Il Catania sopra ogni cosa

Lo Monaco, ricomincia l'avventura...

Lo Monaco, ricomincia l'avventura... 

Max Licari sul nuovo percorso rossazzurro targato Lo Monaco. Parola d'ordine: normalità. Il bene del Catania prima di tutto...

Kasparov
Ai tanti amici e fratelli rossazzurri che durante tutta questa settimana mi hanno chiesto un parere sul ritorno di Pietro Lo Monaco alla guida del Catania ho risposto invariabilmente con una frase: “Scelta coraggiosa, ma allo stesso tempo assolutamente geniale”. E improcrastinabile, aggiungerei. Pulvirenti, sotto scacco, si è inventato l’unica mossa in grado, potenzialmente, di ribaltare il quadro strategico e fornirgli una possibilità, se non di vittoria, ma almeno di “impasse”, nell’ambito di un match da quasi tutti dato per perso. Nemmeno Kasparov… Lo Monaco non è certamente l’unico bravo uomo di calcio esistente in Italia, ma di sicuro, oltre ad aver dimostrato sul campo il proprio valore (leggasi “risultati”) durante la precedente esperienza etnea, ha il vantaggio di conoscere già la piazza in tutte le sue sfaccettature. Ho sempre pensato e ripetuto come un mantra che il problema principale del Catania degli ultimi anni, diciamo dalla “dipartita” prima dello stesso Lo Monaco e poi di Sergio Gasparin, fosse la mancanza di un dirigente forte, credibile e capace non solo di creare una squadra dirigenziale, uno staff tecnico e un organico competitivi, ma anche (direi soprattutto) di proporsi come interlocutore autorevole presso le istituzioni calcistiche nazionali. L’errore principale commesso da Nino Pulvirenti, la madre di tutte le disgrazie, fu proprio l’aver abbandonato la strada maestra, fino a quel punto foriera di ottimi risultati (l’ultimo anno “vero”, quello di Gasparin, non a caso fruttò uno straordinario ottavo posto in Serie A), per intraprendere percorsi “aggressivi” e inusuali che hanno poi, con i fatti, l’unica cosa che conti, condotto la società alla rovina. Qui non si tratta di “canottiere e tatuaggi”, di folklore pallonaro; si tratta di cose serie, di vita stessa di una SpA calcistica. Si tratta di gestioni squinternate e di scelte scellerate che hanno quasi azzerato un “miracolo” del moderno calcio italiano quale era il Catania presieduto da Nino Pulvirenti. E la responsabilità di tutto ciò non è di chi andava in giro per Torre del Grifo in “tappine” e short ascellari; sarebbe troppo facile adesso fare ironia, a giochi fatti. La responsabilità unica del misfatto è ascrivibile a chi ha consapevolmente scelto quella strada: lo stesso Nino Pulvirenti, il quale, nel corso della sua ultima conferenza stampa, precedente i noti fatti giudiziari relativi a vicende al calcio estranee, lo ha ammesso e se ne è assunto le responsabilità. È storia, nessuno può cancellarla. E non si possono cancellare nemmeno gli errori di valutazione. Io, per esempio, dopo la prima, fallimentare stagione di A culminata con la retrocessione, pensavo che, malgrado i tatuaggi, la forza della società fosse talmente consolidata da poter consentire una pronta risalita in massima serie. Mi sbagliavo. Di grosso. Come si dice dalle nostre parti, ci si trovava di fronte alla classica “strada che non spunta”. Avevano ragione coloro che criticavano aspramente e vaticinavano disastri. Avevano santa ragione. Io non sono uno di coloro che prima lecca e applaude, poi sputa e inveisce, infine rilecca e riapplaude, a seconda delle meschine convenienze da “scassapagghiari” tipiche del provincialismo d’accatto imperante. I veri uomini si assumono le proprie responsabilità. Ma il focus del discorso, adesso, non è appuntarsi medaglie o cospargersi il capo di cenere. Non è rimanere ancorati a ripicche o incomprensioni del passato, frasi dette e non dette, proclami più o meno definitivi che, di fronte alla realtà delle cose, si sa già in partenza, rimarranno lettera morta! Perché? Perché la stramaledetta passionaccia che tutti ci accomuna non conosce limiti e confini. Il Catania, il Catania… rimanere lontano da quello stadio, da quel tappeto più o meno verde, da quei colori che, ravvivati dalle evoluzioni dei Barrientos o dei Gomez oppure offuscati dalle orripilanti circonvoluzioni di qualche figurante di Serie C, rimangono sacri… non è possibile. ”Impossibile non amarti”, ecco lo slogan che guida la vita dell’innamorato perso del Liotru e che proporrei alla società per la prossima campagna abbonamenti. Riconoscere, quindi, i propri pregi, così come i propri limiti o i propri errori, rimane l’unico modo per proiettarsi correttamente nel futuro.

