Tern..o al cotto

Camplone, altro pomeriggio da dimenticare...

Camplone, altro pomeriggio da dimenticare... 

Max Licari sull'ennesima sconfitta esterna a Terni. Difesa imbarazzante, mediana in difficoltà. Ok solo Mazzarani e Di Piazza.

All’ottava, già odore di fallimento tecnico…
Dopo otto giornate, quattro sconfitte (tutte consecutive in trasferta) e sette lunghezze di ritardo dalla capolista Ternana, con sei squadre davanti (e a pari punti con compagini come la Paganese!). Questa la fotografia dell’inizio di campionato del Catania, un “incipit” che già consegna agli osservatori anche meno attenti precoci consapevolezze in merito alle scelte estive, al valore dell’organico, alla gestione complessiva dello stesso. L’analisi oggettiva delle prestazioni palesa una incompletezza della rosa incontrovertibile, soprattutto nel reparto arretrato (14 le reti subite, hanno fatto peggio solo Cavese, Rende e Rieti), probabilmente uno dei più inadeguati dell’intera storia del Catania. Sinceramente, con tutta la benevolenza possibile è imbarazzante assistere alle prestazioni di Mbende o Esposito (ma Saporetti non aveva fatto meglio) e non risulta assolutamente accettabile, per una squadra ipoteticamente costruita per contendere la promozione diretta a concorrenti assai agguerrite, disporre di un solo sostituto, un giovane ex attaccante adattato a difensore (il pur promettente Biondi), nel ruolo di esterno basso in entrambe le fasce, dove già non brilla (eufemismo) l’arrancante Pinto e il medesimo Calapai, per caratteristiche, risulta maggiormente propenso alla fluidificazione (vedasi l’assist al “Liberati” per il momentaneo vantaggio di Mazzarani) che a difendere. Ma non è solo una questione difensiva. Il centrocampo atleticamente non regge il pressing dell’avversario e alcune scelte forti, come Dall’Oglio (con Welbeck, centrocampista difensivo che non può cantare e portare la croce, l’unico volto nuovo in questo reparto), finora si rivelano perdenti. In avanti, sugli esterni, non possono essere realmente credibili le opzioni di flop storici, per giunta perennemente infortunati, come Barisic o Rossetti, quando sai che il pur encomiabile Catania ha 38 anni, Sarno negli ultimi anni ha sofferto spesso stop fisici e non offre garanzie di continuità e Di Molfetta è il classico giocatore alla Russotto (ma l’ex etneo è più forte tecnicamente), bravo ma altalenante nel rendimento. E non vorremmo rigirare il coltello nella piaga di un’autentica scelta kamikaze come quella di riconfermare Curiale come alternativa a Di Piazza nel ruolo di centravanti... La Ternana, realmente costruita per vincere, come sostituti in panchina si ritrova Vantaggiato e Marilungo, gente che ha fatto la Serie A, nonché un ottimo attaccante di categoria come Torromino. Manca il play Proietti? Lo si sostituisce con Palumbo, una sorta di “oggetto del desiderio” catanese non più tardi di un anno fa. Di contro, Camplone, già in grande difficoltà, cosa fa? Si gira e si ritrova davanti Rizzo, Curiale, Rossetti o Barisic… Non c’è proprio partita. Tuttavia, vi è un problema ancora più grosso. La carenza di personalità, abbinata alle caratteristiche atletiche della rosa, improntate al passo lento e compassato. Si gestisce “malissimo” (cit. Camplone) la palla, mostrando lacune tecniche negli interpreti. Bloccato (come sempre fuori dalle mura amiche) Lodi, i vari Welbeck, Dall’Oglio, Rizzo, Llama, Di Molfetta e soci (ma lo sarebbero anche Biagianti e Bucolo, intendiamoci) non sono semplicemente in grado di costruire gioco. Punto. Pur tralasciando le gare di Potenza e Reggio, in cui si era andati meritatamente sotto nel punteggio, è triste dover ammettere come pure a Monopoli e a Terni, con la squadra miracolosamente in vantaggio, nemmeno il più ottimista dei tifosi disponesse del coraggio necessario a poter sperare che la gara non dovesse concludersi con l’ineluttabile sconfitta dei rossazzurri. Il Catania dà proprio una chiara impressione di fragilità caratteriale, nonché appunto una evidentissima carenza in fatto di personalità, addirittura paradossale in una formazione dall’età media fra le più alte del girone. Ecco perché, nell’editoriale realizzato al termine dello scorso torneo, chi scrive aveva auspicato una rivoluzione totale che portasse a un radicale cambio di pagina per quanto concerne i cosiddetti “senatori”, anche lo stesso Ciccio Lodi, secondo cannoniere di sempre in maglia etnea, ma inadeguato al passo della categoria, in specie nelle gare a domicilio. Ecco perché in molti, compreso lo stesso scrivente, avevano espresso robuste perplessità in merito alla composizione dell’organico, malgrado le rassicuranti dichiarazioni della società. Ecco perché le responsabilità debbano essere addebitate principalmente a chi sceglie, chi decide: la dirigenza. Ecco perché ci si attendono le dimissioni di Camplone; non perché abbia colpe particolari, come non le avevano Lucarelli o Sottil, pur protagonisti, come lo stesso trainer ex perugino, di scelte talora non felicissime; ma perché ha avallato, con dichiarazioni chiare e inequivocabili (“squadra forte e completa in ogni reparto”), le scelte estive della società. Coerentemente, alla luce di quanto sta accadendo e delle sue stesse dichiarazioni postgara, dovrebbe prendere atto di una situazione totalmente difforme rispetto alle aspettative.



