Quattro Rieti di speranza

Finalmente una trasferta positiva...

Finalmente una trasferta positiva... 

Max Licari sul successo etneo a RIeti. Boccata d'ossigeno, ma strada lunga. Bene il 4-4-2 e Di Molfetta.

Nessuna sopravvalutazione, nessuna sottovalutazione
Onestamente, salutare un nuovo “Rinascimento Rossazzurro” dopo il pur sonante 4-1 ottenuto allo “Scopigno” di Rieti sarebbe fuorviante oltre che illusorio. E di tutto necessita l’ambiente etneo al momento tranne che di illusioni o pericolose nonché infondate esaltazioni. Troppo “morbida” l’opposizione dei modestissimi laziali per autorizzare qualsivoglia pensiero di già avvenuta resurrezione dell’azzoppato Elefante di questo fine 2019. Serve equilibrio, in tutte le direzioni, non finiremo mai di ripeterlo. Pertanto, in maniera sicuramente più oggettiva, potremmo individuare nella buona prova offerta dagli uomini di Lucarelli in terra reatina alcuni prodromi di una eventuale presa di coscienza dell’effettiva struttura valoriale (sotto il profilo tecnico, atletico e caratteriale) della rosa a disposizione del tecnico. Cioè, una sorta di avvio nel percorso di rifondazione che dovrà trovare nel mercato di gennaio il suo momento culmine; un “innesco” che, finalmente, faccia comprendere come alcune decisioni “improcrastinabili” siano in fase di espletamento definitivo. L’accantonamento dal primo minuto di molti senatori (Lodi, addirittura, non convocato), un giovane come Biondi promosso titolare, l’adozione di un modulo più adatto alle caratteristiche dell'organico, l’utilizzo di Di Molfetta in attacco, a comporre un tandem interessante per complementarietà tipologica con Di Piazza; tutti “piccoli” indizi di una ritrovata lucidità che, certamente, non costituiscono una prova, ma che possono accendere un barlume di speranza nel prossimo futuro. Paradossalmente, il Catania ha ritrovato compattezza nel momento più tragico, uno dei più delicati dell’intera storia rossazzurra. Risultati deludenti, contestazioni feroci che sui social network raggiungono punte di parossismo inusitate, una partita giocata a porte chiuse in seguito a evidenti difficoltà economiche e gestionali, una conferenza stampa dell’A.D. Lo Monaco in cui si contribuisce a mantenere alti i toni anziché smorzarli e che ne sancisce le dimissioni, la vergognosa aggressione fisica subita dallo stesso Lo Monaco in settimana, la decisione, poi rientrata, di non giocare la gara di Coppa Italia, l’ulteriore determinazione da parte della proprietà nel ribadire come la società sia in vendita, le connesse voci di interessamento da parte di un personaggio più che “chiacchierato”: ce n’era da affondare un transatlantico. Ecco, da questo punto di vista, si sono confermate le qualità migliori di Cristiano Lucarelli. Così come a Messina, il trainer livornese ha preso saldamente in mano il timone della navicella squassata dai procellosi marosi dell’autodissolvimento, ci ha messo la faccia, assumendosi tutte le responsabilità e prendendo le decisioni più coraggiose e difficili. Chiaramente, senza i risultati tutto sarebbe stato vano, ma la fortuna aiuta gli audaci. La boccata d’ossigeno in classifica assume cruciale rilevanza anche alla luce dei risultati (le prime cinque viaggiano, al momento, a ritmi assai più veloci, ma i rossazzurri, a quota 24 punti, raggiungono il settimo posto in coabitazione con il Catanzaro di Grassadonia, pur avendo una partita giocata in meno). Bisogna, adesso, non commettere l’errore di svilirli, questi risultati. Abbiamo già premesso l’assoluta modestia degli uomini di Caneo, ma non possiamo dimenticare come in passato gli etnei fossero stati capaci di incorrere in tremende figuracce, anche in casa, con squadre come Melfi o Bisceglie. Certe partite bisogna comunque vincerle e il Catania lo ha fatto con tranquillità, interrompendo una striscia di sei sconfitte esterne consecutive. Inoltre, non bisogna dimenticare la vittoria di Coppa Italia a Potenza (un obiettivo stagionale dichiarato), in emergenza e contro un avversario decisamente più forte del Rieti.

