Massimino, cuor di Liotru

Un sorridente Angelo Massimino in compagnia di un giovanissimo Alessandro Russo

Un sorridente Angelo Massimino in compagnia di un giovanissimo Alessandro Russo 

Terza ed ultima parte del racconto di Alessandro Russo: gli aneddoti di una roccia indistruttibile, perno di una dinastia...

Un corridore con tanti difetti ma con un grande cuore
Dopo aver ripercorso le vicende storiche di Angelo Massimino nelle vesti di condottiero del club dell’Elefante, grazie ad Alessandro Russo scopriamo anche il lato umano del Cavaliere, attraverso una carrellata di aneddoti alcuni dei quali assolutamente inediti: “Molti di questi aneddoti me li hanno raccontati i miei fratelli, Angelo e Adriano, le mie sorelle, Alessia e Alice, e gli altri componenti della mia grande famiglia - esordisce Alessandro - mio fratello Angelo, il primo nipote in ordine di nascita di Massimino, ha sempre avuto una marcia in più. In pochi sanno che tra le passioni di mio nonno c’era quella per la bicicletta. Tutto il suo tempo lo dedicava al Catania. Cercava sempre il bene della squadra e in famiglia, pur non condividendone talvolta le scelte, lo appoggiavamo incondizionatamente. Vendeva un appartamento e con i soldi acquistava giocatori per rafforzare la squadra. Era un personaggio senza mezze misure: voleva tutto e subito, non aveva pazienza. Era un uomo pieno di difetti, ma amava tanto la sua città e le persone che riuscivano a capirlo”.

Un portiere mancato… come il nonno
“Ho scoperto che mio nonno fosse uno dei personaggi più importanti della città in cui vivevo attraverso la lettura dei giornali. Quando ero bambino, roba di 9 o 10 anni, a scuola i maestri mi chiedevano spesso dei giocatori del Catania e, talvolta, anche della gestione della squadra stessa. Ricordo che andavo a vedere gli allenamenti di rifinitura della domenica mattina: guardavo tutti questi ‘giganti’ da uno sgabuzzino sito nei pressi del campo; spesso mi regalavano anche qualche maglietta. Era l’anno 1974-75, l’anno di Ciceri e Spagnolo, e quei calciatori per me erano dei miti: giocavo a pallone sognando di diventare uno dei beniamini del nonno. Ammirandoli, settimana dopo settimana, credevo di essere tecnicamente valido come loro. Così, nel campionato studentesco delle scuole elementari, mi sentivo più talentuoso rispetto ai miei compagni. Amara illusione, la mia: ero una schiappa terribile! (giù una risata grassa, ndr). Qualche anno più tardi, alle medie, mi resi conto di esser un portiere valido, almeno per quanto riguarda un livello amatoriale. In quegli anni il mio idolo, tra i pali, era Antonio Dal Poggetto, ma anche Gigi Muraro mi piaceva molto. Da giovane, tra l’altro, anche nonno Angelo giocava in porta…”

Un grande provocatore…
“Non sono mai stato il primo della classe, mi arrabattavo, e lui ci metteva l’asso di mazze… Era un grande provocatore ed io adoro i provocatori. Era un gran rompiscatole e all’inizio ne soffrivo un po’. Ma con quel suo modo di fare riusciva a stimolarti: era impossibile non affezionarsi a lui. Amava punzecchiarmi, sapeva bene dove colpirmi: dalle situazioni scolastiche alle vicende tra me e la mia fidanzatina. Era in grado di sdrammatizzare con una sola battuta. Nello specifico, ricordo che da piccolo avevo un debole per la mia tata, Elisa. Lui la chiamava ‘Donna Billonia’, per quel modo sarcastico che mi creava turbamento. Per le feste comandate ci vedevamo a casa sua, aveva degli spazi enormi. Lui dava le disposizioni, come un direttore d’orchestra: Donna Billonia di qua, la zia ‘direttrice’ di là, aveva soprannomi per tutti. Si curava degli ospiti ed invitava anche calciatori e tecnici della squadra di calcio: faceva il bene del Catania anche a casa. Assistevo a delle scene felliniane. Mi piaceva questo suo gioco che utilizzava per mantenere la famiglia unita e coniugarla con il Catania”.

4 Luglio 1991: la festa di laurea di Alessandro Russo 



La semplicità di un nonno
“Contrariamente al periodo scolastico, all’Università le cose andarono meglio. Insieme condividemmo tutto il mio percorso accademico e il raggiungimento della laurea in Medicina fu per lui una grande gioia. Con lui non riuscivo a parlare di calcio e quindi si parlava d’altro. Nel 1994 mi trovavo a Roma per specializzarmi in clinica ortopedica. Eseguivo degli esperimenti ortopedici sui conigli allo Stabulario. Mio nonno, nonostante non avesse una mentalità scientifica, amava questo mio aspetto. Così, nella sua semplicità, voleva essermi utile e mi disse ‘Anch’io a casa ho i conigli, quando verrai a trovarmi potrai utilizzarli per fare i tuoi esperimenti’. Faceva sempre centro con noi nipoti.”

