Il falso mito del Girone C "che è una B2"

Tifosi baresi al

Tifosi baresi al "San Nicola" 

Un'analisi sulla reale consistenza delle big di Serie C negli anni trascorsi ed in vista della prossima stagione.

L'ultimo in ordine di tempo è stato Davide D'Antoni, tecnico del Monterosi, new entry del girone C di terza serie. Attraverso il sito ufficiale del proprio club, l'allenatore laziale ha definito il girone meridionale come un raggruppamento "composto da squadre di blasone con stadi importanti e caldi: è una sorta di B2". Valutazione, questa, a cui assistiamo da anni e anni, puntualmente ripetuta da addetti ai lavori che si accingono ad affrontare una nuova stagione nel gruppo composto dalle squadre del Sud, al cui interno, tra compagini retrocesse dalla cadetteria, altre risalite dal pantano della D, o altre ancora intrappolate da tempo in Serie C, troviamo regolarmente nobili decadute, che vantano illustri trascorsi in Serie A e B. Ma si tratta davvero di una B2?

Di sfarzo, negli ultimi anni, se n'è visto ben poco
La storia degli ultimi campionati dice il contrario ed anche quello alle porte non sembra essere da meno. Perché per essere considerata alla stregua di una B2, la Serie C dovrebbe essere composta da un nutrito gruppo di squadre caratterizzate da proprietà solide ed organici composti in buona parte da giocatori di categoria superiore. Da quando il Catania è tornato in Serie C, questo scenario non si è praticamente mai realizzato.
Troppo poche le proprietà dotate di budget importanti: in parte il Foggia di Sannella, poi caduto in disgrazia insieme agli stessi vertici societari, poi soltanto il Bari di De Laurentiis, per "interposta gestione" (leggasi Napoli). Il Lecce di Sticchi Damiani, la Reggina di Gallo, la Ternana di Bandecchi hanno sostenuto spese importanti ma senza esagerare. Ancor più oculate le gestioni del Benevento nell'interregno Pallotta e del Catanzaro di Noto, al netto di importanti ambizioni. Lo stesso Catania del duo Pulvirenti-Lo Monaco, negli anni in cui si è puntato alla promozione, pur vivendo al di sopra delle proprie possibilità non ha mai investito in modo importante, acquistando al massimo giocatori di valore per la terza serie, perlopiù svincolati, senza mai tesserare profili costosi di categoria superiore. Altre società che hanno centrato la promozione, come Juve Stabia, Trapani e Cosenza, avevano costruito normalissime squadre di Serie C azzeccando il progetto tecnico, in alcuni casi superando anche situazioni societarie complicate.
Quanto agli organici, a parte il Bari, che per due anni ha messo a disposizione dei propri tecnici rose da Serie B, non si è mai visto granché. Qualche giocatore di spicco nella Reggina di Toscano e nella Ternana di Lucarelli, per il resto le altre squadre che hanno vinto il campionato non hanno brillato per competitività, sfoggiando ottimi giocatori da Serie C e nulla più. Prova ne sia che il Benevento ed il Lecce, per centrare il doppio salto di categoria, hanno dovuto rivoluzionare i loro organici una volta arrivati in B, altrettanto hanno fatto Foggia e Reggina, mentre la Juve Stabia, con poche risorse, ha retto un solo anno in cadetteria.