Rispetto
Il Catania ha necessità di ritrovare entusiasmo, autostima e, soprattutto, il sostegno dei propri tifosi. Noi, storicamente, siamo nati con questa funzione e mai, coerentemente, ci sottrarremo a tale compito. Sempre, sempre, sempre inviteremo i tifosi a riempire il “Massimino”! Però, contestualmente non commetteremo un errore ancor più grave della suicida esaltazione di un successo ottenuto contro un avversario comodo o l’altrettanto improvvida sottovalutazione dell’importanza a livello morale di un risultato così largo e positivo. Chiunque, come i gruppi organizzati della Nord o qualsiasi altro tifoso del Liotru, abbia assunto consapevolmente la decisione di non presenziare alle gare interne del Catania ha innanzitutto la libertà di farlo, oltre che le proprie insindacabili ragioni da addurre. Nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare, criticare, additare al pubblico ludibrio, fornire “patenti di tifo” sulla base di un ipotetico maggiore o minore attaccamento alla maglia. Nessuno. Ciascuno, in coscienza, fa ciò che ritiene più opportuno in direzione del bene del sodalizio rossazzurro, senza che vi sia il bisogno di essere giudicato come in un tribunale da coloro che assumono altre determinazioni. Ci si potrebbe appellare a un solo tribunale, quello della Ragione di illuministica memoria. E la Ragione, quel poco di lume di intelletto residuale in un’epoca di analfabetismo funzionale imperante, impone il RISPETTO, parola quasi sconosciuta al giorno d’oggi (e sui social network in particolare). RISPETTO. RISPETTO delle opinioni altrui, nulla di più. L’unico appello che ci sentiamo di fare, per il bene del Catania, NON dell’attuale società del Calcio Catania (quelle passano, nulla è eterno), ma del CATANIA inteso come inscindibile connubio tra gli alunni di Madre Etna e la loro tradizione, la loro storia, la loro maglia, il sostrato stesso di quel “panismo rossazzurro” che sottende alla quasi magica compenetrazione tra il figlio del Liotru e la sua naturale proiezione sul terreno di gioco, è quello di cercare un po’ tutti di comprendere la situazione e aiutare i processi societari in atto, abbassando i toni, senza abbandonarsi a inutili e sterili isterismi. Ciò non significa, si badi bene, rinunciare al fondamentale diritto di critica, tapparsi gli occhi davanti all’evidenza, non denunciare con forza criticità, non evidenziare falle o storture, non monitorare situazioni potenzialmente deflagranti, non chiedere conto di palesi errori o mancanze. Non significa, cioè, per usare un termine tanto caro alla becera stupidità imperante, essere “servi” (di non si sa cosa, fra l’altro), "schiavi" di questo o quell’altro dirigente, “conniventi” con imprecisate forze della Restaurazione o “complici” di complotti internazionali volti al mantenimento dello “statu quo” di una società in evidenti difficoltà, peraltro non negate. Significa unicamente e semplicemente usare un pizzico di “gnegno”, come si dice dalle nostre parti; significa avere l’umiltà di interrogarsi sull’opportunità di alimentare senza freno (e, molte volte, senza avere il supporto di fonti certe) focolai potenzialmente deflagranti che, poi, non possono che inevitabilmente condurre a ciò cui abbiamo, impotenti, assistito negli ultimi giorni, “autogol” clamorosi che gettano discredito non solo verso una tifoseria gloriosa come quella rossazzurra, ma verso la città di Catania medesima, ancora una volta a livello mondiale in prima pagina e sulla bocca di tutti, anche di improvvisati “moralisti” dell’ultima ora, SOLO ED ESCLUSIVAMENTE per colpe nostre, non di altri. Così come, in modo sacrosanto, si è chiesto a società, tecnici e giocatori di non accampare alcun alibi a discolpa di una situazione tragicomica figlia unicamente di errori “interni”, altrettanto si deve avere il coraggio di non cercarne in relazione a eventi di cronaca nera, ben identificati e identificabili, che non possono in alcun modo essere sottovalutati, sminuiti, sottaciuti, giustificati. La Storia ci insegna che tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Cerchiamo tutti, ognuno nell’ambito delle proprie possibilità, di adoperarci affinché il naturale epilogo di questa “epoca” calcistica -che solo in futuro (e con sguardo lucido e scevro da incrostazioni figlie della contingenza) si potrà analizzare e giudicare in modo definitivo nelle sue positività (promozione in A, 8 anni consecutivi e record di punti in massima serie, colpi di mercato, attivi di bilancio, Torre del Grifo) o negatività (“decadenza cosentiniana”, retrocessione in B, “Treni del gol”, baratro economico, cinque anni di inferno in C, errori tecnici e gestionali, scollamento con la tifoseria)- possa non sfociare nella tragedia della perdita di una matricola, quel leggendario 11700, cui è legata una fetta importante dei nostri cuori.

