Ultimo appello

I giovani non deludono...

I giovani non deludono... 

Max Licari propone una dettagliata analisi della delicatissima situazione venuta a crearsi in Casa Catania.

Il Catania di Çani e Odjer
Nulla da rimproverare ai tanti ragazzini andati in campo contro l’altrettanto “attapirato” Brescia. Ci hanno messo volontà e “gamba”, quasi quasi riuscendo a portare a casa una vittoria che, francamente, alla vigilia non pensavo fosse mai possibile conseguire sulla base delle defezioni (in campo quattro ipotetici titolari di inizio stagione su undici: Frison, Spolli, Rinaudo, Calaiò) e del clima complessivo venutosi a creare in settimana, in specie a seguito della certo non inopinata, ma sicuramente dal punto di vista della tempistica inopportuna, “dipartita” di mister Sannino. Tuttavia, mi perdonerete, in questo mio commento non mi occuperò dell’analisi tecnico-tattica di un match giocato in un’atmosfera spettrale, con la Curva Nord fuori dallo stadio a protestare e i 5/6.000 presenti poco propensi ad accensioni mistiche nei confronti della squadra. In una situazione come quella attuale del Catania, 21 punti in 19 giornate, a una sola lunghezza dalla zona playout, che senso avrebbe disquisire sulla bontà o meno della formazione iniziale messa in campo da un allenatore reintegrato 24 ore prima, sul modulo o gli schemi proposti oppure sulle sostituzioni più o meno gradite di Çani o Calaiò? Mi limito solamente a segnalare la prova nuovamente positiva (gol e assist) dello stesso centravanti albanese e la conferma del ragazzino ghanese, quel Moses Odjer ormai da tutti soprannominato simpaticamente “cani ‘i caccia”, giustamente applaudito alla sua uscita dal campo a causa di una botta subita (gravissima perdita, perché resto convinto che, con lui in campo, i rossazzurri avrebbero vinto). Punto.

Comunicazione, allenatore, mercato
Assai più importante, di contro, approfondire le due tematiche più “calde”: il rapporto società-tifo e il mercato di gennaio. Bene, partiamo da un presupposto pacifico: siamo giunti all’ultimo appello per la società di Via Magenta. Se si vuole, con un colpo di coda, sistemare la situazione, si dovranno fare delle scelte nette nei prossimi giorni, senza perdere tempo. Ovviamente, non pretendo di avere la bacchetta magica, né ho la presunzione di esprimere verità assolute; mi limiterò a fornire la “mia” ricetta, basata su tre punti essenziali, di seguito esposti in ordine di importanza:

1. Comunicazione. L’asset più importante. Il rapporto società-tifosi, e più in generale società-territorio (stampa, associazioni, istituzioni) è la base su cui si fonda l’esistenza stessa di un’azienda calcistica al giorno d’oggi. È un punto su cui batto dal primo anno della gestione Pulvirenti; purtroppo, i dirigenti succedutisi alla guida del Catania (con la breve eccezione costituita da Gasparin, ma fondata su qualità personali in tale settore e non su una strategia complessiva), purtroppo non hanno mai considerato nella giusta prospettiva questo aspetto. La strategia di comunicazione e di approccio nei confronti del territorio, soprattutto nel caso di un’azienda “anomala” come quella calcistica, in cui il “cliente” non è un semplice burattino passivo, ma un elemento “attivo” che, come dimostrato in questi giorni, può pesantemente “intervenire” nel processo vitale della stessa, è tutto, più di tutto. Conta più di dieci Van Basten, di venti Italo Allodi o di cento Ancelotti. “Comunicazione” non significa soltanto aver cura dei rapporti con la stampa, come qualcuno ancora pensa, quello è solo un aspetto. Significa curare le RELAZIONI con il territorio, pianificandole in modo da poterle gestire sia in situazioni “routine”, sia in tempo di crisi. Solo in questo modo potrai avere la possibilità di evitare “bombe atomiche” come quelle che si stanno abbattendo ora sul Catania. Allo stato attuale, si va avanti in questo modo: tre partite buone, “apparente calma”; due partite andate male, incrocio tra Caporetto e Pearl Harbour. Il concetto è che affidarsi alla sola bontà dei risultati è ormai preistoria. Bisogna porre nella giusta casella i vari “attori” della vita societaria e gestire in maniera corretta e propositiva le relazioni con essi. I tifosi, tutti i tifosi (e non certo solo i gruppi organizzati, come qualche società “old style” ancora pensa) sono “vitali” per la consistenza di un sano progetto di azienda calcistica. Così come lo sono, a cascata, la stampa e le istituzioni. Necessita una strategia e una gestione di tale “comparto”. E bisogna farlo prima di subito, altrimenti la situazione generale andrà a incancrenirsi in maniera definitiva. E, ripeto, non basterà vincere qualche partita o ottenere buoni risultati, giacché rimarrebbe “latente” un’incomprensione, un’incompatibilità di fondo pronta a venir fuori al primo battito d’ali. Questo passo irrinunciabile lo DEVE fare la società, perché la fiducia di 11.000 innamorati dopo una retrocessione dolorosa non può essere gettata alle ortiche.

