Solita solfa

Frison, ingenuità decisiva...

Frison, ingenuità decisiva... 

Max Licari sulla "prova del 9" fallita dai rossazzurri al "Partenio". Soliti errori, solite ingenuità, solito risultato...

Prova di maturità fallita
Si può perdere contro una squadra dal tasso tecnico così basso? Evidentemente sì, e quello che fa più rabbia è che si tratta di comportamento recidivo, considerato che i rossazzurri in trasferta hanno lasciato le penne in campi come Avellino, appunto, Vercelli, Perugia, Frosinone o La Spezia. Se qualcuno, quindi, si era illuso che questa squadra avesse finalmente imboccato la “retta via”, è stato sonoramente “sculacciato” dalla prestazione complessivamente negativa sia sotto il profilo tecnico, sia sotto quello squisitamente caratteriale, sciorinata dagli uomini di Sannino al “Partenio”. La “prova del 9” è stata fallita, la continuità di risultati essenziale in una ipotetica rincorsa alle posizioni di vetta rimane utopia. Quando si racimola un misero punto (Crotone) su sei gare esterne, la promozione rimane solo una pia illusione. Attenzione, lo dico subito, gli irpini non avrebbero meritato la vittoria, checché ne dica lo sconcertante trainer locale, cui l’abbondante dose di fortuna che lo accompagna dall’inizio della stagione deve aver dato alla testa, ma ciò non giustifica in alcun modo l’ennesima “campagna delle pive nel sacco” condotta dalla sempre più ipotetica “corazzata” etnea. Gara inguardabile, fatta più di calci che di calcio, anche perché l’Avellino solo su quel fronte poteva metterla, sostanziata da lanci alla carlona, mai due passaggi di fila azzeccati, insomma un “museo degli orrori” cui purtroppo dovremo abituarci sempre di più. Gara risolta da un calcio di rigore non chiarissimo, ma comunque susseguente a clamorosa ingenuità del portiere Frison, nell’unica occasione in cui nel primo tempo i padroni di casa erano riusciti letteralmente a “spingere” il pallone dalle parti dell’area catanese. Una pena, così come una pena, onestamente, risulta il dover constatare che a una squadra del genere il Catania non sia riuscito a fare un tiro in porta decente, un’azione manovrata degna di questo nome, un “qualcosa” in definitiva che giustificasse il ruolo di “favoriti” che ancora furbescamente gli avversari continuano ad attribuire alla compagine dell’Elefante. Non conta nulla, ovviamente, la poco consolante osservazione che nemmeno l’Avellino abbia prodotto un beneamato fico secco, nell’ambito di una gara da 0-0 scritto. L’esatto “remake” della partita di Frosinone, con la differenza che i ciociari avevano mostrato qualcosa in più sotto il profilo tecnico, pur nell’ambito di un “fil rouge” che conduce al Vuoto Pneumatico. I giocatori dell’Avellino sono tecnicamente quello che sono e fanno quello che possono. A loro è concesso mostrare il Nulla Cosmico mostrato al “Partenio”. Al Catania no. E non si venga in alcun modo a “suggerire” alibi di sorta, della specie “mancava Rosina”, perché la situazione peggiorerebbe ulteriormente. Il Catania, con Monzon, Martinho, Calaiò, Rinaudo o Leto in campo dovrebbe almeno produrre un minimo di gioco contro D’Angelo, Arrighini o Pisacane. Siamo seri. Tuttavia, adesso non bisogna incorrere nel solito errore di considerare tutto perduto dopo una sconfitta, seppur assai dolorosa perché giunta al cospetto di un avversario di modestissima caratura, così come si era pensato di poter fare una passeggiata di salute fino alla promozione dopo le due ultime vittorie interne consecutive. Questa è la B, un campionato lungo in cui tutto è possibile e tutto recuperabile. E, visto il livello delle prime (incredibilmente l’Avellino si trova nelle posizioni di avanguardia della graduatoria), ci si deve per forza credere. Il Catania non è di certo inferiore. Ma, agli occhi dei tifosi, ha una colpa quasi incancellabile: quella di far sistematicamente gioire pubblici, giocatori e allenatori di squadre che, dopo aver prodotto 90’ di calci agli stinchi, falli tattici sistematici, confusione disorganizzata, manfrine di periferia, lanci alla viva il parroco, simulazioni (indimenticabile quella di Catellani) e simili, al fischio finale dell’immancabile arbitro insufficiente, si esibiscono in esultanze da Champions League che andrebbero meglio all’interno di film tipo “L’allenatore nel pallone”. Questo è ciò che procura più fastidio, non la classifica pur deficitaria. Quella è recuperabile, i danni alle coronarie no.

