Vibo...lliti!!!

Pinto, uno dei simboli del fallimento del mercato estivo...

Pinto, uno dei simboli del fallimento del mercato estivo... 

Max Licari sullla "manita" subita a Vibo. Maglia umiliata, necessario un reset immediato. Alla proprietà la palla...

Umiliata la maglia
Un punto di non ritorno. Calpestata la dignità di tutto il tifo rossazzurro in una delle peggiori giornate che si ricordino negli ultimi vent’anni. Proporre analisi tecnico-tattiche sullo scempio visto al “Razza”, l’irridente “manita” rifilata dai baldanzosi uomini di Modica, reduci da un set tennistico subito a Francavilla Fontana, a un’armata Brancaleone priva del pur minimo senso calcisticamente logico, sarebbe un’autentica offesa all’intelligenza di chi, ed è la quasi totalità del mondo rossazzurro, per una vita ha patito e gioito a supporto di questi colori, oggi indelebilmente macchiati dalla vergogna. Sì, vergogna, perché non altrimenti potrebbe essere definita l’esibizione di questa accolita di tristi figuranti del pallone non meritevoli di vestire la gloriosa casacca etnea. Nessun alibi, quindi, nessun richiamo ad assenze, "approccio", arbitri o amenità similari. Solo consapevolezza di una situazione delicatissima e potenzialmente deflagrante, unita a enorme tristezza, profonda pena. E che pena! Che pena, ancora una volta, assistere alle evoluzioni di grigi “passeggianti” capaci di farsi prendere allegramente in giro da ragazzotti volenterosi e nulla più, in stadi di provincia pronti a gioire, giustamente, per l’impresa della vita. Non è più possibile, tollerabile, accettabile. Questa gara di Vibo Valentia deve, assolutamente DEVE costituire l’inizio della fine di una situazione non più sostenibile né in campo, né fuori dal rettangolo di gioco. La tifoseria dell’Elefante legittimamente pretende che si provveda a una pronta assunzione di ben precise responsabilità da parte del vertice societario e che si prendano le consequenziali, inevitabili decisioni. L’abbandono fisico del settore ospiti, effettuato a mezz’ora dalla fine del match, da parte del centinaio di “eroi” presenti presso l’impianto calabrese non può non rappresentare l’immagine, anche sotto il profilo simbolico, più significativa ed emblematica degli ultimi cinque anni. Basta. Semplicemente basta. Non è più possibile percorrere questa strada, game over.

Oltre
Siamo oltre; oltre Monopoli, oltre Castellammare di Stabia, oltre ogni altra pur dolorosa umiliazione. Oltre. Oltre. O si cambia, immediatamente, oppure questa stagione si trasformerà in un lungo calvario che coinvolgerà tutto l’ambiente, conducendo all’inevitabile disastro in primis la società. Il rischio sussiste ed è corposo. Se il patron Pulvirenti, come da lui stesso dichiarato alla stampa e confermato nell’incontro con i tifosi a Torre del Grifo, è davvero nelle condizioni di poter determinare e decidere, ha il dovere di intervenire e prendere in mano la situazione, giacché in qualsiasi S.p.A., in presenza di risultati di tal natura, la proprietà interverrebbe cambiando i quadri dirigenziali. Soprattutto in Serie C, dove tutti gli investimenti risultano a perdere e ogni stagione in più di permanenza nella stessa categoria si trasforma in un pericoloso e alla lunga letteralmente insostenibile depauperamento delle risorse disponibili. Nel caso del Catania, siamo in presenza di un fallimento totale in fatto di gestione tecnica e delle risorse umane, essendo stata costruita, per l’ennesima volta, una rosa inadeguata ed avendo tollerato che lo spogliatoio rimanesse una vera e propria polveriera pronta a esplodere in qualsiasi momento. Non solo non cambia nulla di stagione in stagione, ma addirittura la situazione peggiora. Vedere infortunarsi “a pioggia” i giocatori del Catania; vedere camminare in campo i giocatori superstiti come se fossero a una sagra paesana ad assaggiare i carciofini sott’olio; constatare che nessuno provi un briciolo di pudore, abbia un minimo di personalità, di attributi per almeno tentare di opporsi al pubblico ludibrio, ebbene, è desolante. Quasi ci imbarazziamo noi per loro. Anche perché ci rendiamo conto che, alla fine, la colpa non è di chi passeggia incamerando stipendi più che buoni per la categoria, non è di chi li mette in campo il più delle volte non sapendo che pesci prendere, ma di chi consente loro di farlo, di chi fa le scelte, sistematicamente fallendole. Perché, sia chiaro, mai potremmo prendercela, per esempio, con l’allenatore di turno, nel caso specifico Camplone, che con tutta probabilità andrà a pagare per tutti. Nemmeno Guardiola sarebbe in grado di cavar un ragno dal buco da una squadra del genere, composta da elementi dall’età media alta e squinternata sia atleticamente che tecnicamente. Una squadra capace di incamerare cinque sconfitte consecutive in trasferta, beccando tre, quattro o cinque reti dappertutto, non può aver sede a Catania. Non lo merita. Qui non è nemmeno più una questione di classifica, di obiettivi immediati, perfino di prospettive stagionali. Qui si tratta di dignità. E sopravvivenza.

