Da Sonetti a Lucarelli: la 'cura livornese' per il Catania

Nedo Sonetti, tecnico del Catania per buona parte della stagione 2004-05

Nedo Sonetti, tecnico del Catania per buona parte della stagione 2004-05 

Ieri Vicenza, oggi Viterbo. Ieri Nedo, oggi Cristiano. Leitmotiv rossazzurro in salsa labronica...

88 chilometri…
È da un po’ che ci penso. Ancor prima che prendesse vita quel vivai di calciatori che movimenta in questi giorni Torre del Grifo. Forse, probabilmente, da quando quell’accento toscanaccio, di matrice livornese, è ‘salito’ in cattedra prendendo in pugno la situazione. Pugno fermo, pochi peli sulla lingua e infinita sostanza, così come fanno gli allenatori tutti di un pezzo, i cosiddetti “sergenti di ferro”. Tra Livorno e Piombino – la cittadina più a sud della provincia labronica – ci sono ottantotto chilometri che costeggiano il mare e un pallone di storia rossazzurra sospinto dal “mio amico” napoletano Giambattista Vico, sempre attento a farmi notare quei dettagli simili a eventi già vissuti in passato.

Quella sporca dozzina
Gennaio 2005, il Catania è un cantiere aperto. Il mercato estivo “grandi firme” condotto da Pietro Lo Monaco (quello dei Fresi, Miceli, Walem, Vugrinec, Bruno e Ferrante, tanto per intenderci) si è rivelato sul campo un autentico fallimento. Buona parte di quei “big” vola via lontano, lasciando posto a giocatori aventi un appeal inferiore, ma sicuramente maggior grinta e fame. Agli ordini di Nedo Sonetti, un matusa della panchina, arrivano i brasiliani Cesar, Fernando Menegazzo e Jeda, insieme a Matteo Serafini e Cristian Silvestri. Quello fu un Gennaio di magra: sconfitta a Modena, pareggio interno con il modestissimo Venezia, altro K.O. a Cesena e nuovo 1-1 casalingo con l’Arezzo. Proprio dal match coi toscani, quello del famoso gol in rovesciata di Serafini, venne fuori un Catania decimato da infortuni e squalifiche. Elefante in piena emergenza, con l’aggravante di un mercato non ancora adeguatamente completato, nella fattispecie nel reparto d’attacco, dopo le cessioni di Eddy Baggio, Bruno e Ferrante. Tant’è che nella gara di Vicenza, del 30 Gennaio, mister Nedo Sonetti fu costretto ad affidare le chiavi dell’attacco al diciottenne Christian Iannelli, unico attaccante a disposizione insieme al neo arrivato Graziano Pellè, diciannovenne proveniente dal Lecce. “Quella sporca dozzina”, così come definita dal carismatico tecnico di Piombino, riuscì a pareggiare con merito, recuperano per ben due volte lo svantaggio. L’acerba punta salentina, che esordì nel secondo tempo del “Menti”, a conti fatti si rivelò l’unica vera prima punta a disposizione di Sonetti per tutto l’intero girone di ritorno, visto e considerato che il macedone Ilco Naumoski è da considerarsi una sorta di “leggenda pallonara”.

Grinta labronica non mente... 



Ieri Nedo, oggi Cristiano
Gennaio 2020. Tre lustri più tardi, seppur in contesti e situazioni societarie diametralmente opposte, il ricordo di “quella sporca dozzina sonettiana” percorre veloce, in direzione nord, quegli ottantotto chilometri, bussando con prepotenza alle porte dell’attualità. Una attualità di precarietà e incertezze, che vede un Catania, così come allora, prossimo ad una trasferta (in verità saranno due), privo di una vera prima punta, con un mercato ancora da completare (possibilmente non con un giovane salentino o con un presunto bomber macedone) e, dulcis in fundo, con la rassicurante sagoma di un carismatico condottiero livornese seduto in panchina. Seduto, si fa per dire…