Incatenati a una fede

 Giuseppe Tattaresu, Ciccio Famoso, Michele Romeo e Giovanni Pavone incatenati davanti la Figc

Giuseppe Tattaresu, Ciccio Famoso, Michele Romeo e Giovanni Pavone incatenati davanti la Figc  

Ventennale della protesta civile di Pippo Tatteresu, Ciccio Famoso, Michele Romeo e Giovanni Pavone, incatenati dinnanzi alla FIGC

Ventisette luglio 1994: vent’anni dopo
Estate calda quella del 1994. Gli azzurri di Sacchi avevano perso da poco la finale mondiale contro il Brasile, al termine della lotteria dei rigori di Pasadena. Per tutta la durata di quell’estate le immagini ricorrenti nelle televisioni e nei giornali italiani erano sempre le stesse: il pianto di Franco Baresi, il tiro calciato alle stelle da Roberto Baggio (pallone d’oro in carica), la gioia del capitano verdeoro Dunga con la coppa del mondo in mano. In Italia si discuteva molto su l’esito della finalissima americana, se il Milan di Capello (campione d’Italia e d’Europa in carica) avrebbe conquistato il quarto scudetto di fila e che fine avrebbe fatto il Foggia in Serie A per il primo anno senza il maestro Zeman. E in questo contesto passava quasi inosservata la protesta di quattro catanesi nei pressi della sede della FIGC a Roma.

La prima pagina del giornale "La Sicilia" del 27 luglio 1994 




A chi poteva interessare la sorte del Catania del Cavalier Angelo Massimino, catapultato d’ufficio dalla Serie C1 ai dilettanti appena un anno prima? A nessuno, forse. Perché quella storia non poteva riscuotere lo stesso successo mediatico avuto dalle gesta azzurre in terra d’America, dalle imprese del Milan degli invincibili e dal “Lunapark” del boemo. Ma quattro catanesi uscirono fuori dalla massa e andarono ai piedi del Palazzo ad invocare giustizia per il Calcio Catania 1946. Dal capoluogo etneo partirono Giuseppe Tattaresu, Ciccio Famoso, Michele Romeo e Giovanni Pavone, ai quali, come riportano le cronache di allora, si aggiunse Sebastiano Messina, catanese residente a Roma. Nomi che chi frequenta Piazza Spedini e dintorni conosce bene. Tattaresu, Famoso, Romeo e Pavone s’incatenarono per protesta nella speranza di poter essere ricevuti dal padrone del Palazzo, il presidente federale Antonio Matarrese da Bari. Attesa vana per un confronto che, a distanza di vent’anni, non è mai avvenuto.


L'articolo che racconta il gesto dei quattro catanesi  



“Vogliamo tornare al Cibali con la C1” “Ridateci il nostro Catania” “La nostra protesta civile continua con lo sciopero della fame” “Il Catania siamo noi”: striscioni e catene di fede e passione nella protesta civile dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse etnea, pronti a tutto pur di poter ottenere giustizia per risarcire una tifoseria, una città, scippata barbaramente. Ai piedi del Palazzo si avvicendarono anche figure istituzionali come Nello Musumeci, allora presidente della Provincia etnea, il compianto Benito Paolone e Enzo Trantino. Il coro unanime: “Matarrese deve ricevere i quattro tifosi catanesi”. Tutto vano. Il padrone del Palazzo si dilegua silenzioso nelle retrovie senza concedere udienza. Come a voler scappare dalla verità. Perché chi ha torto evita il confronto. Nessun faccia a faccia nella storia, ma soltanto la protesta civile di quattro innamorati del rossazzurro, incatenati ad una fede.

Per la cronaca: il rigore sbagliato da Roberto Baggio divenne uno spot, il Milan non centrò il poker (scudetto alla Juventus di Lippi) e i pugliesi senza Zeman, affidati a Catuzzi, ritornarono mestamente in cadetteria. E il Catania? Nella polvere di Gangi, il 13 maggio 1995, riconquistò sul campo il calcio professionistico dopo l'ingiusta estromissione dell'estate 1993.