Catania News

Un rossazzurro a Milano

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30/11/-0001 12:00

Inter-Catania 2-2, quanti rimpianti...

Esultanze ‘bizzarre’…
Dicembre 2003, campionato di serie B: per il ventesimo turno d’andata, allo stadio Cibali si affrontano Catania e Bari. La squadra di Colantuono, assemblata in meno di una settimana dal patron Luciano Gaucci, dopo un’estate bollente di ricorsi ai Tar di mezza Italia che ha “partorito” un torneo B extralarge a 24 squadre, si è attestata nei primi posti della graduatoria tra lo stupore generale.

Sette giorni prima grazie ad un guizzo di Oliveira è stata liquidata la pratica Napoli, il turno interno contro il Bari rappresenta un’occasione ghiotta per salutare nel miglior modo possibile il pubblico amico prima della pausa natalizia. Giornata abbastanza fredda (e ci mancherebbe altro è il 21 dicembre…) e nuvolosa. Il sottoscritto si trova in Curva Nord, nel settore confinante con la Tribuna A, il “secondo anello” degli stadi metropolitani Seduti accanto a me un ragazzino sui 15-16 anni e un signore di mezza età (40-45 anni).

Primo tempo, risultato di 0-0, l’arbitro fischia un calcio di punizione a ridosso dell’area di rigore avversaria a favore della squadra rossazzurra. Il Bari protesta e come avviene spesso in circostanze simili, si perde qualche minuto. Ormai ci siamo, l’arbitro porta il fischietto in bocca e ……. il ragazzino accanto a me esulta a squarciagola. “ Bi e chi succiuriu?”, lo guardo sorpreso in cerca di spiegazioni. Il signore di mezza età, gli fa, con l’arguzia che solo un catanese può regalare: “O’ frati, vabbeni ca ai a radio, ma chi ti pari ca ti stai virennu a pattita n’ti Sky ca fai buddellu prima ca tiramu n’potta?” L’uomo si sta riferendo chiaramente a quello scarto temporale di 3-4 secondi intercorrente tra la trasmissione radiofonica dell’evento sportivo e quella televisivo-satellitare, capace di creare situazioni simili. Il ragazzino, in italiano, risponde: “No, è che sa, mi ha segnato Kamara nel Fantacalcio”. Sì perché Kamara, attaccante senegalese in forza al Modena, aveva portato in vantaggio i “canarini” in una gara di serie A giocata a Genova contro la Sampdoria. Non conosco il ragazzino, sono abbastanza schivo e educato da lasciar perdere, “ma cavolo, come si fa a dissacrare un rito come quello della partita di calcio della tua squadra del cuore, esultando per un qualcosa che con il calcio ci azzecca come i cavoli a merenda?”. Per la cronaca il Catania vinse contro il Bari 1-0 e la Sampdoria riuscì a portare a casa il pari.

Il Fantacalcio, il calcio, il rito
Eminenti sociologi hanno definito la religione in termini congeniali al fenomeno Calcio (Catania).
Un insieme di riti (le partite, gli allenamenti, il calciomercato), di oggetti sacri (bandiere, sciarpe, vessilli), di narrazioni (chi tra i tifosi rossazzurri non si è mai imbattuto, almeno una volta nella sua carriera, nel capannello di nostalgici della coppia “vintage” di goleador Ciceri e Spagnolo?), condiviso da un gruppo (i tifosi) e legato ad un elemento “trascendente” (ecco su questo punto il discorso si potrebbe fare lungo, noioso e complesso. Molti legano tale elemento al divino, al soprannaturale; sociologi come Durkheim fanno riferimento alla comunità. Nelle cosiddette religioni totemiche, i fedeli venerano il totem quale simbolo della società in cui vivono. In parole povere, sperando di non semplificare oltre i limiti tollerabili e confidando sul fatto che i miei docenti di Sociologia non si imbattano mai nella lettura di queste righe, pena l’eventuale revoca del titolo di studio, i tifosi del Catania, adorando la squadra, venererebbero la città. Può essere, ipotesi valida, sicuramente non è però il mio caso: sarò più esplicito più tardi).

