Opinioni

Sulla buona strada

Di

30/11/-0001 12:00

"Papu", in grande spolvero contro il Napoli...

Un Catania di lusso
A memoria, quella di domenica scorsa al “Massimino” contro il Napoli di Mazzarri, una delle versioni più belle del Catania dell’era Pulvirenti. Prestazione di rara intensità, di sacrificio, quasi epica nella ferrea volontà di conseguire un risultato positivo. E, alla fine, i rossazzurri avrebbero anche meritato la vittoria, ma meritato pienamente, vittoria non acciuffata per un pelo d’erba malandrino trovatosi per caso sulla traiettoria della bella conclusione di Gomez al 89', sfortunatamente stampatasi sul palo. Lo svolgimento di questa gara mi ha fatto ricordare una battuta del noto film di fantascienza "Matrix", in cui Morpheus racconta a Neo come esistano campi sterminati dove "gli uomini non nascono", ma vengono letteralmente “coltivati”. Ecco, il Catania antipartenopeo ha lasciato la forte impressione di essere composto da uomini veri, nati “uomini”, non “coltivati”. Ed è una sensazione che emerge complessivamente da tutto questo incipit di campionato 2012/13, in cui la stessa abulica prestazione di Firenze può essere letta come una tappa di crescita del gruppo e del suo allenatore. Infatti, gli errori del “Franchi”, più psicologici che tecnici, sono stati subito cancellati da Legrottaglie e compagni al cospetto di un team sicuramente più forte e blasonato come quello azzurro. Peraltro, la constatazione che si sia giocato in casa piuttosto che fuori dalle mura amiche, ricevendo un robusto rifornimento di “benzina adrenalinica” dai tifosi, vale solo se intesa in senso puramente “estetico”, giacché in campo, in casa o in trasferta, si va in 11 contro 11, e se sei in “giornata no” perdi. Prova ne sia come lo splendido Catania montelliano della scorsa stagione le “stecche” più clamorose le beccasse invariabilmente al “Massimino” contro squadre non certo paragonabili al Napoli attuale che, al di là della non eccelsa prestazione alle falde dell’Etna, appare la più credibile alternativa alla Juventus in prospettiva scudetto (“credibile” significa che, considerato il divario apparentemente abissale, si potrebbero accreditare agli uomini di Mazzarri quelle 5/10 probabilità su 100 che la “Vecchia Signora”, improvvisamente resa folle da un’intossicazione di genuflessioni e slinguazzamenti, decida di suicidarsi perdendo cinque o sei partite di fila). Certo, mi si potrebbe tranquillamente obiettare che, a livello di stimoli, giocare con il Napoli di Cavani non è la stessa cosa che incrociare il Chievo, il Cagliari o il Bologna (giusto per citare tre compagini capaci di fare l’en plein con i rossazzurri), ma altrettanto serenamente potrei rispondere che, se continuiamo a pensarla in questi termini, non riusciremo mai a venir fuori proprio da quel “provincialismo” che gli improvvidi cantori del “sollevamento dell’asticella” (che non è una specialità olimpica e nemmeno una non tanto velata allusione tipica del “gallismo” cittadino) imputano ai “realisti” del “40 e poi si vede” (che non significa “e poi sbrachiamo” per norma istituzionale, ma “e poi, se ci sono le condizioni, perché non tentare di raggiungere un sogno?”), categoria fra l’altro cui mi onoro di appartenere. In questo senso, mi sento di appoggiare il presidente Pulvirenti nella sua battaglia contro gli ondivaghi contorsionismi dialettici, spesso a 180 gradi (comunque un passo avanti, considerato che, nel recente passato, “grado 90” poteva considerarsi il “must” per una nutrita schiera di professionisti dell’elargizione coccigea, significativamente i primi a “voltare”, a rifiutare la preziosa “dotazione di carriera” al proprio mentore ormai in disgrazia) di esimi “opinion makers” della Cioccalata o Minnulata (se si preferisce) invariabilmente “con il Catania nel cuore”, spesso “sudati nei campi polverosi” e sempre pronti a “trascolorare” dal rosso carmineo dell’esaltazione al nero profondo della depressione. Sulla scontata, trita e ritrita replica che questa possa risultare condizione psicologica quasi ancestrale del tifoso medio, potrei anche dottamente disquisire, seppur in aperta contestazione (positivisticamente ritengo che nella vita si possa sempre cercare di migliorare... tuttavia sarebbe un discorso troppo lungo), ma se tutto ciò rimanesse un fatto privato o di simpatico “cazzeggiamento” tra appassionati "anema e core", non allorquando si tenti “consciamente” di fare opinione, di indirizzare a propri fini i convincimenti di “terzi”. E posso assicurarvi che c’è chi si diletta a praticare tale sport anche troppo palesemente. Del resto, questa è la “mia” più che decennale battaglia e ne abbiamo parlato già anche fin troppo. Seguo sinceramente meno il presidente sulla polemica rivolta verso alcuni giornalisti a seguito di “pezzi” più o meno graditi, polemica, come visto in passato, sempre, ma proprio sempre evitabile.

