Facciamolo, adesso!!!

Pulvirenti e Maran, protagonisti al

Pulvirenti e Maran, protagonisti al "Massimino"... 

L'editoriale di Max Licari si chiede se sia giunto il momento di voltare pagina lontano dalle mura amiche e offre una possibile/polemica spiegazione alla "desertificazione" del "Massimino"

E’ giunta l’ora?
Un Catania stellare al “Massimino” può far sognare un inversione di tendenza, alla buon’ora, in merito al ”mal di trasferta”? A mio parere, potrebbe essere giunto il momento, sulla base di quanto visto nel match contro la Lazio; tuttavia, sbilanciarsi in dichiarazioni troppo “euforiche”, come sentito dal pur ottimo Ciccio Lodi, non ha mai condotto a nulla di buono. Troppo scottati, francamente, da illusioni gettate via fin nel recente passato per poter cadere nel tranello. Se il Catania, squadra composta da discreti, buoni e ottimi giocatori, ha fatto il salto di qualità mentale per poter aspirare a qualcosa di più rispetto al minimo sindacale indispensabile per raggiungere una tranquilla salvezza, lo dovrà solo e unicamente dimostrare con i fatti sul campo, non a parole. Personalmente, questo benedetto “superamento di step” lo attendo con ansia, giacché mi sembra un vero peccato che un team del genere non riesca a trovare una sua dimensione definitivamente importante nell’ambito del non eccezionale livello dell’attuale calcio nostrano. Il Catania, in casa, fa paura a tutti. Se pensiamo che solo Napoli, con fatica malgrado la superiorità numerica, e la compagine bianconera di stanza a Torino, tramite l’aiuto di Alì Babà e i suoi 40 amici, sono riusciti a portar via punti dal “Massimino”, si capisce la forza “interna” dell’undici di Maran, corroborata dai numeri: 13 punti su 15, 11 gol su 15, 4 reti subite su 16 alle falde dell’Etna. In trasferta, ovviamente, no, tutto il contrario, basta leggere i numeri in maniera inversa. Però, c’è un “però”. Fuori casa il Catania ha giocato con 4 squadre di buono o ottimo livello (Roma, Fiorentina, Inter e Udinese), perdendo 2 gare e in 3 non ottenendo il giusto (vittorie sfumate all’ultimo secondo all’Olimpico e al “Friuli”, pareggio scippato al “Meazza”); solo al “Dall’Ara” si è steccato completamente contro un team palesemente inferiore. Queste considerazioni potrebbero indurre a leggere in maniera un tantino più positiva il rendimento esterno dei rossazzurri. Di contro, il fatto di non aver vinto quelle due partite con Roma e Udinese fa capire quanto ancora si è lontani, in termini di personalità, attenzione e “cattiveria sportiva” da standard consoni ad ambizioni maggiormente “corpose”.

Il Catania di Maran
La splendida prestazione interna offerta contro i biancocelesti di Petkovic ha messo in vetrina un mostruoso “papu”, un sontuoso “pitu”, un ottimo Marchese, uno straripante Izco, un sorprendente Doukara; tuttavia, a mio avviso il protagonista principale è stato proprio il Catania di... Maran! Diciamolo, questo allenatore venuto da Varese senza un background di notorietà alla Mihajlovic o alla Montella ancora non era stato ben “inquadrato”. Ha messo qualcosa nella squadra, non l’ha messo, sa scegliere in corsa, non lo sa fare, cu è, cu non è, tante le domande, come al solito. Dopo 11 turni si può dire che questa squadra ha una sua precisa fisionomia, figlia dell’ottimo lavoro “montelliano”, ma al contempo assai diversa, fatta di una maggiore e differente predisposizione alla verticalizzazione rispetto al classico possesso palla dettato dall’Aeroplanino. E i risultati, finora, sono simili. Domenica scorsa mi sono divertito assai, ma non si può dire che mi fossi annoiato assistendo a Roma-Catania, Catania-Parma o Inter-Catania. Confesso che quando ho visto venir fuori dal tunnel il mitico “Comu finiu”, giocatore a me assai simpatico ma assai deludente in questo inizio di campionato, e non Rolin (che aveva fatto bene nelle gare precedenti), ho pensato che il tecnico di Rovereto fosse impazzito. E, invece, ha avuto ragione lui. Dovendo giocare con il 4-3-3, modulo di sicuro storicamente più congeniale al Catania, ha preferito mettere un terzino vero. E Alvarez lo ha ripagato con una prestazione stile Mihajlovic. Quindi, diamo a Cesare quel che è di Cesare, incoraggiandolo e sostenendolo con simpatia; fermo restando che nel calcio il Dio Risultato comanda. Dovrà dimostrare domenica dopo domenica di poter diventare un “fattore” anche in massima serie. E, speriamo, possa cominciare a far saltare il banco proprio da Cagliari, contro un team proveniente da 4 vittorie in 5 match, dove forse dovrà inventarsi per la prima volta un Catania senza Bergessio. Castro, Doukara (che non mi è dispiaciuto contro la Lazio), altra “invenzione”? Staremo a vedere...