Il rito in una religione gioca un ruolo fondamentale, proprio perché fatto di sequenze sempre uguali, immutabili. Ci sono voluti secoli prima che la Chiesa Cattolica decidesse di accantonare il latino nella celebrazione della Messa. Enormi interessi economico-finanziari hanno stravolto il rito della religione calcio, per decenni rimasto uguale a se stesso (in linea di massima dal secondo dopoguerra agli inizi degli anni 90 del secolo scorso). Le partite spalmate su più giorni la settimana, la diretta televisiva delle gare, il calciomercato tutto l’anno, le amichevoli estive, le scommesse legalizzate: ormai è rimasto pochissimo dei vecchi riti del calcio di 25-30 anni fa.

Il Fantacalcio, ecco un altro corresponsabile della morte del vecchio calcio. Per quelle 2-3 persone, tra i 20 lettori della rubrica in oggetto, che non sono a conoscenza dei meccanismi perversi di questo diabolico gioco: alla vigilia del campionato un noto quotidiano sportivo assegna ai singoli componenti le rose delle squadre di serie A una quotazione (commisurata alle doti tecniche del calciatore, al suo stato di forma e alla performance dell’anno precedente). I giocatori hanno a disposizione un budget virtuale, necessario per acquistare, sulla base delle quotazioni citate ,singoli giocatori (anche appartenenti a svariate squadre di serie A), divenendo così “allenatori” di una “fantasquadra”. Sulla base dei voti in pagella assegnati ai protagonisti delle gare di campionato dai giornalisti del noto quotidiano sportivo e di meccanismi complicati bonus-malus legati ai goals segnati, rigori sbagliati, rigori parati, alle ammonizioni, espulsioni e quant’altro, ogni calciatore porta in dotazione alla “fantasquadra” un punteggio, da sommare a quello conquistato dagli altri giocatori della stessa. Ecco, per sommi capi ho spiegato cos’è il Fantacalcio: ma perché parlarne adesso?

Da qualche giorno è rientrato dalle ferie (a proposito, dimenticavo: sono un trentottenne catanese che lavora da qualche anno per il Comune di Milano) Francesco Giuliani, 47 anni, fisico asciutto (fa palestra, lui), abbronzato dal sole di Palma de Maiorca, single, tifoso interista doc. Nel palazzone in cui mi trovo da qualche mese (spostamento dovuto al processo di riorganizzazione amministrativa innescato dal neosindaco Pisapia), ho trovato parecchi colleghi simpatici. Non è proprio il caso di Francesco Giuliani. Oddio, niente di che, ma…. ma se qualcuno all’indomani della partita che il Catania sciaguratamente pareggiò al Meazza 2-2 contro l’Inter, vi dicesse testualmente “Voi del Catania siete stati fortunati, fosse durata qualche minuto in più la gara avremmo messo le cose a posto, del resto noi siamo l’Inter voi una squadretta…”, l’avreste in simpatia?

“No, perché sai, ormai Palma de Maiorca non è più quella di una volta, quando ci sono andato 20 anni fa, allora sì che era un posto esclusivo, adesso ci vanno cani e porci”, Francesco sta declamando a mò di conferenziere politico ad un capannello di colleghi in corridoio, “Ah, Salvatore, tra qualche minuto passo nel tuo ufficio che ti devo parlare”. “ E che vorrà st’interista dei miei stivali. Vorrà raccontare anche al sottoscritto la rava e la fava delle sue ferie?”.

