Il tempo è tiranno

Rossazzurri a fine gara

Rossazzurri a fine gara 

Max Licari sul disastro interno al cospetto dell'Avellino. Squadra scombinata e sconnessa, scossa inevitabile.

Giunto il momento in cui la società intervenga pubblicamente con forza e decisione

Purtroppo, appariva scontato. Ed è accaduto in contemporanea nazionale, perché alla solita Sky si è aggiunta la storica diretta di Rai2. "Urbi et orbi", a imperituro detrimento delle coronarie degli innamorati del Liotru sparsi per il mondo. Un Avellino rabberciato e tutt'altro che "monstre" è giunto a Catania, campo tradizionalmente (quasi secolarmente...) ostico, ad accaparrarsi senza colpo ferire i tre punti contro un Catania atleticamente a terra, confusionario e legittimamente contestato dai suoi stessi tifosi. Dispiace dirlo, ma non era questo ciò che ci attendevamo. Non era tutto ciò. In ogni caso, si era parlato di una decina di partite per poter fare un primo bilancio stagionale; ebbene, non si può non disquisire di risultati assai negativi sotto tutti gli aspetti. Squadra sulle gambe, tatticamente scompaginata; giocatori lontani da un minimo di cattiveria agonistica e, in qualche caso, probabilmente non adatti alla piazza, malgrado un curriculum anche discreto; allenatore sfiduciato e praticamente "esonerato" da tutto l'ambiente rossazzurro. Non era necessario questo ulteriore "calvario" per comprendere che si giungesse al primo "capolinea", al primo "punto di non ritorno" dell'avventura pelligriana nella nostra città. Sarebbe stato opportuno intervenire prima, almeno dopo Castellammare di Stabia, si è lasciato per strada tempo utile per l'avvio di un imprescindibile percorso di ripartenza. Adesso, non si può più procrastinare, diviene ineludibile un intervento pubblico, chiaro e deciso, da parte della società, dal presidente Pelligra, presente "a sorpresa" al "Massimino", all'amministratore delegato Grella. Una presa di posizione che spieghi in modo inequivocabile programmi presenti e futuri della società, in campo e fuori. Il tutto partendo da fatti concreti che non possano e debbano  precindere da una "scossa". Quello che si è visto sul terreno di gioco dello storico impianto del quartiere Cibali, davanti a più di 17.000 spettatori, appare ancora più evidente del pur deludentissimo tardo pomeriggio di Teramo. Il rigore calciato debolmente da Chiricò è l'emblema del momento difficile del Catania. Una palla così decisiva per squadra e tecnico, conquistata con fatica (primo rigore stagionale per gli etnei), non si può "trattare" in modo così approssimativo, significa che la "testa" non è "centrata" su un obiettivo comune. L'impressione, purtroppo, è che sia una squadra cui, al netto dei tanti (troppi) infortuni e delle significative assenze, manchi il "noi". E questa è la deficienza nettamente più grave che possa sussistere all'interno di un team di lavoro. La realtà è che 12 punti in 10 partite (di cui 6 in casa), con 9 reti complessive realizzate, è un bottino da playout, impresentabile ai quasi 14.000 abbonati che a inizio stagione, a scatola chiusa, hanno accordato la propria fiducia. La terza sconfitta interna, sommata al disastro di Teramo, non può lasciare indifferenti e impone una doverosa e sollecita risposta. "Ieri" sarebbe già troppo tardi...

Solo Rocca e Bocic si salvano dal naufragio
Il ritorno al 4-3-3 operato da Tabbiani appare scontato, considerate le assenze soprattutto in mediana. Sorprende, tuttavia, l'impiego di Quaini in difesa al posto di Silvestri e del lento Ladinetti nel ruolo di regista (con Rizzo "in castigo" per motivi disciplinari). Gli irpini di Pazienza, accostato in estate al Catania, privi di ben cinque titolari (decimata la difesa, anche in considerazione del precoce infortunio di Benedetti), si schierano con un 3-5-2 robusto al servizio di una coppia di attaccanti, Marconi-Sgarbi, assai mobile e tecnica. I campani, pur imbottiti di centrocampisti fuori ruolo in difesa (Armellino in primis), rimangono sempre ordinati, ben messi in campo e mai rinunciatari. E passano subito al 9' su punizione di Marconi deviata imparabilmente da Mazzotta nella propria porta. Così, diventa quasi impossibile, visto anche il clima di contestazione (striscioni contro Tabbiani e di "stimolo" verso la società), rimettere le cose a posto, sebbene, obiettivamente, almeno nella prima frazione, confusionariamente i ragazzi in maglia rossazzurra ci tentino, in specie con Bocic, migliore dei suoi, prima fallendo un'occasione incredibile con Mazzotta e, poi, come accennato, gettando alle ortiche con Chiricò un netto rigore fischiato al 26' da Frascaro per fallo di Sannipoli sullo stesso serbo. Senza voler gettare la croce addosso al fantasista pugliese, la battuta appare troppo "morbida", facile per Ghidotti neutralizzarla. La partita finisce praticamente lì per i rossazzurri. L'Avellino, senza strafare, gestisce il match, non disdegnando ripartenze pericolose, cogliendo un palo con Mulè al 32' e chiudendo i conti con il subentrato Gori al 70' in contropiede. Nulla da registrare, di contro, nello striminzito tabellino del Catania, in una ripresa sconfortante. Anche le mosse (tardive) di Tabbiani si rivelano inefficaci: Castellini, Lorenzini, i redivivi Chiarella e De Luca, lo stesso Sarao si mostrano quasi inoffensivi. Solo tanta confusione e sconforto, anche per i tifosi. Sinceramente, male quasi tutti gli "anziani" cui si aggrappa Tabbiani, da Rapisarda a Curado, da Mazzotta (sommerso dai fischi all'atto dell'uscita dal campo) a Zammarini. E Chiricò non ha certo rubato l'occhio, al di là del rigore fallito... Male pure i più giovani Quaini, Ladinetti (fischiatissimo) e Dubickas (mai un tiro in porta). I soli a salvarsi: Rocca e Bocic. Troppo poco. Troppo poco, francamente.

Tre giorni per la scossa
Ci rendiamo conto che tre giorni per "lavorare" sulla testa e sulle gambe di una truppa scombinata e sconnessa come quella rossazzurra siano nulla. Ma non si può fare altrimenti, non vi sono alternative. L'errore è stato commesso e bisogna porvi rimedio. A Brindisi, nel recupero di mercoledì pomeriggio, sarà imperativo presentarsi in altra veste, con altra determinazione, con altri presupposti. Il tempo stringe. Let's go, Liotru, let's go!!!