Questione di coerenza
Partiamo da un presupposto incontestabile: non è che la situazione sia cambiata dall’oggi al domani. La società rimane quella, i problemi, seri, permangono gli stessi (il prossimo campionato lo si comincerà, ancora una volta, con una penalizzazione, seppur minima, di un punto). Altrettanto ovvio che la diffidenza (per usare un eufemismo) dell’ambiente non possa, come neve al sole, sciogliersi. Non si può, di colpo, fare come se nulla fosse accaduto e chiedere al catanese di formattare anni di tragedie pallonare. Se ci si riuscirà (e spero ardentemente che ciò accada),ci vorrà tempo. Tempo e risultati tangibili sul campo. Il quadro, in ogni caso, è lampante ed è stato ribadito dal medesimo Lo Monaco: nessuna cessione all’orizzonte. Nonostante la presenza non negata (anzi, sinceramente palesata) di rilevanti ostacoli di natura economica, si tenterà di mettere in atto un programma almeno quadriennale di rilancio dell’attuale società (leggasi: Serie A), con la possibilità di un ritorno in sella, una volta scontata la squalifica, dell’ex Presidente, e attuale proprietario, Nino Pulvirenti, per il quale sono state spese parole espressamente funzionali a una futuribile riconciliazione con la piazza. Questi i fatti nudi e crudi, testimoniati da concetti espressi in modo inequivocabile dal neo A.D. del Catania. Di fronte a una prospettiva così chiara, al tifoso del Catania rimangono due strade da percorrere: non andare allo stadio e legittimamente (i fatti, ripeto, giustificherebbero una condotta similare) contestare a prescindere, considerata la permanenza dell’attuale proprietario alla guida del sodalizio rossazzurro oppure mettere da parte le polemiche, le diatribe, giuste, ingiuste, vere o non vere e pensare, nonché agire, avendo come scopo il solo bene del Calcio Catania. Una scelta, quest’ultima, riassumibile nel termine “realismo”. Va da sé che, qualsivoglia percorso autonomamente si scelga, non si possa, in funzione della mera opzione “attivata”, essere tacciato di maggiore o minore coefficiente di “tifosità” da chi ha pensato di comportarsi in modo antitetico. Se fai una scelta consapevole, devi condurla a compimento senza tentennamenti. In soldoni: qualora tu scegliessi la prima opzione, non puoi, dopo tre partite vinte, ripresentarti allo stadio, inneggiando agli eroi del momento; di contro, nel caso di seconda opzione, al primo passaggio a vuoto costituito da una serie di risultati non esaltanti, sarebbe farsesco abbandonare la barca ai marosi, ritornando a esprimere concetti che avevi ripudiato fino un paio di giorni prima. Coerenza. Il minimo che si possa chiedere a noi stessi in questo momento. E, a proposito di coerenza, la scelta di CalcioCataniaCom è ovvia, sempre quella, la stessa che ha condotto tanti anni fa alla nascita, giornalisticamente da assoluti pionieri, del sito e del “muro”: noi scegliamo il Catania. Il quale non è Marcoccio, non è Massimino, non è Gaucci, non è Pulvirenti, non è Lo Monaco, non è Gasparin. Non una persona o un gruppo di persone, buone o cattive, belle o brutte. È il Catania. È un concetto, una fede, una maglia che prescinde qualunque tipo di personalizzazione. Noi saremo sempre a sostegno dei colori rossazzurri e di coloro che li tratteranno con onore. Proprio per tali ragioni, noi giudicheremo l’operato dell’attuale società sulla base dei risultati sul campo (sportivi e strutturali, perché sarà importantissimo procedere a un risanamento economico, oltre che vincere le partite), senza nessun pregiudizio positivo o negativo, nella massima autonomia, seppur con la più sincera predisposizione al dialogo, senza ovviamente mai rinunciare alla critica serena e costruttiva. Personalmente credo che il nuovo corso possa apportare concreti benefici al Catania e auguro sinceramente buon lavoro all'A.D. Ne avrà bisogno. Ma resta un auspicio, oltre che una posizione strettamente personale.

