Panca Rei

Pancaro, game over...

Pancaro, game over... 

Max Licari sulla rovinosa sconfitta interna con la Casertana. Necessaria una svolta forte e immediata.

Tutto scorre…verso l’iceberg!
Il titolo del mio commento riassume quella che è stata la filosofia gestionale di Pancaro, giunta ormai al capolinea. Una filosofia improntata al “panta rei” di pseudoeraclitiana memoria: facciamo "scorrere" tutto, non facciamoci toccare da nulla, proseguiamo dritti per la nostra strada senza ascoltare niente e nessuno, fino al raggiungimento del nostro obiettivo. Purtroppo quell’obiettivo si trasforma poi in una chimera e ci si ritrova davanti a un tunnel cieco come nei cartoons di Willy il Coyote... Una pericolosissima riedizione in salsa rossazzurra della famosa corsa del Titanic verso l’iceberg! L’avventura di Pancaro, per il sottoscritto, finisce senza possibilità di appello al minuto 83 di Catania-Casertana. Sotto di un gol, in superiorità numerica per l'espulsione di Bonifazi a mezzora dalla fine, con la squadra avversaria tutta rintanata nella propria metà campo, il tecnico (ex?) rossazzurro sostituisce un terzino, Garufo, con un altro terzino, Parisi. Mi sembra non ci sia null’altro da argomentare. Quand’anche fosse stato costretto da un infortunio dell’ex trapanese, ci sarebbe da chiedersi a cosa potesse servire ancora una difesa a 4 in quella situazione! Se non si può schierare la retroguardia a tre nemmeno in situazioni similari, si è alla frutta. Fermiamoci un attimo, però, e analizziamo lucidamente la situazione, senza reazioni "di pancia"; per quanto possibile, ovviamente, a viscerali innamorati del Liotru.

Onestà intellettuale
Sì, onestà intellettuale impone di dare a Pancaro quel che è di Pancaro. Ha accettato a scatola chiusa una società, una squadra, una piazza flagellata da una delle più dolorose vicende della sua ormai settantennale storia. Ha lavorato sodo, senza mai fare una polemica, in una situazione esplosiva, impossibilitato a impostare una preparazione completa e con giocatori “vieni e va”. Ha azzerato la penalizzazione in tre partite, consentendo di impostare un campionato più tranquillo alla dirigenza. Non ha mai alzato i toni. Non è mai andato allo scontro con chicchessia, cercando di favorire la tranquillità dello spogliatoio. Tutto vero e gliene va dato atto.

Oggettività
Tuttavia, le risultanze tecnico-tattiche del suo lavoro, al netto degli scontati “distinguo” (sopra elencati), che non devono comunque costituire alibi alla ventiquattresima giornata di campionato, si sono rivelate assai deludenti. Ciò che spicca maggiormente agli occhi dei tifosi etnei è l’assoluta carenza di elasticità dimostrata. Un solo modulo (e una sola alternativa da utilizzare in situazioni di emergenza), scelte tecniche univoche alle quali abbarbicarsi con ostinazione, talvolta conducendo ciecamente la navicella rossazzurra contro gli scogli affioranti, ignaro degli avvertimenti degli amici naviganti. Sì, perché coloro che muovevano e muovono critiche non sono NEMICI, ma amici, innamorati del Catania che vorrebbero vedere la propria squadra raccogliere i frutti del pur meritevole e duro lavoro settimanale. Se ti arriva qualche “nota”, suffragata da dati oggettivi, penso tu abbia il dovere almeno di prenderla in considerazione! Pancaro, purtroppo, ha dimostrato una, diciamo, tendenza alla “coerenza assoluta” che sfocia nell’autolesionismo. Una sorta di “sadomasochismo” calcistico che non può assolutamente albergare in una piazza come quella catanese. Sadismo perché con pervicacia “infligge” scelte perdenti ai propri tifosi; masochismo perché tali scelte costituiscono la sublimazione dell’autolesionismo di cui sopra. Basta. Game over. Lo affermo con tristezza, giacché nulla ho contro l’uomo, di grande valore e a cui auguro tutto il bene possibile in funzione del prosieguo della sua carriera. Mi sarebbe piaciuto tantissimo che quell’inizio folgorante potesse costituire il prodromo di un’esaltante avventura alle falde dell’Etna. Avevo sperato, avevo scritto che mi sarebbe garbato assai che si rivelasse finalmente l’uomo giusto per il Catania dopo due anni di sofferenze inaudite, che fosse il “predestinato” presentato dalla dirigenza del Catania (retrospettivamente, incaute quelle parole; sarebbe meglio non esagerare nelle valutazioni positive "a priori"). Non è accaduto. Peccato. La misura, adesso, è colma. Il Catania, pur avendo un organico da prime posizioni, si ritrova in piena zona play-out a lottare con squadre sì inferiori, ma abituate a sputare sangue per la sopravvivenza in queste categorie. I numeri sono impietosi: nelle ultime quattro partite due sconfitte e due pareggi, 0 gol segnati. In più, il Catania continua a non vincere con una ipotetica “pari grado” tecnica (non di blasone, non scherziamo): non ha mai sconfitto una delle prime cinque in classifica. Inaccettabile. E molto, molto pericoloso. Intervenire subito e in maniera profonda, questo l’imperativo per la dirigenza che, mi dispiace dirlo perché ritengo che complessivamente abbia fatto un buon lavoro finora, ha commesso un grave errore a non cambiare l’allenatore “almeno” dopo l’incredibile sconfitta di Ischia, anche se si era già capito molto prima che non fosse il profilo di tecnico adatto alla nostra piazza. Ci vuole un trainer esperto della categoria e delle situazioni complicate, di polso, in grado di concludere il campionato almeno un punto sopra la zona play-out. Uno che non sfrutti al 30%, come fatto dal tecnico calabrese, una rosa importante per la categoria. Poi si vedrà. Punto.

