Meli amaru

Luca Tabbiani, 8 punti in 7 gare...

Luca Tabbiani, 8 punti in 7 gare... 

Max Licari sulla sconfitta del "Menti". No ad alibi, sì riflessioni serie e convinte. Prestazione insufficiente.

Risultati non all'altezza
Otto punti in sette partite, cinque nelle ultime cinque, un andamento da zona playout. Come sempre, è necessario partire dai dati di fatto per cercare di abbozzare un'analisi quanto più onesta in merito al rendimento di una squadra, dalle prestazioni dei giocatori all'operato dello staff tecnico. Ebbene, i risultati, finora, danno oggettivamente torto a Tabbiani e ai suoi uomini. Pertanto, trattandosi di Catania in Serie C, si impone una seria riflessione alla società che ha fortemente (e legittimamente) voluto strutturare un progetto similare, imperniato su una forte scommessa, l'allenatore, cui comunque affidare un organico di importante livello per la categoria. Il Catania, pur con una gara da recuperare, si ritrova nella parte destra della classifica, ha un punto in meno del Messina con le medesime gare giocate e ha già perso tre partite, segna poco e, soprattutto, continua a fornire impressione di una certa sterilità negli ultimi trenta metri.

No all'errore di appellarsi a sfortuna o arbitraggi sfavorevoli
Se, in questo momento, forse il primo di reale "crisi" dell'era Pelligra, facessimo l'errore di derubricare queste sconfitte alla voce "sfortuna" o "arbitro" faremmo il nostro stesso male. È vero, il gol con cui la cinica Juve Stabia di Pagliuca ha portato a casa tre punti e primato in classifica è viziato da un clamoroso fuorigioco di un metro (ci dispiace dirlo, ma la collaboratrice di linea del signor Caldera di Como non appare adeguata alla categoria). È altrettanto vero che, ancora una volta, si becca gol al primo (e quasi unico) tiro della compagine sfidante. È, infine, indubitabile come Chiricò e Dubickas abbiano sfiorato incredibilmente il pareggio, negato da due grandi interventi di Thiam, e il punticino si sarebbe anche potuto raccogliere nel concitato finale. Ma pensare che si tratti solo di destino cinico e baro oppure appellarsi a fantascientifici complotti plutocratici ai danni del Liotru sarebbe l'inizio della fine, sarebbe come nascondere la testa sotto la sabbia e condannarsi alla fine precoce di un percorso già non cominciato benissimo in questo specifico torneo.

Interrogativi leciti e legittimi
Contro un avversario corto, tosto e atleticamente preparato sarebbe servito un Catania tonico e ficcante. Non è stato così. Se questa doveva costituire la gara della svolta per consolidare il lavoro del criticato allenatore, ebbene, la risposta di Curado e soci non si può dire si sia rivelata "convincente". E proprio su questo Grella e Laneri dovranno indagare con dovizia di strumenti, in specie psicologici. Non sembra, infatti, prestazione di squadra che, a tutti i costi, voglia "blindare" la propria guida. Magari ci sbaglieremo, per carità, ma ci saremmo attesi ben altro. Le critiche, anche aspre, da parte degli innamorati del Rossazzurro appaiono sacrosante, devono essere accettate e prese in considerazione. Se si vuole continuare su questo progetto tecnico, la fiducia non potrà essere concessa "a tempo", altrimenti sarebbe più giusto mutare rotta subito. Dovrà essere convinta e fondata su un'analisi obiettiva e scevra da condizionamenti personali. Il bene del Catania viene prima dell'orgoglio, pur naturale, di chiunque.