Ha torto chi diserta...
Sinceramente, vedere gli spalti del “Massimino” in partite che non siano Catania-Juventus provoca rigurgiti di pena. In pratica, senza il “contributo numerico” dei cacciatori di fotografie o autografi provenienti dalla nostra città e da quelle limitrofe, tutto quello che un comprensorio di quasi un milione di abitanti riesce a tirar fuori è un “deca” (10.000)!!! Sorprendente, anche in tempi di crisi. Sgombriamo il campo da equivoci: chi non può (economicamente), non può e basta. E non sono pochi, purtroppo. Ma in Catania-Juve lo stadio era quasi pieno... I soldi si trovano solo per la “Signora”, salvo poi assistere a puntuali barzellette come quella di due domeniche fa? Mi si dice che due partite di fila con prezzi di fascia alta non sono sostenibili. E questa potrebbe essere una cosa da discutere con la società. Ma proporla come “spiegazione” alla "desertificazione" dello stadio mi sembra azzardato. Tutto il resto, con in testa le pay-tv, gli stadi fatiscenti, la tessera del tifoso, lo sappiamo, incide. Eppure, la sensazione è che, purtroppo, come accaduto da altre parti (anche non lontanissime), il tifo si sia “adagiato”. Cioè, si “pretende” di più. Sebbene spieghiamo quasi ogni settimana (e lo ha ribadito il presidente Pulvirenti non più tardi di qualche giorno fa) che solo 6 team su 18 possono cominciare il campionato con ambizioni differenti dalla salvezza, pena il ritrovarsi in un paio di anni in Eccellenza, c’è gente che pensa che questa società stia “speculando” (su cosa non si sa) o stia facendo un dispetto a tutti mantenendo il “low profile”. Non basta più nemmeno che si mantengano tutti i “gioielli” (e il Catania ne ha almeno 6: Spolli, Marchese, Lodi, Gomez, Bergessio e Barrientos), non basta che ottenga i migliori risultati della sua storia, non basta che giochi il miglior calcio della sua storia con i migliori calciatori della sua storia. Non basta. C’è gente che preferirebbe, e non sto scherzando, tifare per una squadra prima, seconda o, addirittura, in zona play-off in Serie C (i 25.000 di Catania-Turris) o seconda o terza in B, piuttosto che seguire con il giusto affetto una compagine che orgogliosamente tiene la testa alta al massimo livello del calcio italiano! Vanno bene i 25.000 della Turris, ma perché non 20.000 contro la Lazio o il Napoli? Io ho una mia personalissima e opinabilissima risposta, parziale quanto si vuole, ma stuzzicante: alcuni (non pochissimi) preferiscono sempre scegliere la strada più facile, quella dei “vincenti”, come i pecoroni. Così si spiegano anche il 60/100 di percentuale juventina a Catania o il voto immancabilmente regalato agli stessi carnefici. Senza testa. Come sempre. Meglio pensare al calcio giocato. Lì siamo buoni. A Cagliari per svoltare... Let’s go, Liotru, let’s go!!!