19/07/2017 9:46
di Sergio La Rosa
Sabato 17 giugno 2017, le otto di sera. Mi trovavo ai confini con la Toscana in piena Maremma e, alla fine d’una giornata passata al mare con la famiglia decidevo d’andar a cenare in uno di quei ristoranti tipici dove si mangia bene e dove la “fiorentina” viene glorificata a dovere. Giunti in località Canino in provincia di Viterbo, entriamo “Da Isolina” e immediatamente vengo invitato dal cameriere a scendere giù in cantina. Lì avrei potuto scegliere personalmente il vino e, nello scantinato, fui subito colpito da un particolare. C’erano centinaio di bottiglie ed erano tutte ordinate secondo la regione di provenienza: Umbria, Lazio, Piemonte, etc. Fui preso quasi da un senso di smarrimento, non sapevo proprio il vinello da scegliere. Vedendomi indeciso il cameriere provò ad aiutarmi. «Di dove siete? –ci chiese- Da quale parte d’Italia venite ?» A quel punto, orgogliosamente, rispondo: «Sono siciliano e per l’esattezza catanese ma per motivi lavorativi vivo a Roma». «Sei davvero di Catania ? -mi domanda- Mio fratello ha giocato nel Catania ed è rimasto innamorato di questa città e dei suoi tifosi» Sento un brivido forte, anzi a dirla tutta m’arrizzanu i canni; affermo di essere un malato di Calcio Catania e mi precipito a capire chi fosse il fratello: ero certo di riconoscerlo. Ritornati in sala, lui indica un uomo sulla quarantina dal fisico ancora atletico e gli fa: «Questo è un tifoso del Catania e sicuramente si ricorderà di te». Lo guardo, provo a squadrarlo ma ahimè non lo riconosco subito.
Era Giorgio Biondelli, il nostro centrocampista dai piedi buoni, calciatore funambolico e giocoliere, rigorista infallibile nella stagione di Eccellenza, campionato 1993-’94. Era compagno di squadra di Josè Sparti, Mimmo Rescigno, Fabrizio Gambardella, Alex Binda, Fabio Visca. Giorgio Biondelli è uno di quelli che faceva parte del gruppo dei leoni, quelli che andavano a giocare in campi molto difficili, dove vestire la gloriosa maglia del Catania a volte era perfino imbarazzante.
La serata scorre piacevolmente e Giorgio, tra un impegno e l’altro, passa ripetutamente dal nostro tavolo. È il suo modo gentile di condividere storie, emozioni ed esperienze di quella stagione che purtroppo fu la sua unica in maglia rossazzurra. Per prima cosa, ci racconta che Angelo Massimino era sempre presente e trattava tutti loro come dei figli. Addirittura, appena Giorgio mise piede in città, il presidentissimo gli consegnò le chiavi d’una villetta a Canalicchio che avrebbe abitato insieme a Antonio Belnome, Alex Binda, Mimmo Rescigno e Pantaleo Pomo. Ai quattro calciatori Angelo Massimino consegnò inoltre un’auto per andar in giro e recarsi agli allenamenti. Era un’Alfa 164 nera ma per loro valeva più d’una Ferrari: i quattro ragazzi stavano vivendo una realtà da serie A.
Poi Giorgio ci fa rivivere la sua prima volta al Cibali: i giocatori si scaldavano al Cibalino e si guardavano negli occhi manifestando stupore e tensione. Era il 4 novembre dell’anno 1993 e il Catania doveva giocare contro il Paternò. I nostri calciatori sentivano i nostri tifosi dall’interno dell’impianto di Piazza Spedini: cantavano a squarciagola e tifavano già parecchio tempo prima dell’inizio della partita. A giudicar dal vigore dei canti che udivano sembravano essere in tanti e Giorgio nonostante avesse un po’ d’esperienza (lui proveniva dalla Ternana, campionato di serie B) non aveva mai sentito tutto uno stadio fare così. Nel momento in cui i giocatori si apprestano ad entrare in campo, stazionano nel sottopassaggio della Curva Nord: a quel punto è evidente che là fuori c’è tanta gente. I supporter assiepati tra le tribune erano più di 10.000, un record per un incontro di calcio del torneo regionale di Eccellenza. A Giorgio tremavano le gambe e in quella partita non riuscì a dar il meglio: l’emozione era tanta sentendo la responsabilità addosso.