Michele Zeoli, quando una bandiera ritorna in trincea...

Michele Zeoli, da Zorro ad arciere

Michele Zeoli, da Zorro ad arciere 

Quando una bandiera indossa nuovamente l’armatura corre il rischio di ammaccarla, di sporcarla anche vanamente...

“Una squadra forte, in salute, fa il secondo gol. Noi, in questo momento, non lo siamo. Bisogna essere realisti. Dobbiamo lavorare e fare punti”.

Musica e parole di Michele Zeoli, tecnico del Catania. In questo scatto del nostro Nino Russo, realizzato nel corso della gara di venerdì scorso con l’Audace Cerignola, Zeoli sembra agitare un’immaginaria bacchetta, provando a trasmettere ai suoi musicisti l’andamento di uno spartito che tutti conoscono a memoria. La libera interpretazione è un dono meraviglioso, ma in questa foto, di direttori d’orchestra e musicisti, non se ne vedono neanche l’ombra.

La guardo con maggior attenzione, la postura non può ingannare. Ha il braccio destro teso, mentre il sinistro è piegato, in trazione. Ci sono: sta tendendo un arco, Michele Zeoli è un arciere. Sì, questa potrebbe essere l’interpretazione giusta, anche perché nel giorno della sua (ri)presentazione alla guida del Catania l’ad Vincenzo Grella l’ha definito “un soldato”.

Un soldato è buono per ogni stagione. È sempre pronto a mettersi l’elmetto quando viene chiamato in causa per la causa. Questo, sono i soldati. Ma Zeoli non è un soldato semplice, un fante da mandare allo sbaraglio. È una bandiera, uno con cento presenze in quattro anni di rossazzurro. È uno di quelli che ha conquistato la B sul campo, nella bolgia di Taranto. È uno che conosce la piazza di Catania, pregi e difetti, storia e presente. Non chiede nulla, perché sa che non puoi chiedere altro a quindicimila abbonati in Serie C, delusi da una stagione balorda ben lontana dai proclami iniziali. Ha tutto da perdere, Zeoli. Perché quando una bandiera indossa nuovamente l’armatura corre il rischio di ammaccarla, di sporcarla anche vanamente, generando nuovi capitoli meno gloriosi dei precedenti. Un po’ quanto sta accadendo ad Eugenio Corini, capitano e bandiera del Palermo di Zamparini, attuale allenatore rosanero mal sopportato da parte dalla piazza palermitana da due stagioni. Questo è il rischio più grande.

Zeoli ha il volto scavato, lo sguardo concentrato sull’obiettivo, come quella freccia immaginaria che mira lontano. L’obiettivo, ma qual è l’obiettivo? Dare identità, tranquillità e normalità a questa squadra. Potenza e Cerignola hanno tracciato un primissimo profilo: 4-3-3 basico, cambio su cambio, ruolo su ruolo, senza stravolgimenti in corsa. Non corre il suo Catania, non può farlo. È in trincea, a leccarsi le ferite e creare nuovi bastioni. Non corre, perché sa che, in questo momento, cadrebbe dopo pochi metri. È tempo di burrasca, di essere brutti, sporchi ed essenziali, di mettere toppe e rimediare a errori altrui. È tempo di salvare baracca e burattini e quella bandiera che non vuole sgualcire, neanche di un filo.