EpiStolando - Un entusiasmo smisurato

 

Temi rossazzurri raccontati ad un lontano interlocutore. Dall'attuale aria di festa ai luoghi comuni sui Treni del gol.

Caro Tino,

mi verrebbe da dirti che sei fortunato a trovarti lontano e non assistere allo spettacolo che sta andando in scena in questi giorni dalle nostre parti. Uno show che non definisco un girone dantesco sol perché in tal modo gli attribuirei una rilevanza che non ha. Presunte inchieste sugli accordi tra Comune e Catania SSD per la gestione del Massimino, che di inchiesta non hanno nulla atteso che riportano informazioni incomplete e, soprattutto, tirano il sasso e nascondono la mano, facendo allusioni piuttosto che andare fino in fondo ed eventualmente assumersi le proprie responsabilità e denunciare eventuali irregolarità. Una parte di stampa sportiva che irragionelvomente si accoda affrontando un tema che non la riguarda, sul quale non ha la dovuta competenza e che non interessa ai propri utenti, che sono i tifosi (i quali, in quanto tali, se leggono un articolo o seguono una trasmissione sportiva, vogliono sentire parlare di calcio; in quanto cittadini, se desiderano informazioni sul punto, le andranno a cercare da altre parti). Alcuni personaggi - che pensano di fare opinione raccogliendo consensi solo all’interno dei propri ristretti circolini - che attaccano ora le istituzioni, ora la stampa, in modo confuso e contradditorio. Tu a questo punto mi dirai: “ma cosa c’entra tutto ciò con il Catania?”. Ecco, bravo, hai centrato il punto. Non c’entra niente e infatti non entro nel merito e non ti tedio ulteriormente al riguardo.

Passando ad argomenti a noi più congeniali, mi è rimasta scolpita in mente un’immagine fotografata dai miei occhi domenica scorsa allo stadio, mentre stavo abbandonando l’impianto di Piazza Spedini al termine di Catania-Licata. Mi sono imbattuto in un uomo che dimostrava circa 50 anni, il quale era in piedi, fermo ed osservava il campo nello stesso momento in cui i giocatori stavano accorrendo sotto il settore a raccogliere l’applauso del pubblico. Stava sorridendo a bocca aperta ed aveva lo sguardo colmo di gioia. Un mood perfettamente in linea con quello generale, scandito dal coro “la capolista se ne va” e dalle standing ovation riservate - al momento del loro ingresso in campo, negli ultimi minuti - a giocatori emarginati dal progetto tecnico (Giovinco) o appena rientrati da una lunga assenza per infortunio (Litteri). Un entusiasmo collettivo di tale tenore, negli ultimi 20 anni, per gare non decisive, lo si è visto davvero poche volte e solo nei periodi migliori in massima serie. Un osservatore esterno, non coinvolto emotivamente, di fronte a queste scene potrebbe chiedersi: “ha senso cotanta euforia per un primato in Serie D, in un campionato mai stato in discussione e nel quale non è mai emerso uno straccio di avversario?”.

Domanda lecita, ma tu mi suggeriresti che all’osservatore esterno sfugge che i tifosi del Catania, negli ultimi 10 anni, hanno vissuto, nell’ordine: il picco di ambizioni con l’Europa sfiorata; una retrocessione in B per mala gestio; un campionato cadetto affrontato con la prospettiva di ritornare in A e che si è rivelato un disastro senza fine, concluso, sul campo, con una salvezza stentata; lo scandalo dei Treni del gol che ha infangato la storia della società e comportato una retrocessione a tavolino in C; sette campionati consecutivi in terza serie, di cui soltanto uno disputato con la prospettiva della promozione diretta; un ripescaggio in B dovuto e vergognosamente negato da Figc e tribunali; un salvataggio rocambolesco della società sull’orlo del fallimento; la prospettiva di un rilancio con la trattativa con Joe Tacopina, trascinatasi per le lunghe e infine sfumata; il fallimento a campionato in corso e la radiazione a poche giornate dal termine, che hanno posto fine ad una storia lunga 75 anni e ad un simbolo di identità ed appartenenza. In una parola sola: i tifosi del Catania hanno dovuto patire troppo a lungo sofferenze ogni oltre misura. Pertanto, avevano proprio bisogno di ciò che hanno ottenuto: una proprietà forte ed una squadra schiacciasassi. Quindi la risposta che anche tu daresti all’osservatore sarebbe: “i tifosi volevano proprio questo”.

Prima di salutarti, Tino, ritengo doveroso un cenno a ciò che è successo la scorsa settimana. La Juventus è stata penalizzata di 15 punti per illeciti finanziari. No, non mi interrompere, lo so che anche questo non c’entra nulla col Catania, ma il fatto è che in molti hanno fatto accostamenti con la vicenda dei Treni del gol. Ciò in quanto oltre alla società piemontese non è stato punito nessun altro club con il quale i bianconeri avevano fatto affari generando le plusvalenze finite nel mirino degli inquirenti, così come a suo tempo pagò solo il Catania per la compravendita delle partite. Conoscendomi saprai già quanto mi possa aver dato fastidio questo ragionamento, perché sono uno preciso, sul diritto non transigo e non sopporto l’ignoranza e il vittimismo. Sul caso Juve non mi pronuncio. Ma sulla vicenda Treni del gol, a costo di essere ripetitivo anche nei tuoi confronti, non mi esimo dal puntualizzare che: 1) l’accusa di compravendita delle partite era solo la congettura iniziale della Procura, poi non riscontrata nel processo sportivo (quello ordinario, invece, è ancora in corso); 2) Pulvirenti confessò di aver investito delle somme per corrompere giocatori avversari e di averle consegnate agli intermediari, collaborando col procuratore federale Palazzi, costituendo in tal modo la prova del tentativo di alterare le gare; 3) per la giustizia sportiva, il tentativo di combine, al pari della consumazione, è punito con la retrocessione. In conclusione, vi era la prova dell’illecito del Catania (cioè il tentativo), che non presupponeva la responsabilità di altri calciatori e società, sui quali peraltro non vi era alcuna prova di coinvolgimento. Pertanto l’operato della giustizia sportiva fu corretto (a parte, ma è solo un mio parere, qualche punto di penalizzazione di troppo) e questi luoghi comuni, che riaffiorano a distanza di anni, andrebbero sfatati una volta per tutte.

Detto ciò, mi sono dilungato abbastanza, Tino. Ci risentiamo come sempre appena ne sentirò il bisogno o avrò qualcosa di significativo da dirti. A presto.