Verona-Catania 4-0: commento "a caldo"

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Un "piccolo" Peruzzi al cospetto di un "grande" Toni oggi al "Bentegodi" 

Il commento post-partita della sciagurata sconfitta maturata al "Bentegodi" che avvicina gli etnei alla Serie B.

Netta differenza tecnica
Il 4-0 con cui gli scaligeri continuano ad alimentare le proprie speranze europee e, allo stesso tempo, contribuiscono a spegnere il lumicino del sogno salvezza etneo (ormai aggrappato alla sola matematica) è figlio prima di tutto della netta differenza tecnica tra le due squadre. Il Verona ha un potenziale offensivo da prime della classe: Iturbe, uno dei migliori esterni del campionato, cercato pure dal Real Madrid; Toni, attempato ma ancora voracissimo bomber che fa valere prestanza fisica e freddezza sottoporta; un ulteriore parco di esterni di qualità che consente a Mandorlini il lusso di alternarne anche quattro (Iturbe, Gomez, Marquinho, Jankovic) nel corso del match. Insomma, agli scaligeri basta reggere fino al centrocampo con una squadra niente più che attenta e robusta, mettere in moto le ali e innescare Toni per indirizzare in proprio favore il match. In questo senso ricorda un po' il Catania di Mihajlovic, squadra onesta fino alla metà campo, priva di grandi palleggiatori, ma dotata di un gran tridente in grado di offendere qualsiasi avversario.
Il Catania attuale invece è composto da un letale mix di giocatori in crisi d'identità che hanno smarrito la brillantezza delle passate stagioni (su tutti Lodi e Barrientos) e di nuovi che non hanno retto l'urto delle sopravvenute difficoltà della stagione etnea (come Leto e Monzon).

Monzon su Iturbe: preludio alla sconfitta?
Le volenterose prestazioni contro Milan e Samp avevano, comunque, alimentato nel prepartita la speranza di potersi giocare il tutto per tutto al "Bentegodi" per riaprire a pieno titolo il discorso salvezza. Pellegrino conferma sostanzialmente la formazione titolare del momento, cui aggiunge Rolin e Rinaudo, rientrati dalla squalifica, in luogo di Gyomber e Izco. Una scelta che fa discutere e che viene dibattuta anche in conferenza stampa è quella di schierare due terzini più propensi a offendere che a difendere come Peruzzi e Monzon, soprattutto quest'ultimo che deve fronteggiare lo spauracchio Iturbe. Prima dell'inizio del match tutti avrebbero auspicato delle scelte coraggiose come quelle effettivamente intraprese da Pellegrino, perché giocare per il pareggio non sarebbe servito a nulla. Tuttavia, a fronte di una trequarti ricca di elementi, a priori era evidente ai più che su Iturbe andava posta più attenzione. L'indice non va puntato soltanto su Monzon, dal cui lato scaturiranno poi la maggior parte delle occasioni gialloblù del primo tempo (in particolar modo il gol dell'1-0), ma anche sulle indicazioni tattiche in virtù delle quali l'argentino si è sciaguratamente buttato in attacco senza al contempo venire coperto dai centrocampisti, lasciando così Rolin allo sbaraglio e agli improperi.

Alzare la voce per non disonorare ulteriormente la maglia
Non servono ulteriori analisi e approfondimenti per spiegare il motivo di un risultato così deprimente. Necessario invece evidenziare lo stato psicologico mostrato la squadra per invocare un immediato intervento della società che non può permettere ulteriori umiliazioni. La situazione è ormai irrimediabile ma restano altre tre partite e bisogna alzare la voce affinché la maglia non venga disonorata ancora. Si, perché oggi si è vista una squadra non soltanto confusa, imprecisa, tatticamente sbagliata, ma soprattutto non sufficientemente orgogliosa, combattiva, presente. Si è rivisto quel crollo psicologico dopo il gol subito, crollo che non può verificarsi dopo cinque minuti e con altri 85’ a disposizione. La timida reazione si è fermata all’occasione sciupata da Leto. Poi, dopo il 2-0, buio totale. E’ il limite che più di ogni altro ha trascinato il Catania a questo punto e di fronte al quale si infrange ogni ulteriore speranza.