Il coraggio di dire vergogna
“L’aspetto più bello che ho preso da lui è il non aver peli sulla lingua e dire con schiettezza quello che penso. Nell’ottobre 1995, andavo verso i 28 anni e non potevo più rinviare la chiamata del servizio militare. Per via di un problema all’udito, non ero stato ritenuto idoneo a ricoprire il ruolo di ufficiale medico, mentre il responso della visita di leva, dopo un’attesa di quattro ore, fu positivo. La mia reazione fu rabbiosa ‘Vi dovete vergognare!’. Confidai tutto al nonno e in brevissimo tempo l’accaduto divenne di dominio pubblico. Spesso lui mi ripeteva: ‘Alé, ma comu ci putisti riri vergona?’. Due mesi dopo la sua morte arrivò una comunicazione a sorpresa: nonostante il ‘vergogna’ arrivò il tanto agognato congedo militare. Posso dire tranquillamente che i miei colpi di testa derivano da lui”.

1978-79: Giovanni Bertini con Angelo Massimino 



Rapporto coi calciatori
“Ci sono tanti episodi che potrei raccontare per descrivere il rapporto di Angelo Massimino ed i suoi calciatori. Nell’estate del 1974 mio nonno si occupò personalmente del mercato e decise di puntare su giocatori importanti. Il primo della lista era Claudio Ciceri, fresco di titolo di capocannoniere col Chieti. Il biondo attaccante milanese era restio al trasferimento in Sicilia e chiese un ingaggio improponibile. ‘Chissu avi i bummi nda testa’ esclamò Massimino. Ciceri ribatté ‘Presidente, io non ho le bombe; sono il capocannoniere e costo parecchio’. In quell’istante nacque il feeling tra i due. Nel 1976, insieme a Di Bella, arrivò a Catania anche Gaetano Troja, palermitano e bandiera rosanero, ormai sul finire di carriera. Pur non lasciando un ottimo ricordo sul campo, qualche anno più tardi, parlando del nonno, rimasi piacevolmente colpito dalle sue parole ‘Massimino era uno con le palle!’. Difendeva i suoi calciatori a uno a uno mettendosi in mezzo tra loro e i contestatori. Un episodio simile si verificò anche a Pisa, nel 1979, quando difese i suoi giocatori in albergo. Nel 1984 la situazione fu abbastanza particolare: il pugno a Giuseppe Sabadini fu uno degli errori più grandi compiuti da mio nonno. La sua reazione, assolutamente sbagliata, nasceva dal momento critico che stava attraversando il Catania. Dieci anni dopo il fattaccio, nell’estate 1994, Sabadini andò da Massimino dando la propria disponibilità per allenare il Catania. Il nonno, schietto e diretto come sempre, gli disse ‘Dobbiamo fare calcio o boxe?’. Era un personaggio che non riusciva a portare rancore. Il 14 febbraio 1996, a Valverde, a pochi giorni dall’incidente, si verificò una pesante aggressione nei suoi confronti. Per difendere Nino Barraco venne strattonato da un pugno di scalmanati e finì a terra. Qualche giorno più tardi aveva già dimenticato tutto”.

Massimino al Maurizio Costanzo Show 



Bersagliato e sbeffeggiato dalla stampa
“Era sempre sulla bocca di tutti e non per cose positive. La stampa, locale e nazionale, non perdeva occasione per criticarlo, anche in modo pesante. Nel 1980 andava in onda una popolare trasmissione televisiva su Antenna Sicilia, condotta da Pippo Baudo, con l’attore Vito Meli che interpretava un personaggio un po’ sui generis, un certo Agatino tifoso di sostanza. Si attaccava Massimino in tutte le salse, spesso non lo si nominava con nome e cognome. Mio nonno era chiamato ‘quello’. Avevo 12 anni. Telefonai in diretta a Pippo Baudo gli dissi ‘sono il nipote di quello’. Lo studio televisivo sembrava caduto in tranche, gelo su tutti i fronti. Non rinnego uno solo di questi momenti”.

Claudio Ranieri al funerale di Angelo Massimino 



4 marzo 1996: il passaggio di consegne
“Ricordo ancora quella terribile telefonata. Mio cognato Biagio, allora soltanto fidanzato con mia sorella Alessia, mi diede il triste annuncio. Stentavo a credere: debilitato dal diabete, ormai cieco, si era recato a Palermo per il ‘suo’ Catania proprio a poche settimane dal fattaccio di Valverde. Per tutta la nostra famiglia, era una roccia indistruttibile: cadeva ma si rialzava con una grande tenacia. È paradossale pensare che quelli che l’hanno aggredito successivamente hanno portato le sue spoglie sulle spalle. Questa è Catania. Proprio in quel momento giunse il passaggio del testimone: lui aveva scritto le pagine di storia rossazzurra ed io dovevo raccontarle…”

L'estremo saluto di Catania al Cavaliere 



La scrittura è un'arte: progetti per il futuro...
“Sono un medico ortopedico, ma la passione per la scrittura divampa in me come un fuoco ardente. Il prossimo 15 marzo, presso la Biblioteca ‘Rosario Livatino’ Castello Leucatia, in collaborazione con il comune di Catania, prenderà inizio un corso di scrittura creativa. Nel corso degli incontri, lezioni teoriche saranno integrate con esercizi pratici in modo da superare le insidie comuni dell’intricata foresta della narrazione. Un corso brillante dedicato alle formazione di aspiranti scrittori”.