Michele Zeoli: 'Catania ama chi lotta'

Michele Zeoli, il primo in piedi sulla destra

Michele Zeoli, il primo in piedi sulla destra 

In vista di Catania-Lazio riecco l'indimenticabile guerriero Michele 'Zorro' Zeoli, insolito doppio ex. Intervista a cuore aperto in esclusiva per CalcioCatania.Com

Guerriero Rossazzurro
Ci sono calciatori che lasciano il tempo che trovano: futili comparse che vengono ricordati solo dagli almanacchi ingialliti ed impolverati. Ce ne sono altri, invece, che entrano nella stretta cerchia degli indimenticabili. Giocatori capace di dare tutto in campo a difesa di una maglia amata e sudata come se fosse una seconda pelle. Uno di questi è Michele Zeoli detto ‘Zorro’: difensore combattivo, umile, grintoso e vero professionista. Calciatore esemplare in rossazzurro per quattro stagioni (dal 2000 al 2004) con centosette presenze e cinque reti tra serie C1 e B. Nonostante i natali romani Michele Zeoli è uno di quei tanti calciatori innamorati del rossazzurro e del Catania. Trovato in un polveroso campetto di periferia (Sant’Agata Li Battiati) ad allenare una formazione di allievi regionali (Fc Trinacria, società appartenente a Davide Baiocco e Andrea Sottil, altri catanesi ‘adottivi’) con l’inconfondibile accento romanesco misto ad una carica e grinta tutta catanese. Ecco Michele Zeoli, protagonista rossazzurro d’inizio millennio, oggi avviato alla carriera da allenatore. Partendo sempre dal basso, con umiltà ed onore: “Non smetterò mai di ringraziare Davide Baiocco per l’opportunità che mi ha dato – ha esclamato Michele Zeoli - anche se non abbiamo mai giocato insieme nella stessa squadra, lui ha pensato a me, permettendomi di iniziare ad allenare. E poco importa se alleno in un campo in terra. Anzi, è meglio così. Perché è questo il vero calcio”.

Calcisticamente sei cresciuto nelle giovanili della Lazio per poi esplodere in rossazzurro e proprio domenica al “Massimino” arrivano i biancocelesti. Come giudichi il campionato di entrambe le formazioni e soprattutto che partita sarà?
“Il Catania viaggia sulle ali dell’entusiasmo e quando sei in uno stato simile ti riesce tutto. E’ una squadra tranquilla, serena e consapevole dei propri mezzi. Battere la Fiorentina, pur non essendo nella giornata migliore, è un segnale positivo anche per il prosieguo del campionato. La Lazio, invece, veniva da un periodo strepitoso, culminato dalla vittoria contro la Roma. La sconfitta interna col Bologna è stata determinata dagli episodi e da una sorta di rilassamento post-derby. A Roma questa partita vale quanto un intero campionato. Sono dell’idea che in una partita di calcio gli episodi sono fondamentali: un’espulsione, un palo, un gol sbagliato determinano i risultati in attimo. Da tifoso, ovviamente, confido in una vittoria del Catania”.

Lazio vuol dire anche Edy Reja, uno dei tuoi allenatori in rossazzurro…
“Edy Reja è il classico allenatore vecchio stampo. È una persona che cura molto i rapporti umani soprattutto all’interno dello spogliatoio. La sua brevissima esperienza catanese (due mesi scarsi, ndr) non è stata delle migliori. Sinceramente, sono rimasto piacevolmente sorpreso dai risultati da lui ottenuti sulle panchine di Napoli e Lazio”.

Come ricordi i tuoi anni da giocatore del Catania?
“Con molta nostalgia. A casa custodisco gelosamente i dvd delle partite di quelle stagioni. Sono stati anni bellissimi ma, allo stesso tempo, abbastanza sofferti e pieni di tensione per i risultati che arrivavano con difficoltà, vedi l’agognata promozione in Serie B e la tribolata prima annata in cadetteria con continui cambi in panchina”.

Il primo anno, il 2000/2001, è stato l’anno della grande rimonta culminata, però, con la delusione di Messina
“Quello è stato un gruppo indimenticabile. Mister Vincenzo Guerini, il mio ‘Padre Calcistico’, riuscì a creare un gruppo incredibile e molto unito. Dopo un girone d’andata altalenate disputammo una seconda parte di stagione alla grande, conquistando ben 37 punti nel solo girone di ritorno. Addirittura, a tre giornate dalla fine, eravamo ancora in gioco matematicamente per il primo posto. Nei play off fu dura. Ad Avellino trovammo un caldo asfissiante ed un avversario in forma. Sotto di un gol (Mascara, ndr) dopo un quarto d’ora capimmo che non eravamo in giornata e puntammo a limitare i danni in attesa della gara di ritorno. A Catania vincemmo nettamente per 2 a 0 e arrivammo in finale contro il Messina. Contro i giallorossi ci fu fatale un errore di Muntasser a cinque minuti dalla fine. Al “Celeste”, in un clima surreale dovuto alla tragica morte di un tifoso messinese (Tonino Currò, ndr), non riuscimmo a ribaltare il risultato e, tra le lacrime, sfumò così la nostra straordinaria cavalcata” .