Mister, perché?
Lo abbiamo coccolato, lo abbiamo incensato, abbiamo sottolineato le sue “uscite dialettiche” atte a rinvigorire una piazza depressa, ma la formazione che ha presentato al “Partenio” non l’ho capita, non l’ho capita proprio. Cominciamo dalla difesa. Capuano, terzino sinistro, lasciato al centro e Gyomber, centrale difensivo, posizionato a sinistra? Centrocampo a 4 con Martinho a destra e Monzon a sinistra? Leto a fianco di Calaiò in attacco? Ma PERCHE’??? Perché, mister, inventarsi tutte queste soluzioni estemporanee in una gara che tutti avevamo “introdotto” come crocevia essenziale della stagione? Può la sola assenza di un giocatore, pur importante, come Rosina produrre tutti questi cambiamenti e adattamenti? Non sarebbe stato più facile fare un 4-3-3 con Calello in mezzo e Marcelinho in avanti? O, se proprio si voleva mantenere il 4-4-2, lasciare Jankovic (o Marcelinho in alternativa) a destra e inserire Cani (o lo stesso brasiliano in appoggio) in avanti, senza “riesumare” un elemento che dal punto di vista fisico e tecnico può al momento dare poco, oltre a essere un “rischio” perché “inviso” alla quasi totalità della tifoseria? Perché, mister, tutti questi arzigogoli per giocare contro L’AVELLINO? Si è data l’impressione di temere troppo questa gara e “rispettare” in maniera eccessiva un avversario che, se aggredito nella maniera giusta, non poteva che andare in difficoltà, vista la sua indubitabile pochezza tecnica. Certo, con il “senno di poi” tutto è più facile e trinciare giudizi a gara fatta e risultato ottenuto non è mai la stessa cosa rispetto al “fare” in corso d’opera, ma la sensazione è che questa volta si sia voluto andare in qualche modo a cercarsi i problemi, aggiungendone piuttosto che eliminandone una porzione. Poi, è anche vero che l’ennesimo infortunio serio (Peruzzi) di un inizio di stagione (ancora una volta) travagliato abbia rimescolato le carte, ma tutti gli aggiustamenti in corsa, da Marcelinho a Calello a Cani, non hanno ovviamente mutato il trend di una gara ormai indirizzata verso la totale “confusione”, esattamente come da copione avellinese, impostato tutto su aggressività, agonismo e provocazioni. In questo campo, anche in considerazione della giornata negativa di Rinaudo ed Escalante (ma si poteva mettere in conto un calo dei due centrocampisti dopo le belle prestazioni delle ultime gare) e della iella nera che sembra accompagnare i rossazzurri da un anno e mezzo a questa parte, non si poteva che perdere, giacché prima o poi l’episodio assurdamente negativo accade, come è accaduto a Perugia, a Crotone, a Frosinone. Ed è capitato il rigore furbescamente procuratosi dal capocannoniere del campionato Castaldo nell’unica occasione in cui ha toccato palla in area di rigore. Ma questo deve suonare a esclusivo DEMERITO del Catania, non a giustificazione effimera. Ancora una volta, gli etnei se la sono voluta…

Gennaio e Varese
Dopo gli 8 gol in 2 partite, non proporre un tiro in porta ad Avellino, né un’azione “illuminata” degna di questo nome deve far (ri)suonare il campanello d’allarme. Può questa squadra permettersi di essere “Rosina dipendente”? E’ lo stesso discorso che si faceva durante l’assenza di Rinaudo o quando, alla seconda giornata, Calaiò ha saltato la partita di Vercelli perché squalificato. Può l’assenza di un solo giocatore condizionare il gioco di una squadra? Evidentemente, visti i risultati e le prestazioni, sì. E ciò significa che Rinaudo, Rosina e Calaiò, purtroppo, non hanno sostituti all’altezza; all’altezza, si intende, degli obiettivi della società, alias “promozione diretta”. Ciò riporta alla “questione di gennaio” (sembra quasi uno slogan storico): si dovrà in ogni caso intervenire, pena il non raggiungimento di tali obiettivi. Intanto, corre obbligo concentrarsi sul Varese, prossima gara interna da non fallire assolutamente. A parte gli indisponibili Spolli, Rolin, Castro, Rosina e Peruzzi (che starà fuori almeno per un paio di mesi), vi è in dubbio anche Martinho; l’emergenza infortuni continua, sembra non arrestarsi mai. La speranza è che si riesca a “tamponare”, ma questa “politica della pezza” non può protrarsi all’infinito. Tuttavia, non facciamoci trascinare dal vortice negativo e reagiamo, lottando fino alla fine. Let’s go, Liotru, let’s go!!!