari. Ci potrebbe stare se il giocatore riuscisse a risolvere poi il match con un guizzo, cosa che puntualmente non avviene. In generale, poi, ha certamente inciso la stanchezza di elementi determinanti come Martinho e Calaiò, stremati dall’impegno profuso per tre partite di seguito nello spazio di sette giorni.

Torna obbligatorio vincere in casa, aspettando il derby…
Adesso si torna alla “normalità”: la prossima partita si giocherà tra una settimana al “Massimino” contro un non irresistibile Varese, e se la squadra confermerà i progressi recenti i tre punti, giova ribadire, saranno obbligati, anche per preparare al meglio la prossima trasferta, forse la più attesa della stagione: il “derby dell’amicizia” con il Trapani, che al momento veleggia al secondo posto. Affinando ulteriormente il 4-4-2 e, magari, recuperando Rosina, ci si augura che gli etnei possano completare il percorso di guarigione intrapreso e che il passo falso odierno rappresenti soltanto un fisiologico rigurgito.