Imbarazzante fragilità
Camplone, a nostro avviso, non poteva che mettere in campo quel 4-3-3. Ed è proprio questo il problema. Purtroppo, contro giocatori come Palumbo (poi espulso a fine match), Salzano e Paghera in mezzo, tutta gente di gamba, e attaccanti svelti come Partipilo e Ferrante, supportati da un trequartista atipico come Furlan, molto bravo a svariare sulla corsia destra a cercarsi il lato debole della difesa avversaria, l’impianto difensivo è apparso subito fragile come cristallo, mal supportato da una mediana che non corre se non in Welbeck (seppur il ghanese sia molto lento, insufficiente la sua prova). Molto deludente, fin qui, Dall’Oglio (ma Rizzo non è che sia molto meglio…), mentre Lodi dimostra nelle gare in trasferta di non poter essere utile alla causa; una volta pressato, si spegne la luce; ormai lo sanno tutti, non si capisce perché il Catania debba sottoporsi sempre al medesimo trattamento, senza nemmeno pensare a un cambiamento. Già dopo 2’, stessa azione di Reggio Calabria, non finalizzata da Ferrante, a far comprendere quale sia l’andazzo… E, come detto, neppure il vantaggio ottenuto al 16’ con Mazzarani, che finalizza una bella percussione di Calapai, può rinfocolare le speranze dei tifosi dell’Elefante, perché giunto quasi come un fulmine a ciel sereno nell’oceano di palle gol concesse ai rossoverdi da una difesa sconcertante, non protetta da una mediana fiacca. Infatti, non può sorprendere il pareggio della Ternana al 31’ al termine dell’ennesima discesa di Furlan sulla destra, dove l’adattato Biondi difensivamente fa quel poco che può, e grazie a una imbarazzante autorete di un improponibile Mbende. Un piccolo miglioramento rispetto al “Granillo”, se proprio si vuole far fiorire un timido bocciolo di speranza in un deserto di mediocrità e disillusione, lo si può riscontrare nella ricerca, comunque, di un minimo di propositività in avanti, tanto che con Mazzarani, nettamente il migliore dei suoi fin quando fisicamente in condizione, si riesce in un paio di occasioni a impensierire Iannarilli. Nella ripresa, subito il crollo, temuto e inevitabile. Due reti prese, una al 48’ (Paghera, liberissimo di battere Furlan sull’ennesima discesa di Furlan sulla destra), l’altra al 51’ (autorete di Biondi su azione da corner, ma nell’occasione ci pare netto il fallo di Bergamelli, non rilevato dall’arbitro) chiudono subito il conto, a dimostrazione dell’assoluta inadeguatezza dell’apparato difensivo del Catania. Le sostituzioni di Camplone, che giunge a inserire sostanzialmente tutti gli attaccanti a disposizione (Rossetti, Barisic, Llama, Curiale) suonano troppo come “il coraggio della disperazione”. Il Catania trova sì la rete del 2-3 con Di Piazza (assist di Barisic), ma rischia un’imbarcata pesantissima, evitata dall’imprecisione dei vari subentrati Vantaggiato e Marilungo, nonché da qualche buon intervento di Furlan. Una sconfitta indiscutibile, che non deve regalare alcun alibi (come quello dell’arbitro, scarso come quasi tutti i direttori di gara della categoria, tirato fuori da capitan Lodi a fine partita), solo riflessioni, anche importanti, da parte della società.

Tre gare casalinghe su quattro per respirare
Il calendario aiuterà il Catania. Delle prossime quattro partite, tre si giocheranno al “Massimino” (Picerno, Bisceglie e Bari), una in trasferta (Vibo). Riuscire a indovinare un filotto positivo, almeno fino al match contro il Bari del nuovo tecnico VIvarini (in netta ripresa), costituirebbe un’autentica boccata d’ossigeno per i rossazzurri. Senza illudersi, però. Il campo parla chiaro, in mancanza di un eventuale robusto mercato di gennaio, le possibilità di salto di categoria si approssimeranno allo zero. Si è sbagliato anche quest’anno nella strategia tecnica complessiva e nelle scelte singole, questa è la realtà. E un altro anno in Serie C, tutto a perdere, non farebbe bene… Let’s go, Liotru, let’s go!