H.Verona-Catania: analisi del match

 

Il pesante e meritato passivo subito contro l’Hellas mortifica una squadra battuta ancor prima di combattere

Si infrangono a Verona le ultime, flebili, speranze di mantenere la permanenza nella massima serie. Il pesante e meritato passivo subito contro l’Hellas mortifica una squadra senza spina dorsale, battuta ancor prima di combattere.
Rivedibili alcune scelte tattiche proposte da Pellegrino che regala le corsie laterali ad un avversario in gran spolvero, in corsa, legittimamente, per un piazzamento che significa Europa.

Lo score della gara 



La posizione media dei ventidue giocatori in campo 



La vittoria sulla Sampdoria, conquistata alla vigilia di Pasqua, ha riacceso le speranze dei più ottimisti, alimentate soprattutto dal disastroso ruolino di marcia delle dirette concorrenti per la permanenza nella massima serie. Fare il bis al Bentegodi consentirebbe ai rossoazzurri tenere accesa la flebile fiamma della speranza; una sconfitta, invece, significherebbe abbandonare ogni speranza e sprofondare in cadetteria. Con buona pace della matematica.
Nel Catania tornano arruolabili Rolin e Rinaudo, che hanno scontato le rispettive squalifiche, ed il centrale difensivo Spolli, in dubbio fino alla vigilia a causa di una contusione al piede che lo ha costretto a svolgere lavoro differenziato in settimana. Out Bellusci ed Almiron, entrambi infortunati, mentre Andujar non è tra i convocati.
Fiducia al 4-2-3-1utilizzato contro la Sampdoria, che prevede Frison tra i pali, Peruzzi e Monzon a terzini e Spolli e Rolin al centro della difesa. A centrocampo, Lodi e Rinaudo costituiscono la prima linea difensiva mentre Leto, Barrientos e Plasil giocano alle spalle di Bergessio, unico riferimento offensivo.

Nel primo tempo si concretizza il tracollo etneo, troppo debole sulle corsie laterali 



Il 4-3-3 di Mandorlini si sviluppa in ampiezza e lunghezza del terreno di gioco 



Il piazzamento che consentirebbe l’accesso in Europa League dista appena due lunghezze ed il Verona, legittimamente, continua a coltivare ambiziosi sogni europei. Le tre vittorie conseguite negli ultimi quattro incontri, hanno chiuso la parentesi negativa arrivata subito dopo il raggiungimento della quota salvezza (nel mese di marzo appena 4 punti sui 18 disponibili) ed una vittoria contro il Catania consentirebbe agli scaligeri di rimanere agganciati al treno ad alta velocità che porta in Europa.
Per la sfida contro i rossoazzurri, il tecnico Mandorlini recupera in extrimis Iturbe – il talento paraguaiano aveva rimediato domenica scorsa una distorsione alla caviglia – ma deve rinunciare a Romulo, che si era allenato a parte nel corso degli ultimi giorni.
Nel consueto 4-3-3 trovano posto Rafael in porta; Moras e Marques come centrali difesivi, coperti lateralmente dai terzini Pillud, a destra ed Albertazzi a sinistra; Sala, Donadel ed Halfredsson a centrocampo, a costituire uno stretto triangolo; Iturbe, Toni e Marquinho in avanti.

Migliora la distribuzione durante i secondi 45’ ma la frittata è ormai servita  



Nella ripresa l’Hellas gestisce le energie arretrano il baricentro e compattandosi 



Al 37’ esce Iturbe per Juanito Gomez. Cambio forzato, in quanto il gioiellino gialloblù, scoperto all’età di 16 anni da Pedro Troglio – ex di Ascoli, Lazio e Verona – e che con ogni probabilità potrebbe trasferirsi al Real Madrid la prossima stagione, era stato toccato duro in avvio gara.
Il 3-0 col quale si chiude la prima frazione di gara, induce il tecnico Pellegrino a rivedere la linea difensiva: Spolli rimane negli spogliatoi per Gyomber e va a fare coppia con Rolin al centro.
Al minuto 63 Marquinho lascia il campo per Bosko Jankovic. L’esterno brasiliano gioca bene, segna e sciupa un paio di ghiotte occasioni, ma non è fisicamente al meglio. Mandorlini preferisce non rischiarlo.
Poco dopo, al 66’, è il turno di Simone Caruso, catanese di nascita classe ‘94 e pedina fissa della Primavera rossoazzurra, che sostituisce Gonzalo Bergessio. Il cambio ha il sapore della resa.
Al 76’ Cacia prende il posto di un insaziabile Luca Toni, fresco di doppietta, che manda a quel paese Mandorlini.
A dieci dal termine, infine, Biraghi subentra a Monzon.

Non è il passivo subito al termine della gara a fare male. E non bruciano più di tanto nemmeno gli sfottò dei tifosi gialloblù. E’ il senso della resa, l’abbandono totale al proprio destino, la sconfitta di una battaglia neanche combattuta.
Il crollo psico-fisico accusato dopo il vantaggio lampo di Toni è una costante che ha accompagnato le gare del Catania in questo campionato. Una prassi, una pratica abitudinaria che va oltre le qualità dell’avversario e che gli allenatori che si sono succeduti non sono stati in grado di sanare.
Verona-Catania si chiude al sesto di gioco. E lì si chiudono anche le flebili speranze dei tifosi etnei – quelli sì, mai domi – che hanno un solo sussulto durante i novanta minuti, quando Leto spara malamente su l’estremo difensore scaligero Rafael.
Pellegrino si affida nuovamente al 4-2-3-1, confermando Monzon sulla corsia sinistra dopo la discreta prova (ma non senza sbavature difensive) offerta contro la Samp. Il fatto è che lungo quella corsia imperversa Iturbe (cercato da mezza Europa sulla base di trenta milioni di euro) e non la svogliata coppia Fornasier-Wszolek di sette giorni addietro. E fortuna che il giovane talento in prestito dal Porto rimane in campo per soli 36 minuti.
Gli esterni offensivi gialloblù giocano alti e larghi, tenendo in costante apprensione l’intera retroguardia etnea: ne consegue che Monzon e Peruzzi rimangono inchiodati nella loro metà campo, senza poter offrire ai compagni di centrocampo il corretto apporto che prevede il modello tattico voluto dal tecnico siracusano.
Leto e Plasil non sono dei velocisti e cercano allora invano fortuna per vie centrali, attraverso confusi tentativi di verticalizzazione. Una mossa tattica scellerata, che accentua il disagio lungo le corsie laterali, adesso scoperte su tutta la lunghezza del campo.
Sempre in superiorità numerica lungo la mediana, il Verona riesce ad imbastire la manovra in assoluta scioltezza, cercando la giocata più semplice e non buttando mai via il pallone.
Il Catania soffre e annaspa, incassando la seconda e la terza rete.
Nel secondo tempo il Verona cala il poker, gentilmente servito da Frison e perfezionato da Juanito Gomez.

Assoluta anarchia nella manovra etnea. Si cerca Barrientos ma non è la sua stagione  



La manovra rossoazzurra in numeri 



Donadel è il regista basso, Halfredsson smista sulla trequarti  



Flussi di gioco gialloblù