Opinioni

EpiStolando - Il fantasma del Natale passato

Di Enrico Salvaggio

22/12/2022 11:20

Caro Tino, un anno dopo la dichiarazione di fallimento del Calcio Catania S.p.A., lo scenario alle pendici dell’Etna sembra essersi totalmente ribaltato. Sia io che tu non ci aspettavamo l’arrivo di una proprietà del calibro di quella attuale, né pensavamo che un nuovo corso potesse avere da subito un così ampio seguito e supporto, ma è chiaro che il secondo aspetto altro non è che la logica conseguenza del primo e non possiamo che esserne tutti contenti. Certo, ogni tanto, osservando la costanza degli alti numeri d’afflusso allo stadio e la spinta del pubblico che rievoca quella degli anni della Serie A, viene un po’ di rabbia facendo il raffronto con quel che accadeva invece nei periodi bui degli ultimi tempi, quando squadre che avrebbero avuto bisogno di molto più sostegno (come quelle guidate dai vari Moriero, Lucarelli e Baldini in tempi di crisi societarie e di risultati), furono abbandonate quasi a sé stesse, se non fosse stato per l’eroismo delle poche migliaia di spettatori che si strinsero accanto a loro in un contesto da Fosso di Helm.

Ad ogni modo, Tino, devo confessarti di aver appurato che sotto il tappeto pregiato del rinnovato entusiasmo collettivo, si nasconde un non indifferente strato di polvere, lasciato dalle scorie del fallimento nei confronti dei moltissimi tifosi che erano legati alla matricola 11700. Prima di entrare nel merito è obbligatoria una premessa. Tra le migliaia di cuori etnei al seguito del “nuovo” Catania, numerosi sono quelli che nel salvataggio della matricola hanno creduto o perlomeno sperato, che per il fallimento hanno pianto e che ancora oggi portano nel cuore quel dolore, ma allo stesso tempo sono riusciti a ripartire, a vivere e godersi queste nuove pagine di storia rossazzurra. Una sintesi perfetta di questo prototipo di tifoso, che potrei definire come il prototipo più comune, è quella descritta da Claudio Luca nel corso della presentazione della squadra dello scorso 13 settembre. Luca – storico sponsor del club – in quell’occasione descrisse, non senza emozione, il suo stato d’animo, raccontando che dopo i traumi del 22 dicembre 2021 e del 9 aprile 2022 non se la sentiva di intraprendere un nuovo percorso ma, dopo essersi confrontato coi ragazzi delle curve e con altri ambienti legati alla squadra, si era giunti alla comune conclusione che “questa città non può rimanere senza calcio”, trovando in questo principio la forza e la motivazione per abbracciare il progetto Pelligra.

Claudio Luca durante la presentazione della squadra

Non sono pochi, però, quelli che non sono riusciti a fare altrettanto. In avvio di stagione, tra l’euforia generale, non è passata inosservata qualche assenza sugli spalti. Ad esempio, quelle di Michele e Pippo, punti di riferimento rispettivamente in Curva Nord e Tribuna B. Michele ha orientato la sua intera parabola da tifoso a sostegno e difesa della matricola 11700 e, venuta meno quest’ultima, l’effetto naturale è stato quello di defilarsi da questo mondo. Pippo è un tifoso noto, in particolar modo, per la protesta posta in essere presso la sede della Figc insieme ad altri tifosi etnei nell’estate del 1994. All’inizio di questa stagione ha voluto consegnare le proprie sensazioni a La Sicilia, attraverso queste parole: “No, non ce la faccio ancora niente abbonamento, solo la card, forse andrò a vedere qualche partita ma auguro la Champions a questa società, alla città e alla nuova generazione. Non dico che sono più tifoso di altri, ma la mia storia con il mio Calcio Catania è un poco diversa da tutti gli altri. Comunque forza Catania, con questa società andremo in alto. Sempre orgoglioso di questa maglia”. Questi, probabilmente, sono i casi più eclatanti, ma facendo una piccola inchiesta nel mio ambito di conoscenze, caro Tino, ho scoperto tante storie, una più particolare dell’altra.

C’è Francesco, più giovane esponente di una famiglia di tifosi rossazzurri, che si recava da sempre allo stadio insieme al padre e ai fratelli più grandi. Alcuni di questi, negli ultimi anni, avevano mollato la presa, in rotta con la società, ma lui no: voleva esserci sino alla fine. E adesso che tutta la famiglia al completo è tornata al “Massimino”, è lui a non farcela più, nonostante le pressioni e preghiere costantemente rivoltegli dai congiunti. Inevitabilmente continua ad essere aggiornato sul Catania, anche in diretta, tramite i vari gruppi whatsapp di cui fa parte, ma spontaneamente non riesce a guardare le partite neanche in tv. “Ci sono rimasto troppo male per com’è finita col ‘46” la sua motivazione.

C’è poi Mario, abbonato da decenni che, per amore della matricola, fino all’anno scorso, ha accettato risultati e categorie non all’altezza del blasone del Catania. Oggi continua a frequentare lo stadio, ma ha cambiato totalmente mentalità. “Venuta meno la matricola, non accetto più compromessi. Esigo progetti seri e vittorie”. Quando segna il Catania non riesce ad esultare perché per lui disputare la Serie D equivale ad un’umiliazione e la vittoria degli etnei vale ancor meno del minimo sindacale.