Reset unica strada
L’unico modo per, eventualmente, salvare il salvabile, per afferrare per i capelli una situazione inevitabilmente tragicomica sarebbe, fin da ora, azzerare tutto. Nuova dirigenza, passeggianti in tribuna, puntare sui ragazzi rimasti fino a gennaio, quando sarà necessaria, per quanto possibile in un mercato non certo favorevole (quello “canonico” estivo è stato “ciccato” in toto), una rivoluzione, cercando in prima battuta di alleggerire il carico del monte ingaggi appesantito dai suddetti “passeggianti”. I nomi li conosciamo, li abbiamo fatti in modo preciso anche al termine dello scorso torneo. Tutti, nessuno escluso. E a questi, che sia chiaro, non sarebbe male aggiungere anche qualche nuovo “campione” di questa categoria, cercato e trovato con il lanternino in estate. Solo in questo caso, e in presenza di un discorso chiaro e inequivocabile proposto dalla dirigenza stessa, si potrebbe chiedere alla tifoseria un ulteriore sforzo in termini di unità nelle difficoltà. Si potrebbe addirittura giungere a tollerare un altro anno di inferno. Ma con una prospettiva totalmente diversa, accompagnata da decisioni, interventi, fatti. Non solo parole. Non solo la sostituzione dell'ennesimo allenatore, assunto come "capro espiatorio". In caso contrario, inevitabilmente si assisterà a un “tutti contro tutti” che condurrà al disastro, perché non sussistono più le condizioni ambientali per continuare un percorso comune basato su fallimentari strategie, tecniche e relazionali, pervicacemente perpetuate. Perdere ulteriore tempo sarebbe autocondannarsi.

Nessun appello
Mister Camplone, nella stessa situazione del famoso soldato giapponese nel fortino sperduto all'interno della foresta, afferma di non avere nessuna intenzione di dimettersi. Bene, premesso quanto sopra ribadito in merito al “peso” delle responsabilità del tecnico (qualunque allenatore, indipendentemente dal valore intrinseco dello stesso), noi lo avremmo fatto, almeno per coerenza rispetto all’acclarato fallimento rispetto a determinate affermazioni relative alle assai supposte bontà e competitività dell’organico. Pare che la stessa società gli abbia chiesto un passo un passo indietro, ormai decisa a cambiare guida tecnica, tanto che robuste voci di corridoio ventilano un clamoroso ritorno alle falde dell'Etna di Cristiano Lucarelli, attualmente fermo, oppure una più economica (ricordando come la società etnea abbia ancora a libro paga Sottil) soluzione interna targata Ezequiel Carboni; tuttavia. la partita infrasettimanale interna contro il Bisceglie non costituirà, non potrà costituire un esame che, magari miracolosamente superato con un pizzico di fortuna (Picerno docet), possa sistemare qualcosa di rotto. Già è giunta la bocciatura. Per tutti. Let’s go, Liotru, let’s go!