2. Allenatore. La vicenda di Sannino è paradigmatica di un momento di grande confusione. Sulla tematica, giacché il sottoscritto nella sua carriera giornalistica non ha mi inteso “lisciare il pelo” a nessuno, che si trattasse di dirigenti un po’ troppo fumantini o dell’opinione diffusa tra la maggioranza dei tifosi, esprimerò il mio personalissimo giudizio. Sannino è un bravo allenatore e un uomo “vero”, cui vanno indirizzati complimenti sinceri. Ha dovuto fronteggiare una situazione pazzesca in tema di infortuni e assai difficile in fatto di rapporti con il preparatore atletico Ventrone. E quando non sussiste comunione d’intenti all’interno dello staff tecnico, non si va da nessuna parte. Inoltre, la squadra non era stata costruita sulla base del suo modulo preferito, il 4-4-2, e necessitava di altri interpreti. Quindi, poche colpe “strutturali”possono essergli attribuite. Tuttavia, alla luce dello sviluppo della sua esperienza a Torre del Grifo, non ritengo fosse il profilo giusto per una squadra con ambizioni di promozione diretta. Sannino è un grande motivatore stile Miha, Simeone o Zenga, non avendone però il carisma dettato dalla carriera di giocatore. In più, a differenza di una Miha, per esempio, non è allenatore che riesce a imprimere alla quadra una volontà di imporre il proprio gioco in trasferta (l’emergenza infortuni era presente in casa e fuori: perché in casa si vinceva e in trasferta no?), essenziale in una categoria come la B, in cui si consegue la promozione solo sulla base di un rendimento esterno più che accettabile. In aggiunta, e ritorniamo alla strategia di comunicazione di cui sopra, caratterialmente Sannino ha contribuito suo malgrado, giacché tutto è stato fatto nella massima sincerità e trasparenza, ad accentuare piuttosto che attenuare la contrapposizione tra tifosi e società. In questo senso, il danno prodotto è ancora più importante rispetto ai risultati, tutto sommato buoni in casa e disastrosi lontano dalle mura amiche. Ma, attenzione, Sannino lo si conosceva, le sue caratteristiche caratteriali pure, le statistiche di rendimento casa-trasferta anche. Ergo, si ritorna al punto di partenza: scelta sbagliata da parte della dirigenza. Adesso, è necessario fare una sola cosa, sgombrando il campo da inutili illazioni che già sono cominciate a fiorire: Pellegrino rimane? Ma allora non hanno soldi, di qua, di là… Bisogna prendere un allenatore DEFINITIVO, con le caratteristiche umane giuste per guidare una nave in acque perigliose e con gli asset tecnici adatti alla composizione dell’organico. Esperto di calcio italiano e di Serie B in particolare, in grado di plasmare una mentalità vincente anche in trasferta a una squadra fin qui senza capo né coda. Bisogna farlo subito, senza dare spazio a periodi di “interregno” che farebbero solo lievitare le negatività e il malcontento.

3. Mercato. Anche in questo caso, occorrerà fare scelte definitive. A mio parere, bisogna prendere atto che la parabola professionale di alcuni “senatori” a Catania sia giunta al termine e avere il coraggio di proporre un cambiamento di rotta percepibile in modo chiaro anche da parte dell’ambiente. Fra gli over, in tutti i ruoli, in specie in difesa (disastrosa fin qui) e a centrocampo, bisognerà cercare di “dismettere” alcuni elementi ormai fisicamente e dal punto di vista motivazionale alla frutta e innestare gente di categoria, motivata e atleticamente sana, senza scommesse di sorta, giacché non ce le possiamo permettere. Diciamo almeno 4/5 innesti importanti e “strutturali”. Di contro, per quanto riguarda gli under, penso che il Catania abbia trovato in Escalante, Odjer e Parisi ragazzi già pronti; e devo dire che il polacco Chrapek pare stia cominciando ad ambientarsi, come testimoniano le sue ultime prestazioni. Solo in questo modo si potrà raddrizzare una stagione che, in caso contrario, sarà destinata nel migliore dei casi all’anonimato, nel peggiore all’incubo di una inopinata lotta per evitare la Lega Pro, tenendo conto che allo stato attuale il Catania VI è invischiato in tale lotta…

Non diciamo niente…
Ci sono cose più importanti al momento rispetto alla trasferta prenatalizia di Padova con il Cittadella. Tuttavia, è una partita importante da giocare, perché la classifica piange. I veneti sembrano fra le formazioni fin qui più in difficoltà, ma provengono da un pareggio a Frosinone e avevano impattato anche a La Spezia. Quindi, pensare in grande e sottovalutare, sarebbe un delitto, anche perché non sappiamo letteralmente con quale formazione si potrà scendere in campo. Mi auguro solo che lo si farà con una guida certa in panca e con un rinnovato spirito di lotta. Il resto è poesia… Let’s go, Liotru, let’s go!!!