Giovanni è stato un tifoso che la scorsa stagione si è sobbarcato sacrifici spesso più grandi di lui. Al termine di settimane trascorse a spaccarsi la schiena con il lavoro, partiva per le trasferte più ostiche per andare a seguire partite inutili di una squadra che aveva il destino ormai segnato. Ma lo faceva perché “dovevo accompagnare il Catania fino alla morte”. E se c’era da andare ad inzupparsi sotto la pioggia a mezzanotte a Torre del Grifo per accogliere gli eroi che avevano appena espugnato Castellammare, era il primo a farsi trovare lì, nonostante la levataccia mattutina che l’avrebbe atteso l’indomani. Dopo il fallimento ha perso il furore e la passione che l’avevano animato fino a quel momento. Ha frequentato poco e niente lo stadio, non riuscendo ad esultare ai gol, pur essendo contento per il modo in cui è ripartito il calcio a Catania. Il suo paradosso più grande? “Ho paura di trovarmi allo stadio quando segnerà Lodi. Perché è stato uno dei miei più grandi miti, è l’unico che mi ricollega ai miei trascorsi da tifoso e per il quale, forse, troverei la forza di gridare gol”. Perché dovresti avere paura di esultare, Giovanni? “Essendo ancora metaforicamente a lutto, la vivrei come una mancanza di rispetto per il Catania ’46. Dopo che per 40 anni hai vissuto con quegli ideali basati sul fatto di non essere mai falliti, non riesco a fare come se non fosse successo niente e come se tutto quello in cui ho creduto, improvvisamente, non avesse più senso”.

La manifestazione pro-matricola del 27 maggio 2021

Se quelle di Giovanni ti sembrano parole forti, caro Tino, io sono rimasto ancor più colpito dalla testimonianza di Oscar. Anche lui era un “matricolista” convinto e prima del fallimento professava che per lui non ci sarebbe stato altro Catania. Oggi, in realtà, continua ad andare allo stadio ed a seguire tutte le partite. “Ma questo non significa che abbia cambiato idea. Questo Catania non lo sento mio. Allo stadio ci sono cresciuto, lo considero casa mia e non riesco a rinunciare ai riti a cui sono stato abituato. Ma, ahimè, è l’unica cosa che non è cambiata per me. Ogni volta che segniamo sono attorniato da gente che festeggia, mentre io rimango immobile e impassibile. Non perché non sia contento, anzi. Ma dopo aver fondato la mia esperienza da tifoso sull’orgoglio della matricola intatta, non riesco a legarmi allo stesso modo alla nuova società”. Oscar è una persona molto pacata e per lui lo stadio ha sempre rappresentato l’unica valvola di sfogo in cui lasciarsi andare in modo quasi inusuale. Cosa che ora non gli riesce più: “Non riuscire ad esultare mi frustra da impazzire. Così come mi frustra non farmela addosso quando, ad esempio, gli avversari battono un rigore o una punizione dal limite. Perché queste emozioni, positive e negative, costituivano l’essenza delle mie emozioni da tifoso, che erano le emozioni più belle che riuscivo a provare in generale nella vita. Non riuscire più a provarle, a soli 35 anni, mi deprime tanto. Spero con tutto il cuore che prima o poi qualcosa dentro di me si sblocchi”.

Io, a dir la verità, ho smesso di esultare dopo i Treni del Gol” mi confessa invece Cesare. E’ uno dei tanti catanesi emigrati al Nord ed il Catania per lui è prima di tutto testimonianza delle proprie origini. I “Treni” sono stati uno choc, uno spartiacque, ma Cesare non ha mai smesso di sostenere ed essendo nato come tifoso ai tempi della rivalità con l’Atletico, la simbologia, il ’46, la matricola, per lui rappresentavano tanto, se non tutto. “Se rivedessi il vecchio logo sulle maglie della nuova società, chissà, forse potrei rinnamorami”. Ma non riesce a distaccarsi del tutto perché, in fondo, “anche questo Catania rappresenta la città di Catania e per me, catanese trapiantato al Nord, ciò ha un’influenza nelle relazioni umane e professionali sviluppate quotidianamente. Quindi non posso e non voglio restare indifferente. Anche se il tifo è un’altra cosa e quello, se non è spontaneo, non lo si può imporre”.

Il mio è un range sicuramente limitato ma al di là di questo, Tino, ti sarai accorto che da pochi esempi sono emerse le posizioni più svariate, che testimoniano cosa abbia rappresentato e cosa abbia comportato il 22 dicembre 2021 nella storia di molti tifosi del Catania. Qualcosa che a mio parere, senza togliere alcuno spazio alla ridente attualità e senza frenare alcun entusiasmo, sarebbe corretto tenere in considerazione e su cui bisognerebbe riflettere un po’ su. Farebbero bene a farlo, soprattutto, coloro i quali che, non paghi di aver attaccato i “matricolisti” in epoca pre-fallimento, continuano a prenderli di mira ancora oggi, tacciando di incoerenza chi ha deciso di continuare a seguire anche il nuovo Catania. Una polemica insensata e fuori luogo: non è più il tempo delle divisioni e bisognerebbe essere soltanto felici di ritrovarsi tutti uniti dietro un nuovo percorso, considerando che in molti non stanno riuscendo a farlo e soffrono per questo motivo. Ascolto i tuoi consigli, caro Tino, e non dedico ulteriore spazio a questi insensibili. Piuttosto, prima di salutarti, ti chiedo: e tu, un anno dopo il fallimento, che sensazioni provi?

In attesa della tua risposta, ti auguro di trascorrere delle buone feste.


Enrico Salvaggio - Dopo una saltuaria collaborazione con CalcioCatania.Com tra il 2006 e il 2008, è rientrato in redazione a pieno regime nel 2013, occupandosi dei commenti alle partite e di approfondimenti di carattere tecnico. Laureato in giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 2017, anno in cui si è aggiudicato la borsa di studio “Norman Zarcone” istituita dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia. Dal 2 Aprile 2020 è il vicedirettore del sito. . Per CalcioCatania.com è autore di 851 articoli