Casertana, con merito
Dopo il “livello Bastianoni”, siamo giunti al “livello Agazzi-Musacci”, A occhi chiusi, a orecchie tappate, ostinatamente. La sconfitta subita da una squadra dilaniata dalle polemiche, proveniente da due punti in quattro match, senza otto titolari tra squalificati e infortunati, con un presidente capace di minacciare il ritiro dal campionato la settimana prima, con un allenatore “dimissionato” e reintegrato nel giro di poche ore, in guerra totale con la stampa locale, costituisce il paradigma della “gara tipo” del Catania pancariano. Un 4-3-3 scolastico che recupera un Calil in condizioni di forma preoccupanti, con il solito centrocampo a ruminare calcio inconcludente, va testardamente a sbattere contro una Casertana coraggiosa, impostata su una difesa alta (innumerevoli i fuorigioco cui sono andati a incappare gli attaccanti etnei) e ripartenze corte efficaci. A fine gara Ferrario dichiarerà che i campani avrebbero indirizzato un solo tiro (il gol di De Angelis su azione susseguente a calcio piazzato) verso la porta del pur bravo Liverani. E la traversa di Mangiacasale in avvio (decisivo il portiere)? E l’altra ottima parata nella ripresa su un attaccante ospite a tu per tu con il medesimo estremo difensore rossazzurro? Non scherziamo. È il Catania, in pratica, a non aver mai sporcato i guantoni di Gragnaniello, a parte una buona uscita dello stesso sui piedi di Calil al 17’… per il resto, tentativi bislacchi, errori clamorosi (come quello di Russotto, capace di calciare alle stelle a due passi dal portiere), cambi scontati e infruttuosi, proteste inutili. Una pena. Una sofferenza inaudita, contro una buona squadra in emergenza, ma “una squadra”. Gente messa bene in campo, gente di categoria, gente pronta a lottare, a correre, non a giochicchiare come se militasse nel Real Madrid. Nessuno dei giocatori etnei, a parte Liverani, raggiunge il 5 nella valutazione relativa alla prestazione personale, ma è proprio il centrocampo, ancora una volta, a naufragare più rovinosamente degli altri reparti. Nel mercato di gennaio sono stati acquistati Bombagi e Pessina, perché non sono stati provati? Perché Pancaro ha continuato a sfidare la piazza proponendo un esperimento, il “doppio regista”, che i DATI DI FATTO, I NUMERI designavano come perdente? Non mi va di ripetermi, ormai è stato detto tutto, ma questa è una storia, al pari di quella di Bastianoni, che avrebbe dovuto far riflettere molto prima la dirigenza. Nel profilo di un allenatore, la mancanza di elasticità è pericolosa tanto quanto la mancanza di coerenza. Perché il catania non azzecca una trama su calcio piazzato, salvo poi subire sempre su quelli avversari (lo stato mentale della squadra è rappresentato dallo "schema" Russotto-Nunzella in occasione di una punizione dalla trequarti nella prima frazione di gioco)? Costa molto dirlo, ma va dato onore al discusso tecnico Romaniello, ad Agyei, ad Alfageme, a Pezzella, a Mancosu di aver giocato meglio e di aver meritato la vittoria, facendo gioire la cinquantina di tifosi casertani presenti nel settore ospiti del “Massimino”. Come meritatissime risultano le ironiche “ripassate” della Curva Nord e giustissimi i fischi di fine partita. Siamo giunti al punto di non ritorno. Necessario salvare il salvabile e non sarà facile. Rimbocchiamoci le maniche tutti, ma, prima di ogni cosa, la società dia un segnale forte alla piazza, dimostrando di avere in mano la situazione.

Scontro salvezza da non fallire
Con un NUOVO ALLENATORE (impossibile, per il sottoscritto, che Pancaro prosegua la sua avventura in rossazzurro), sarà necessario dare la scossa a questa squadra “piatta” fin da domenica prossima a Martina Franca, un match fondamentale, da vincere per fare una passo avanti nella lotta per la permanenza in categoria. I pugliesi provengono da una bella vittoria con il Catanzaro e nutrono ancora qualche speranza di riagganciare il treno salvezza. Ci sarà da lottare, da soffrire, ma partendo dalla consapevolezza di essere più attrezzati. Fin quei si è sempre affrontato gli avversari pensando che fossero “fortissimi”, agitando un “low profile” assolutamente ingiustificato. Di contro, l’organico del Catania impone un’inversione a “U” in termini di consapevolezza e mentalità. Speriamo il nuovo tecnico ci riesca in fretta, al di là di moduli e scelte tecnico-tattiche, che comunque dovranno essere differenti rispetto alle precedenti. Let’s go, Liotru, let’s go!!!