Bene Maran, ma ora tragga alcune conclusioni
A mio parere, sia in termini di gioco, sia di risultati, finora Maran ha fatto bene. La squadra ha una sua precisa identità, gioca un calcio propositivo, ha sangue nelle vene, non ultimo occupa un posto di classifica adeguato agli obiettivi. Non solo. Mi sembra che pure nelle scelte in corso d’opera, durante le partite, il tecnico di Rovereto si sia dimostrato intelligente, leggendo in genere in modo corretto le dinamiche di gara e sostituendo in modo pertinente alcuni elementi con pari ruolo in grado di meglio gestire il prosieguo del match. Certo, non sempre la ciambella riesce col buco, come a Firenze, ma contro il Napoli, per esempio, lo ha fatto con raziocinio, ottenendo ottimi risultati. Il “pitu” era in buona giornata, ma in quella circostanza andava sostituito un attaccante per un esterno destro difensivo, c’era poco da fare. Sul momento ci sono rimasto male, da profondo estimatore dell’argentino, ma riflettendoci un secondino, devo dire che era l’unica cosa da fare. Il fatto che abbia, già al 46’, preso atto della cattiva giornata di Biagianti, inizialmente comunque sacrificato a destra dopo l’espulsione prematura di Alvarez, così come a Firenze aveva fatto con Almiron, la giudico operazione intellettuale assai positiva. Anche la “solita” sostituzione Almiron-Castro, nel contesto degli ultimi 20’ (in ogni caso il mediano argentino appariva stremato), ci sta a pennello, tanto che il Catania, con un elemento fresco e più offensivo, abile sia nelle rifiniture, sia a ripartire palla al piede nelle praterie lasciate dai circa 77 attaccanti schierati da Mazzarri, ha rischiato seriamente di vincere una partita giocata benissimo in condizioni difficili. Inoltre, il fatto stesso che, dopo tre partite in cui il Catania aveva incassato sei reti, si sia mantenuta inviolata la porta di un discreto Andujar (ritengo assolutamente fuori luogo le critiche da qualche parte a lui rivolte in merito alla sua prestazione contro Cavani e soci), mi pare sintomo di progressi evidenti. Tuttavia, adesso il trainer rossazzurro deve trarre alcune necessarie conclusioni tecnico-tattiche da questa prima tranche di gare. Ha rischiato insistendo, anche nel match con una squadra tecnicamente superiore come il Napoli, su alcuni elementi chiaramente in ritardo rispetto agli altri, chi soprattutto dal punto di vista della concentrazione (Alvarez), chi dal punto di vista della condizione (Biagianti), problematiche che, fra l’altro, inducono a commettere errori tecnici che magari in altre situazioni non verrebbero effettuati. Francamente, dopo Roma e Genoa, la terza importante incertezza del simpatico “Comu finiu” (un giocatore che ho sempre apprezzato) mi è sembrata un “eccesso” evitabile (il fatto che il suo “sacrificio” abbia consentito al Catania di portare a casa un punto mi pare una giustificazione assai stiracchiata, perché, in primis, se al 90’ i rossazzurri avessero beccato un “gollonzo” immeritato, la partita sarebbe stata irrimediabilmente persa come nel caso in cui avesse lasciato andare in porta Cavani e lo stesso “matador” avesse messo la palla dentro la porta; in secondo luogo, l’errore evitabilissimo è stato in ogni caso commesso, commesso da “lui”, e, in 11 contro 11, “questo” Catania avrebbe avuto molte più chance di battere i partenopei), così come l’ennesima sequela di pericolosi errori in appoggio del capitano rossazzurro, cui nulla si può imputare dal punto di vista dell’impegno e del sacrificio, ma il calcio, fino a prova contraria, si gioca principalmente con i piedi, a maggior ragione in Serie A. Insomma, pensavo che Maran proponesse “altro” contro il Napoli e invece, per ragioni che posso anche comprendere, ha voluto perseverare nel seguire un determinato percorso di scelta. Ora, però è giunto il momento di provare soluzioni alternative. La squalifica di Alvarez lo imporrà già da mercoledì sera, ma, anche nell’ottica di un misurato turn-over, l’inserimento in mezzo dell’Izco visto nella ripresa di domenica scorsa mi parrebbe cosa buona e giusta. Consentirebbe alla squadra di riacquisire dinamismo, pressing e possibilità di cambio di passo, tutte qualità esibite in gran parte dello scorso campionato. Se a ciò aggiungiamo il ritrovato Almiron, giocatore essenziale che contro il Napoli ha mostrato evidenti segnali di miglioramento, e la forma strepitosa di giocatori come Marchese, Spolli, Gomez o Bergessio (gli ultimi due eccezionali contro Cannavaro e soci), ecco che ci ritroveremmo a ben sperare in funzione Atalanta, primo turno infrasettimanale di suo già difficilissimo.

Dea non bendata
Quella dell’ex Colantuono è un’ottima compagine. Una “dea” tutt’altro che bendata. Vigile, attenta, svelta. Non un bluff, insomma. Ha cominciato il campionato da dove aveva finito: 7 punti, ridottisi a 5 per la penalizzazione, gioco solido, interpreti di valore in tutti i reparti. Una squadra tosta che solo un Catania concentratissimo potrebbe mettere sotto, anche al “Massimino”. Non dimentichiamo che gli orobici sono andati a sbancare il “Meazza”, facendo piangere Allegri e mettendo in mostra un calcio mai rinunciatario fatto di ripartenze micidiali. A una difesa esperta, fondata sull’ex Manfredini, i bergamaschi affiancano un centrocampo di qualità che ha in Cigarini (nel giro della Nazionale) il proprio perno, esterni pericolosissimi come il ritrovato Raimondi (e manca l’ex Schelotto...) e Bonaventura, attaccanti di livello come Moralez e Denis. Una squadra con i fiocchi che solo “giocando da Catania”, l’undici di Maran sarà in grado di mettere sotto. Non dimentichiamo che, come ricordato sopra, gli etnei storicamente “traballano” più in questo genere di sfide che nei match contro le “grandi”. Mi auguro, inoltre, che, considerata la maiuscola prova sciorinata contro il Napoli, i tifosi diano fiducia ai ragazzi, riempiendo lo stadio di colore e calore. In certi casi ciò può divenire decisivo... Let’s go, Liotru, let’s go!!!


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