Vicenza-Catania 0-0: Mentalità perdente

Ciro Capuano, serata complicata per lui.

Ciro Capuano, serata complicata per lui. 

Gli etnei strappano al “Menti” il quarto pari consecutivo, ma l’approccio voluto da Marcolin lascia più di un dubbio.

Il “tabù” trasferta è ormai un’abitudine. Rischia di diventare tale anche il tabù vittoria. Da ben sette giornate i ragazzi di Marcolin, quando va bene, non riescono ad andare oltre il pari, persino nelle partite casalinghe. Parziale ricompensa costituiscono il quarto risultato utile consecutivo (record stagionale, anche se privo al suo interno di vittorie) e il terzo punto conquistato in altrettante trasferte: per una squadra che lotta per non retrocedere e che in precedenza, in tutto il campionato, aveva collezionato soltanto due punti fuori casa, si potrebbe trattare di un ruolino di marcia non disprezzabile. Ma il condizionale è d’obbligo. Ed è accompagnato da un interrogativo: basterà? Chiudersi a riccio e affidarsi alla provvidenza per conquistare al massimo un punto in ogni match lontano dalle mura amiche è davvero la strada ideale da seguire per conquistare la permanenza in cadetteria? Marcolin era il vice di Mihajlovic nella stagione 2009/2010, quando i rossazzurri si erano impelagati in una faccenda simile. Ma quel Catania aveva un approccio del tutto differente. Per inseguire l’obiettivo della rimonta salvezza, aggrediva. Qualunque avversario. E si trattava spesso di compagini di caratura superiore, in una Serie A tecnicamente distante anni luce dall’odierna Serie B. Altra categoria, altri tempi, altre situazioni, e forse non è il caso di approfondire il parallelismo. Ma la differenza nell’approccio è sin troppo evidente. Nonostante gli errori societari e le lacune dell’organico non si può dire che il Catania sia inferiore (sulla carta) alla stragrande maggioranza delle avversarie, anzi. Eppure gioca per difendersi, e soffre non poco per conquistare un punticino.

Centrocampo assente, ci si affida ai lanci lunghi e alle invenzioni che latitano
Ciò che colpisce in particolar modo è la grave carenza nel possesso palla. Quando l’azione parte dalla difesa, gli Schiavi e Ceccarelli di turno palesano evidenti difficoltà nella costruzione dell’azione, e nella maggior parte dei casi si affidano al lancio, quasi mai addomesticabile dalle punte. E il Capuano di turno sbaglia poi qualche passaggio di troppo. Ciò perché in mezzo al campo non si propone nessuno, e l’inferiorità numerica che si crea di fronte a un centrocampo a 3 penalizza ulteriormente la ricerca di spazi. E’ un canovaccio che, a prescindere da chi è stato impiegato in mediana (si sono alternati Odjer, Rinaudo, Sciaudone ed Escalante) si ripete da tre trasferte a questa parte, da quando cioè Marcolin ha deciso di soppiantare il 4-3-1-2 (che garantiva un possesso palla fluido e costante ma che mostrava allo stesso tempo crepe in fase di contenimento) per innestare un 3-4-1-2 che avrà di certo prodotto migliorie sul piano della tenuta difensiva, ma che al contempo ha “ucciso” ogni velleità di gioco del team etneo. E così per sperare di bucare la rete avversaria ci si può affidare soltanto alle estemporanee giocate dei solisti, i vari Rosina, Castro e Calaiò che però non possono togliere sempre le castagne dal fuoco, se mal supportati.

Cambiare poco per non cambiare nulla
A questo si aggiunge inoltre la mentalità conservativa mal celata dal tecnico bresciano, che per il modo in cui continua ad utilizzare i cambi da poche settimane a questa parte sembra non voler far nulla per andare oltre i pareggi che maturano a partita in corso. A Modena, in un match in cui i rossazzurri riuscivano a sfondare meglio sulle fasce e soprattutto a sinistra con Mazzotta, a metà secondo tempo è stato fatto uscire Maniero per Rossetti. Oggi lo stesso Maniero ha sostituito Calaiò. Per ogni punta che entra un’altra deve uscire. Si fa male un centrocampista? Non sia mai che arretri Rosina e si provi a sbilanciarsi un po’: dentro Escalante che, tra l’altro, non riesce a far bene neanche ciò per cui è buttato nella mischia, ovvero il frangiflutti. Sono "segnali" che denotano una mancanza di coraggio, e forse anche di fiducia nelle potenzialità della squadra. Sono scelte che indubbiamente portano a casa un risultato, anche se minimo, comunque superiore a quello che si otteneva fuori casa nelle precedenti gestioni con approcci anche più spavaldi. Ma che al momento non permette di rispondere positivamente al dubbio sollevato nelle prime battute di questo pezzo.

A Chiavari l’occasione (da non perdere) per accorciare le distanze
Un bel po’ di dubbi, probabilmente, li fugherà la trasferta di Chiavari, in programma sabato prossimo. Trattasi di delicatissima sfida salvezza, di ennesima prova del nove in trasferta, di grande occasione per ridurre lo strappo dalla zona tranquilla. Marcolin pare intenzionato a confermare il modulo, contando sul rientro di Del Prete e Rinaudo, interpreti decisamente più consoni dal punto di vista tattico (senza nulla togliere a Parisi e Odjer, tra i migliori nel match odierno). Ma se l’approccio rimarrà lo stesso, i miracoli potranno farli soltanto i tre davanti, e sempre che si trovi un avversario disposto ad assistere inerme. Avversario che, in realtà, al pari delle altre squadre incontrate di recente e a differenza degli etnei, non disdegna l’adozione di moduli propositivi, caratterizzati dalla contemporanea presenza di diversi giocatori offensivi: pur dovendo fare a meno dello squalificato Sforzini (anche oggi al Vicenza mancava Cocco, ma in pochi se ne sono accorti) mister Prina potrà scegliere tra i vari Mazzarani, Battocchio, Cutolo e Masucci per modellare il proprio attacco.