Dopo la grande delusione Messina ecco la grande gioia di Taranto, ma sempre soffrendo…
“Nel corso delle semifinali i Gaucci rimasero ammaliati dal gioco spumeggiante dell’Avellino di Ammazzalorso e così decisero di puntare su di lui. Sinceramente credo che bisognava confermare mister Guerini e quel gruppo straordinario, magari rinforzarlo con qualche puntello di valore. Invece, arrivò il tecnico argentino che emarginò i ‘senatori’ come me, Baronchelli e Cicconi. L’inizio fu difficile ma poi arrivò Pietro Vierchowod e rimise le cose al loro posto. Sotto la sua guida, incentrata sull’ordine e la disciplina, trovammo un andamento regolare e la miglior difesa. A causa di un’incomprensione con la dirigenza lo ‘Zar’ venne esonerato proprio quasi alla fine della stagione regolare, con la squadra al terzo posto”.

Via Vierchowod, dentro la coppia Graziani-Pellegrino
“Ciccio (Graziani) è ancora convinto che a Taranto giocammo col 3-5-2 (sorride ironicamente, ndr) ma, in realtà, la notte prima della finale di ritorno mister Pellegrino, il vero tattico, ci svelò la posizione ‘ambigua’ di Claudio Bonomi, posto sull’esterno come quarto di difesa. Ciccio non lo sa, ma quel giorno giocammo con quattro difensori”.

Finalmente la promozione
“La promozione in serie B, ottenuta nell’ “inferno” di Taranto, è stata un’autentica liberazione: in tutti i sensi. Alla fine dell’incontro dello “Jacovone” tutta la squadra era stanchissima a causa dello stress accumulato in precedenza. Una gioia grandissima dopo tanta fatica, soprattutto a livello mentale”.

Nel corso della tua carriera hai avuto tantissimi allenatori: chi è il tecnico che ti ha dato di più?
“Da tutti ho preso qualcosa: sia nel bene che nel male, anche la cosiddetta ‘frase fatta’ che nel mondo del calcio serve sempre. Con mister Colantuono, nonostante un rapporto professionale poco felice, ho carpito dettagli importanti, utili per intraprendere una carriera da allenatore”.

Che tipo di mister è Michele Zeoli?
“Nel calcio così come nella vita, del resto, la cultura del lavoro è fondamentale. Ho una fame di calcio impressionante. Il voler allenare è un qualcosa che mi brucia ardentemente all’interno del mio corpo. Come se fosse un fuoco, una vocazione. Quando appendi le scarpette al chiodo, però, non tutti si ricordano di te e per allenare serve addirittura lo ‘sponsor’. Io vengo dal popolo e voglio crescere partendo anche dal basso. Mi piacerebbe allenare anche una formazione di Eccellenza, non è un problema questo. Ho preso questi ragazzi che prendevano 6 gol a partita. Adesso dopo un duro lavoro la situazione è migliorata notevolmente. Addirittura la gente che ci ha visto giocare all’andata ci domanda se abbiamo cambiato l’intera squadra. Io rispondo che siamo sempre gli stessi provocando in loro uno stupore evidente. Questa per me è la più grande soddisfazione. Il lavoro paga sempre. Sempre!”

Ormai sei un catanese a tutti gli effetti. Qual è l’aspetto che più ti piace della nostra città?
“La spensieratezza e la spontaneità della gente. Quel vivere alla giornata, quella battuta sempre pronta che per un tipo ‘preciso’ come me erano concetti assai lontani. Con la gente di Catania ho stabilito un rapporto splendido, particolare e sincero. Ancora oggi quando la gente mi incontra per strada mi saluta con gioia. Forse perché si identifica in me. Perché anch’io sono quel figlio del popolo che combatte in silenzio ed emerge con fatica. Quando sono venuto a Catania ero un po’ preoccupato. Venivo da Giulianova e confrontarmi con una realtà come quella etnea, piena di ardore, passione ed aspettative, era una bella scommessa. Anche il ‘navigato’Roberto Breda, per esempio, aveva ‘paura’ di scendere in campo proprio per questo. Il pubblico di Catania dà tanto e, alla fine, vuole semplicemente una cosa: giocatori che in campo danno l’anima per la maglia. Anche se poi non sei tecnicamente eccelso, l’importante è la fatica e l’impegno che metti al servizio di quei colori”. Proprio così Michele Zeoli, Guerriero rossazzurro di mille battaglie. Catania ti ha amato e ti ama proprio per questo.