Detto fatto, qualche minuto dopo il Giuliani oltrepassa la soglia del mio ufficio, chiedendomi di botto: “Oggi mi vedo con i miei amici per l’asta del Fantacalcio, ho visto che i tuoi costano poco, me ne consigli qualcuno?”. Il ragazzino che allo stadio si permette di esultare per un goal di un calciatore qualsiasi di una partita qualunque di serie A; l’adulto per cui il valore dei giocatori, soprattutto di quelli appartenenti ad una squadretta come il Catania, è riassunto tutto in quella stramaledettissima quotazione del noto quotidiano sportivo. E che ne sa lui del terremoto nella dirigenza rossazzurra? Di Lo Monaco che è andato dopo tanti anni è andato via, di Salerno, Gasparin e Bonanno che ne hanno preso il posto, di Maran debuttante in A, dell’”aeroplanino” che ci ha abbandonato? Nulla, niente. Di ritorno dalla Spagna, avrà acquistato a Malpensa il noto quotidiano sportivo e nell’attesa dei bagagli avrà letto, tra le tante, delle quotazioni di Gomez, Spolli, Antenucci, Morimoto. “Non lo so Francesco, ancora il calciomercato del Catania è in alto mare, magari qualcuno su cui hai messo gli occhi è destinato ad andar via, è troppo presto per capire”, “Ma perché quelli del Catania hanno mercato? E chi se li compra (veramente la frase era diversa, ma piuttosto che permettere che gli strali censori della redazione si abbattano sulla stessa, “ghe pensi mi”)?”. Nella vita, contare fino a tre prima di rispondere, apporta spesso benefici concreti, quindi, invece di inveire contro il collega, faccio “Io comprerei Ricchiuti, Augustyn e Morimoto, sono bravi, farai un affarone”. Una mezz’oretta dopo il collega ritorna alla carica dicendo “Bene, quelli che mi hai consigliato costano pochissimo, e del resto che ci vuoi fare siete una squadretta, anche i migliori non costano niente”. Eh, eh, caro il mio Giuliani, non vedo l’ora che arrivi il 31 agosto, quando Ricchiuti ed Augustyn li avrà presi il Lanciano o il Vicenza della situazione e Morimoto avrà fatto le valigie definitivamente (?) da Catania con la sua corte di giornalisti nipponici, per approdare all’estero. Il Fantacalcio: ci giocai una volta sola, l’anno del ritorno in A del Catania, bene avevo comprato in pratica l’intera squadra rossazzurra più qualche puntello qui e là (comprare giocatori del Palermo lo consideravo blasfemo). Nonostante la squadra a gennaio fosse quarta in classifica, mi ritrovavo ultimo nella mia graduatoria. Chissà che metodo usano i giornalisti di quel noto quotidiano sportivo per mettere i voti, misteri della fede…

Finalmente il periodo di 105 giorni, tra la gara contro l’Udinese e l’esordio all’Olimpico, è giunto al termine. Tra un campionato ed un altro noi fedeli viviamo in uno stato di semilucidità permanente. Sembriamo sempre “appena susuti ‘ndo lettu”. Alcuni, superficialmente, imputano tale condizione alle temperature estive, alle giornate di caldo afoso. La verità è un’altra e la conosciamo benissimo, i fedeli apprezzano abbastanza le tante chiacchiere e i pochi fatti del calciomercato, le amichevoli estive, ma nulla può riaccendere del tutto la loro persona come l’arrivo della prima giornata del campionato. Ritrovarsi sugli spalti delle Curve dell’Angelo Massimino, abbronzati, felici di ritrovarsi a (con)celebrare il rito con altri fedeli. Felici come una pasqua di sedersi sugli stessi seggiolini, impedendo a questi ultimi di sporcare le loro terga grazie al quotidiano acquistato qualche ora prima o all’immancabile cuscinetto rossazzurro, di conversare con le vecchie facce di sempre, buttandosi alle spalle figli, fidanzati, coniugi, il lavoro che non c’è, il lavoro che non soddisfa, gli esami universitari, le bollette da pagare, la crisi, la campagna elettorale, etc. In fondo i 105 giorni non sono mai trascorsi, in fondo con la mente noi fedeli siamo sempre stati lì.

P.S. Perché ricordatevi che non è il Catania ad essere la squadra della mia città, ma è Catania ad essere la città della mia squadra del cuore


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