Il 4-4-2 (o 4-4-1-1 oppure 4-2-3-1) è la strada giusta?
A giudicare dalle ultime due gare, le vittorie di Potenza e Rieti, la nuova strada tattica intrapresa da Lucarelli “funzionicchia”. Abbandonato l’inguardabile 5-3-2, inadatto alle caratteristiche del gruppo e incapace di generare un minimo di gioco offensivo, Lucarelli sembra aver virato definitivamente verso una disposizione tattica che prevede quattro difensori di ruolo, quattro centrocampisti, una mezza punta e una punta. Chiamiamolo 4-4-2 classico, chiamiamolo 4-4-1-1, chiamiamolo 4-2-3-1, sempre della stessa cosa parliamo. In realtà, pare proprio un 4-2-3-1 in fase di possesso e un 4-4-1-1 in fase di non possesso. Insomma, un modulo più adatto alle caratteristiche dell’organico attualmente a disposizione. Dismesso (a quanto pare definitivamente) il “paradigma Lodi” che ha caratterizzato le ultime tre stagioni, cioè una squadra impostata unicamente su di una fonte di gioco (talora produttiva in fatto di reti su calcio piazzato, altre volte deleteria in quanto, una volta neutralizzata, limitante per il gioco della squadra), il Catania adesso appare più razionale: quattro difensori di ruolo, con i due terzini chiamati a fluidificare (soprattutto Calapai), due mediani robusti davanti alla difesa (Rizzo e Dall’Oglio), due esterni di cui uno di gamba (Biondi) e l’altro di tecnica (Mazzarani), un fantasista pronto a spaziare su tutto il fronte d’attacco (Di Molfetta) e una punta centrale (Di Piazza) abile sulla profondità. Così, la squadra appare meglio disposta in campo e, in special modo, più predisposta ad accompagnare con più uomini l’azione d’attacco. Non solo. Nell’ambito di questa disposizione, sarà più facile a gennaio operare i (tanti) cambi necessari. Fermo restando che 7/8 elementi ormai non più funzionali verranno ceduti o non più utilizzati, la certezza del modulo consentirà di inserire due difensori, due centrocampisti e due attaccanti (tutti titolari) sulla carta più forti o comunque alternativi rispetto a coloro che verranno ritenuti meritevoli di rimanere. Allo “Scopigno” questo assetto ha funzionato da subito, consentendo di creare numerose palle gol (già dopo 8’ Di Piazza falliva una clamorosa occasione a tu per tu con Addario), segnare una rete al 15’ con Di Molfetta su clamoroso errore della difesa di casa e continuare a rimanere pericolosi per tutto il match, assommando non meno di dieci, undici nitide occasioni da gol, comprese le ulteriori tre segnature siglate dallo stesso Di Molfetta (assist di Biondi) al 49’, da Di Piazza (assist del neoentrato Barisic) al 68’ e dal subentrato Catania (altra assistenza decisiva dello sloveno) al 82’. Certo, la già citata modestia dell’avversario e la prematura espulsione di Granata al 31’ hanno “aiutato” i rossazzurri, ma vi è da dire che la continuità d’azione, la voglia di chiudere il match, la determinazione a mostrare di prodigarsi per cambiare il destino della stagione si sono in ogni caso visti. Molto bene la fascia destra, con lo straripante Calapai (migliore in campo), ben coadiuvato da Biondi, nonché la coppia d’attacco costituita da Di Molfetta (doppietta significativa) e Di Piazza, apparsa ben assortita come a Potenza. Discreto anche Biagianti, chiamato a sostituire Mazzarani a centrocampo a inizio secondo tempo a seguito dell’espulsione di Dall’Oglio. Da notare come proprio dalla ricostituzione della parità numerica, sul risultato di minimo scarto a favore, il Catania abbia tratto psicologicamente linfa per produrre l’accelerazione definitiva capace di chiudere definitivamente la partita. Note stonate: la già menzionata espulsione procuratasi a inizio ripresa da Dall’Oglio (seconda stagionale) per un’inutile e scellerata entrata nei confronti di un difensore laziale sul limite dell’area avversaria (“doppio giallo” evitabilissimo), l’infortunio di Biondi (speriamo non si tratti di qualcosa di serio), la rete subita al 74’ da De Sarlo (a difesa colpevolmente ferma) e la mancata esultanza al gol (settimo complessivo in campionato) di Di Piazza, una circostanza polemica nei confronti dei 31 tifosi presenti a Rieti poi comunque giunta a un chiarimento distensivo su Instagram.

Con il Rende per continuare il percorso di crescita
Il calendario sembra aiutare il Catania. Il prossimo avversario al “Massimino” sarà il Rende ultimo in classifica, a pochi giorni dal recupero infrasettimanale di Pagani (11 dicembre, ore 14.30). Vincere e rinsaldare la deficitaria classifica appare l’unica medicina efficace in questo frangente. Vivendo alla giornata, senza soverchie illusioni, aggiungeremmo noi… Let’s go, Liotru, let’s go!