Parola d’ordine: normalità
In verità, dopo anni di Commedia dell’Arte, ritengo che sia giunto il tempo di una tregua. È giunta l’ora di chiedere e chiedersi un pizzico di normalità, parolina facile, ma negli ultimi anni sconosciuta dalle parti di Via Magenta. Normalità nei rapporti con l’ambiente, nella scelta dello staff tecnico e dell’organico, nella gestione dello spogliatoio e della vita di tutti i giorni di una moderna società di calcio. Attenzione, fare di tutta l’erba un fascio sarebbe un errore grave. Quanto fatto da Bonanno e i suoi collaboratori in termini di “salvataggio economico” della società è encomiabile e credo sia veramente ingiusto non riconoscere un lavoro tanto ben fatto. Purtroppo, i risultati sul campo, sebbene alla fine sia stata raggiunta una risicata salvezza, non hanno accompagnato quel lavoro. Il vero limite di quest’ultima esperienza sta nella non eccelsa qualità nelle scelte tecniche e nell’oggettiva scarsa rilevanza in termini di credibilità e visibilità presso istituzioni e media nazionali. Il deficit di credibilità, soprattutto dopo la vicenda dei “treni del gol”, rimane uno dei nodi che Lo Monaco dovrà risolvere con maggiore urgenza. Inutile fare paragoni indelicati, ma il giorno dopo essersi insediato come A.D. del Catania, Lo Monaco lo si è ritrovato per una mezzoretta su Sky che, probabilmente, trasmetterà le partite del Catania durante la prossima stagione agonistica. Un segnale preciso, un obiettivo impensabile per la precedente dirigenza. E sia chiaro, inoltre, come siamo perfettamente consapevoli del fatto che non esistano taumaturghi, salvatori della Patria, maghi Merlini o alchimisti in grado, da soli, di trasformare il piombo in oro. Queste considerazioni le lasciamo all’emotività delle circostanze. Ci possono anche stare, possono risultare perfino comprensibili, possono paradossalmente, ribaltando la famosa “Legge di Murphy”, pure facilitare un determinato percorso virtuoso. È solo mutata la prospettiva da cui guardare tale situazione. Si è “infiltrato” il batterio della speranza nell’organismo del tifoso. Un batterio che, allo tesso tempo, può diventare letale o salvifico, a seconda del percorso che compie. Ma servono risposte. Fatti concreti.

Risultati, ma non solo…
Servono, è vero. L’anno scorso, dopo tre partite vinte, in dodici, tredicimila si riempiva il “Massimino”. Il tifoso vuole tornare a gioire e vincere. E vuole tirarsi fuori dalle secche di una categoria che non gli compete. Il Catania non può rimanere in C e l’unico obiettivo che può darsi è la promozione diretta, allestendo un team competitivo e ben allenato. Il nodo principale è il budget che, a quanto sembra, verrà esplicitato chiaramente dalla Finaria nel giro di un paio di mesi, durante i quali comunque Lo Monaco si muoverà per allestire un organico funzionale agli obiettivi prefissati e sopra esplicitati. La scelta dell’allenatore, da questo punto di vista, risulterà fondamentale ai fini dell’articolazione della struttura tecnica della squadra. Attendiamo con ansia che venga presentato e che contestualmente giungano a Catania giocatori funzionali a un serio progetto di rinascita. Giocatori che, insieme a qualche elemento valido della scorsa stagione, possano far innamorare nuovamente i tifosi rossazzurri. Ma, non solo... ci aspettiamo che la nuova società, fin da subito, inauguri un nuovo corso di rapporti costruttivi con l’ambiente, indirizzati al raggiungimento dell’obiettivo più difficile, ma nettamente più rilevante: la ricucitura della profonda frattura creatasi fra la tifoseria e la società negli ultimi anni. Facendo tutti un piccolo sforzo, si può riuscire... Let’s go, Liotru, let’s go!!!