V.Entella-Catania 2-0: Basta coi "difensivismi"

Il rientro di Rinaudo non frutta i risultati sperati.

Il rientro di Rinaudo non frutta i risultati sperati. 

La cura difensiva di Marcolin crolla contro la non trascendentale Entella. Urgono rimedi e scelte differenti.

All’indomani del quarto pareggio consecutivo conquistato in quel di Vicenza, pur nutrendo più di un dubbio sulla svolta tattica “sparagnina” voluta da Marcolin, ci auguravamo avesse ragione lui. Speravamo che quei pareggi faticosamente conquistati con una formazione arroccata in difesa avessero un senso, muovessero la classifica in attesa della “svolta” che inevitabilmente sarebbe dovuta arrivare per uscire dalle sabbie mobili della zona retrocessione. E invece no. Al “Comunale” di Chiavari ecco il responso che tutti scongiuravamo. I pareggi conquistati fuori casa contro formazioni di rilievo come Bari e Vicenza, nella situazione in cui si trova il Catania, continuiamo a non buttarli. Ma l’impressione è che non possano bastare, considerando che il “Massimino” non è più la roccaforte di un tempo e si dovrà sudare ben oltre le proverbiali sette camicie per portare a casa i tre punti anche nelle gare interne che restano (che, tra l’altro, si giocheranno contro compagini arcigne come Avellino, Trapani, Ternana, Livorno e contro la concorrente diretta Cittadella).

Marcolin: l’approccio difensivista non va, scelte coraggiose tardive
Sul banco degli imputati sale inevitabilmente il tecnico Marcolin, sul quale la piazza in realtà rumoreggia da tempo. Non ha, a differenza del predecessore Sannino, il physique du role da pugno di ferro che probabilmente in questo momento tornerebbe utile, non convincono le sue scelte (nei moduli e negli uomini), continuano ad aleggiare i fantasmi dei tre esoneri – e quindi dei tre fallimenti – collezionati in altrettante precedenti esperienze. Oggi il tecnico bresciano ha riproposto quel 3-4-1-2 che aveva restituito un bel po’ di serenità alla retroguardia etnea (e soprattutto alla porta difesa da Gillet, meno perforata del solito) ma che aveva annullato il possesso palla in mediana e, quindi, lo stesso gioco dei rossazzurri, che aveva invece ben impressionato nelle prime uscite della nuova gestione. E’ bastata mezz’ora per far crollare il castello di carte. Sono bastati due cross, concessi con fin troppa disponibilità dai laterateli etnei, per mettere in ambasce tre, e sottolineiamo TRE difensori di fronte all’avversario Masucci che proprio un colosso non è. Ed è un dato di fatto grave, gravissimo a prescindere dal fatto che Masucci abbia deviato la sfera col braccio piuttosto che con la testa. Sotto di due gol, in evidente deficit fisico e psicologico, i pur insistiti fraseggi sulla trequarti non hanno portato da nessuna parte. E a quel punto a niente è servito neanche il tardivo coraggio di Marcolin che ha giocato con quattro giocatori offensivi per tutta la ripresa, ai quali si è poi aggiunto nel finale persino Rossetti. Una partita da dentro o fuori, la grande occasione per sbloccarsi in trasferta, la possibilità di agganciare la zona tranquillità e ridurre il distacco dalle dirette concorrenti avrebbe imposto, in partenza, un atteggiamento tattico diverso, molto più propositivo. Ma adesso è tardi per i rimpianti.

Ma la colpa è davvero di Marcolin?
E, forse, è tardi anche per cambiare allenatore. Marcolin ha le sue colpe, ma non è certo l’unico responsabile dell’attuale classifica del Catania. E’ una squadra condizionata dalla precedente gestione della preparazione atletica, i cui effetti si riverberano ancora oggi. Giocatori “sulle gambe” che non riescono puntualmente a reggere per 90’ i ritmi tenuti dagli avversari, e tre-quattro indisponibili a settimana che privano il tecnico di possibili scelte differenti. E poi la grave lacuna, sul piano tecnico, di non aver consegnato, a qualunque allenatore, da inizio campionato a questa parte, un mediano dai piedi buoni che possa impostare l’azione da dietro. Il primo “handicap” si spera lo si possa superare nel più breve tempo possibile grazie al lavoro (ancora da testare) del nuovo preparatore atletico Neri, sperando che i danni pregressi non siano del tutto irrecuperabili. Il secondo lo si può soltanto aggirare con soluzioni tattiche più coraggiose, che nella prima fase della sua gestione Marcolin aveva peraltro perseguito.

Cambio d’allenatore in vista? Forse non è la soluzione migliore
Mentre scriviamo queste righe si infittiscono le voci su un possibile esonero dell’ex vice di Mihajlovic, invocato da una parte non indifferente del popolo rossazzurro. Ma prima di giocare alla ghigliottina e chiedere la testa dell’ennesimo capro espiatorio, per quanto quest’ultimo ci abbia messo del suo per trovarsi in questa situazione, è lecito chiedersi: ne vale davvero la pena? L’ennesimo scossone tecnico servirà a scuotere una volta per tutte la banda etnea, che sembra soffrire di problemi che vanno ben oltre le scelte del tecnico di turno? O si corre il rischio di mandare ancor più in confusione la truppa? Bisogna fare un paio di considerazioni: se si caccia Marcolin, quale allenatore disponibile sulla piazza sarebbe in grado di ribaltare la situazione? E soprattutto, che allenatore può permettersi, fra quelli disponibili, una società che ne ha già cambiati tre? E si ringrazi il cielo che il Chievo abbia alleggerito il libro paga rossazzurro assumendo Rolando Maran. L’impressione è che lo stesso Marcolin sia stato una scelta di ripiego. Quando è stato assunto gli etnei sembravano vicini ad altri tecnici, come Liverani, e sulla piazza era disponibile Cosmi che è stato poi ingaggiato dal Trapani, non certo una corazzata della cadetteria sul piano economico e del pedigree. A parere di chi scrive la società cercava un tecnico motivato, disponibile a provare a risolvere una situazione grave, e possibilmente non troppo oneroso. E così è arrivato Marcolin. Cacciandolo adesso, quale tecnico navigato accetterebbe la chiamata del Catania in questo momento? Sicuramente non Sannino, per gli evidenti contrasti con la dirigenza. E la stessa dirigenza sarebbe disponibile ad operare l’ennesimo investimento? Si rischia di tornare per l’ennesima volta nel limbo della soluzione interna, che non è detto che sia peggiore, a patto che al Pellegrino di turno si dia la giusta fiducia e non si attribuiscano, invece, lavori a termine.

Non mollare la presa e inseguire la fiducia smarrita contro l’Avellino
Nell’attesa che la società fughi i dubbi di cui sopra, non bisogna comunque mollare la presa. Arrendersi adesso, con dieci partite ancora da giocare, sarebbe delittuoso: per la società, per la squadra e anche per la tifoseria. A prescindere da chi sieda in panchina e da chi vada in campo, bisogna serrare i ranghi, perché retrocedere, nonostante gli aiuti derivanti dalle penalizzazioni inflitte a Brescia e Varese, sarebbe enormemente delittuoso e aprirebbe scenari inquietanti sotto tanti profili. Dunque, testa all’Avellino, formazione poco spettacolare ma enormemente redditizia che naviga in piena zona playoff. Al “Massimino” gli etnei hanno il dovere di crederci e provare ad artigliare, col sostegno del pubblico, tre punti che restituirebbero un po’ di fiducia.