Approfondimenti

A difesa del Massimino

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18/03/2014 2:16

La fede non si rinnega
Domenica 16 marzo 2014, ore 5 della sera. In ginocchio davanti alla tv assisto inerme alla disfatta del mio Catania, rinnegando la mia fede: “Mai più allo stadio” e “Non si può perdere così, senza lottare!” e “Non si può retrocedere quest’anno, nel campionato tecnicamente più scarso della storia”. Le massime si sprecano, tanto cocente è la delusione. Ennesima “partita della vita” fallita miseramente. Primo tempo alle stelle, secondo tempo sottoterra. Sprofondo rossazzurro nel paludoso terreno della zona retrocessione. Un incubo che diventa realtà. La paura di perdere quel paradiso tanto desiderato, conquistato dopo indicibili sofferenze il 28 maggio 2006, comincia a diventare sempre più reale. Domenica dopo domenica, giornata dopo giornata, illusioni che diventano delusioni. Rabbia, frustrazione e rassegnazione prendono il sopravvento. Su tutto. Si spegne ogni misera luce di speranza, di improbabili rimonte figlie più dei sogni che della realtà. Animo di un tifoso, di un innamorato, che per rabbia rinnegherebbe anche se stesso per poi far marcia indietro soltanto qualche ora più tardi, quando la mente ritorna ad essere più lucida. La fede non si rinnega, mai. Vittorie e sconfitte passano, l’amore per una maglia rimane nel tempo. Ritorna a pulsare la fede e delusione comincia a ridar spazio nuovamente all’illusione: 4 punti dalla zona salvezza a dieci giornate dalla fine. L’ottimismo esasperato dice che il miracolo si può fare. Inguaribile.

La mia casa è rossazzurra
Riaccesa fede ed ottimismo, i buoni propositi di riscatto, vivi nel cuore di questo inguaribile tifoso poco realista, vanno ad infrangersi inesorabilmente contro la lapidaria sentenza del calendario: prossimo avversario l’inarrestabile Juventus di Conte, lanciata verso la conquista di scudetto e record centenario. Ultima contro prima, cinquantacinque punti di distacco accumulati nelle precedenti ventotto giornate. Distanza siderale che non lascia spazio a sogni di gloria. Anzi. Altri incubi che si materializzano a quelli già presenti. Catania-Juventus, prepariamoci all’ennesima delusione della stagione. All’ennesima invasione del “Massimino” da parte degli “juventini siciliani”, di quei catanesi amanti della Vecchia Signora, pronti a bardare di bianconero le tribune dell’impianto cifaloto. Catania-Juventus, un anno e mezzo dopo. Gara assai attesa dopo lo scandalo arbitrale firmato dal trio Gervasoni-Rizzoli-Pepe del 28 ottobre del 2012. Una data che riaccende la voglia di rivalsa, non tanto per dar vita a quella rimonta sempre più improbabile, ma per riscattare quel sopruso mai digerito. Battere la Juventus, in tutti i modi. Mettendo in campo il cuore, l’orgoglio e lo spirito di chi non ha più niente da perdere. Una grande notte di gloria per mitigare l’enorme delusione di questa stagione.

La beffa del “campanile”
A render ancor più amara questa disgraziata annata ecco la possibile “staffetta” con gli eterni rivali del Palermo, capolista in fuga nella serie cadetta. Chi sale, chi scende, oggi a me, domani a te: il calcio è questo. Ed i preparativi dei festeggiamenti per la nostra retrocessione, che già brulicano in Vucciria e dintorni, fanno parte del “gioco”, di quanto accaduto a ruoli invertiti lo scorso maggio. Ma la sofferenza non è generata dal “passaggio di consegne” in sé, ma dal modo in cui si retrocede. Un modo che "alimenta" inevitabilmente chi già si sfrega le mani per la nostra disfatta. Una scossa, una ventata d'orgoglio, tanto basta per non rendere infinito questo Alllinchirisi i cianchi occidentale...

La dignità non retrocede
Quattro aprile 2004, Palermo-Catania 5-0. Diciannove novembre 2006, Roma-Catania 7-0. Due date. Due batoste sul campo. Due vittorie in tribuna. “Popolo Rossazzurro” che canta e continua a cantare nonostante il pesante passivo, tra lo stupore dei tifosi avversari. Promozioni e retrocessioni fanno parte del gioco, ma la dignità non retrocede. Quella mai. Ed un tifoso ferito, innamorato dei colori della sua maglia, lo sa bene. Quindi, se non siete in grado di salvarvi, almeno salvate l’onore della nostra maglia.


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