Il borsino delle squadre blasonate
E così alle porte della stagione 2021/22 torna in auge il tormentone del girone C che è come una Serie B2. Osserviamo lo stato di salute delle squadre blasonate del girone per appurare l'infondatezza di tale assunto.
Avellino: dopo anni difficili, con fallimento del 2018 ed una non facile ripartenza, il club irpino ha ritrovato una stabilità societaria con l'avvento nel 2020 di Angelo Antonio D'Agostino, facoltoso imprenditore locale ed ex deputato, che ha rilanciato le ambizioni della società, portandola al 3° posto nella stagione passata. Il progetto, nel complesso, è competitivo, ma non siamo di fronte ad una potenziale "ammazza-campionato", come dimostrano gli acquisti operati fin qui. Tra i migliori, Scognamiglio, Mastalli e Plescia, buoni profili per la categoria ma non proprio dei crack.
Bari: l'unica società che ha il physique du role della fuoriserie sembra già giunta ad un bivio. La stretta della Figc sulle multiproprietà costringerà i De Laurentiis a cedere il club entro il giugno 2023. Intanto, è già in atto un ridimensionamento tecnico ed economico che si riverbera sulle strategie di mercato: niente più colpi da 90 ma solo rinforzi mirati (Belli, D'Errico, Mazzotta) che il nuovo ds Polito sta consegnando al tecnico Mignani.
Catania: la situazione è ben nota. In attesa di nuovi investitori, la Sigi sta attraversando parecchie difficoltà che rendono incerta persino l'ordinaria gestione (vedi stipendi di giugno non pagati entro la scadenza federale e salti mortali per presentare la fideiussione integrativa). Anche quei pochi colpi messi a segno da Pellegrino non fanno sperare in un campionato competitivo.
Catanzaro: la società calabrese sembra quella più in salute alla vigilia della nuova stagione. Il progetto del presidente Noto va avanti da anni senza spese folli ma con investimenti costanti ed una buona organizzazione tecnica e societaria. Finora, coi vari Tentardini, Rolando, Scognamillo, Welbeck, Vandeputte, Bombagi e Vazquez, è la regina del mercato e la probabile candidata alla promozione, forte della continuità gestionale con la riconferma di Calabro in panchina. Ma anche qui non si può certo parlare di squadra da Serie B.
Foggia: Anche il Foggia, come l'Avellino, era reduce da anni complessi dopo le ceneri del fallimento. La C riconquistata grazie alla penalizzazione inflitta al Bitonto nel campionato 2019/20 è stato il primo tassello per una riorganizzazione societaria che ha trovato il suo sbocco finale nel recente ingresso di Nicola Canonico, ex patron del Bisceglie, al vertice del club rossonero. La svolta dirigenziale è stata accompagnata dal secondo grande ritorno del maestro Zeman. Colpi di teatro a parte, però, non si intravede un potenziale tecnico o economico in grado di riportare i satanelli ad alti livelli. Sempre che il boemo non partorisca un miracolo dei suoi...
Messina: Rimasto intrappolato per tre anni in Serie D con campionati mediocri, il Messina post-fallimento, guidato da Pietro Sciotto, al quarto tentativo è finalmente riuscito a tornare tra i professionisti, peraltro al culmine di un estenuante testa a testa con la seconda squadra cittadina, il FC Messina. Ciò nonostante, Sciotto ha varato un repulisti, dando il benservito al ds D'Eboli (passato alla Paganese) e al tecnico Novelli, col socio di minoranza Del Regno che pare pronto a defilarsi anch'egli. Il nuovo corso dovrebbe essere affidato a Pietro Lo Monaco, il cui clamoroso ritorno fin qui non è stato ancora annunciato, ma nel frattempo è il suo "sodale" Argurio che si sta occupando della costruzione della squadra da affidare a Sasà Sullo, altro ritorno, ben più gradito. Il clima che si respira nella città dello Stretto non è dei migliori e le prospettive sembrano quelle di un club che punta ad assestarsi in terza serie senza troppe pretese, almeno all'inizio.
Palermo: anche in casa rosanero il progetto di risalita dalle ceneri prosegue senza fuochi d'artificio. Nel capoluogo siciliano si avverte un po' di insofferenza e la tifoseria si è già mobilitata con la proposta di istituire un azionariato popolare che possa supportare il club. Mirri vara la strategia del risparmio, con acquisti mirati (spiccano Fella e Brunori) come nel caso del Bari, ma continua a parlare di obiettivo promozione. Col progetto tecnico giusto tutto è possibile (Juve Stabia docet), ma anche le aquile, al pari delle altre società analizzate, al momento hanno poco da spartire con la Serie B.