Indietro atleticamente e bloccati tatticamente
Tuttavia, l'impressione meno "bella" che questo Catania desta pure agli occhi dell'osservatore meno attento è quella di essere sempre meno tonico dell'avversario di turno. La Juve Stabia, pur applicando un gioco piuttosto "basico", da Serie C, ha dato sempre l'idea di essere più pimpante, più aggressiva, più pronta sulle seconde palle. E non è la prima volta che accade. Anzi, è quasi sempre accaduto durante questo primo scorcio di campionato. Inoltre, altro dato visibile a occhio nudo e, purtroppo, ricorrente è la difficoltà ad aggredire con efficacia gli ultimi trenta metri. Ormai, tutti gli avversari adottano la stessa tattica: raccolti dietro la linea della palla, triplice marcatura su Chiricò (unica "luce" creativa dei rossazzurri) e ripartenze veloci dietro le linee di centrocampo del Catania, talora scoperte. In buona sostanza, "brutti", "sporchi" e "assassini" contro un team nelle intenzioni arrembante ma fragile quando "preso in castagna". E questo è un segnale (più di un segnale, in verità) preoccupante e, ci pare, il principale appunto fin qui rivolto a un Tabbiani che, da uomo, si è assunto tutte le responsabilità del caso nelle interviste di fine partita. E trattasi di rimostranze rivolte correttamente...

Questa volta, Tabbiani tenta qualcosa di diverso, ma...
Se proprio si vuole trarre un dato positivo da questa dolorosa sconfitta del "Menti" è l'aver constatato come il Catania, nella ripresa, abbia tentato di cambiare pelle. Tabbiani non si è mostrato integralista, passando dal 4-3-3 di prammatica a un 3-4-1-2 e poi a una sorta 3-2-4 (in 10) con tutte le punte centrali in campo, sfiorando anche il pari in inferiorità numerica, a seguito dell'espulsione di un appannato Silvestri. Ma la domanda sorge spontanea: duttilità o disperazione? A noi è sembrato una sorta di comprensibile "all-in" alla ricerca affannosa di un gol salvatutto. Ma, anche in questo caso, tali mosse si sono arenate nella chiara difficoltà del Catania ad andare in rete. Sette segnature, di cui quattro in un solo match, e tutte appannaggio di due soli giocatori. Uno score insufficiente. Anche la scelta iniziale di puntare sull'ancora imballato Zanellato, centrocampista di talento ma indubbiamente assai indietro in fatto di condizione, è sembrata azzardata, ferma restando l'indisponibilità di Rocca. L'ex Spal ha mostrato tocchi sopraffini e, addirittura,  ha sfiorato la rete con un tiro deviato dal limite dell'area, tuttavia non poteva fornire adeguata presenza fisica, cosa fondamentale in questi campi e contro squadre di categoria come la Juve Stabia. Non a caso, il solo Quaini, giocatore di "gamba", è riuscito a reggere botta, risultando fra i migliori, insieme a Marsura (limitatamente ai primi 45'). La verità è che i padroni di casa, pur giocando sempre di rimessa, in mediana hanno mostrato maggiore vitalità con il bravissimo regista Leone, un ragazzo "forte forte" di cui sentiremo in futuro parlare tanto, Buglio ed Erradi, supportati dai rientri di Piscopo e Bentivegna. Poi, dopo aver pescato l'irregolare jolly alla prima occasione (31') con il subentrato Meli (infortunio apparentemente serio per Bentivegna), tutti dietro a "mazzolare" e ripartire in contropiede, da perfetta "prammatica" di categoria. Proprio quello che risulta indigesto al Catania che, nella ripresa, malgrado le già citate "alchimie" di Tabbiani (dentro Rizzo, Ladinetti, Castellini e le due punte Sarao e Dubickas, tenute in campo insieme a Di Carmine, a comporre un improbabile "tridente") continua a sbattere contro un muro granitico (le "vespette" rimangono ancora a quota zero gol subiti in casa). Un paio di occasioni vere, come precedentemente accennato, vengono prodotte e il portiere di casa assurge a protagonista, ma troppo poco per una squadra come il Catania. Troppo poco, sinceramente.

Taranto al "Massimino", arrivarci con le idee chiare
In un momento del genere, tenere i nervi saldi risulta fondamentale. E, in primis, deve tenerli la società. Come detto, adesso è necessario prendere una decisione: riconfermare con fermezza l'allenatore oppure assumersi la responsabilità di scelte anche drastiche. Una via di mezzo non servirebbe, perché si perderebbe tempo. Se ci si crede, si proceda con coraggio. In caso contrario, se vi sono dubbi, meglio intervenire subito. Let's go, Liotru, let's go!!!