Cosi di Catania (Calcio): piccolo ritratto del grande Guido Mazzetti

Da sx verso dx: il massaggiatore Maltese, il dirigente Mineo e mister Mazzetti

Da sx verso dx: il massaggiatore Maltese, il dirigente Mineo e mister Mazzetti 

Nuovo appuntamento con i 'cosi catanisi' di Alessandro Russo

Il mister e cioè l’istruttore di football –c’è scritto su Wikipedia- è la figura sportiva che si occupa della preparazione dei calciatori. In questo nostro ex-Belpaese l’abilitazione alla carica di nocchiero del pallone è conferita dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, previa partecipazione a un apposito corso e al superamento dell'esame finale. Oltre ad allenare i suoi atleti, il mister è l’unico responsabile tecnico della squadra; il suo compito è dapprima fissare in mente la formazione titolare da far andar di galoppo sul rettangolo erboso e riempir poi di suo pugno l’intera distinta. Inoltre, a livello amatoriale o professionistico, tocca a lui, durante la partita, erudire tutti i giocatori infondendo nozioni tecnico-tattiche. Ad ogni incontro, a disposizione in panchina per le eventuali sostituzioni, gli rimangono accanto le riserve e con loro deve aver lui molto tatto: c’è il rischio di farli sentire dei giocatori falliti.
Oltre agli opportuni accorgimenti strategici, nei novanta e rotti minuti di gioco l’allenatore inciterà gli undici giovanotti in campo spingendoli a depositar quante più volte possibile una sfera di cuoio all’interno d’uno spazio fatato ma un pizzico distante. Ritengo sia giusto aggiungere che tale superficie magica si trova dentro una porta collegata a una grande rete che somiglia a quella dei vecchi pescatori di Acitrezza. Più precisamente tale superficie, delimitata da due pali e una traversa e contrassegnata da una linea retta tutta colorata di bianco, è di norma strenuamente difesa dal giocatore avversario con il numero uno sulle spalle. Non è consentito, infine, all’allenatore di accedere all’interno del campo di gara, pena la sanzione da parte d’un signore vestito di nero che poi altri non è che l’arbitro.

Guido Mazzetti insieme a Enzo Bearzot 



Rimane da sottolineare a questo punto solo un’ultima cosa e cioè come sia rilevante per l’allenatore far acquisire l’obiettivo di prosperità individuale al singolo calciatore. Per ottener questo fondamentale risultato, bisogna che il mister sia bravo a comunicare con ogni giocatore e che sappia afferrare regolarmente tutti i suoi stati d’animo.
Perché mai oggi, mercoledì undici di aprile dell’anno di grazia duemilaediciotto, vi sto raccontando tutte queste cose ?
Almeno tre sono i motivi che mi hanno spinto verso codesta direzione.

Uno. A Catania, nel pomeriggio di mercoledì dieci settembre dell’ottantuno, si verifica un fatto esilarante che palesa integralmente la genuina semplicità d’uno dei più importanti trainer della storia nostrana del pallone, cioè il sor Guido Mazzetti. L’evento si verifica al settantaquattresimo minuto della partita amichevole che ci vede contrapposti a una formazione di calciatori italiani dilettanti figli di emigrati negli Stati Uniti d’America. In quel preciso istante, il nostro allenatore richiama dal campo il numero nove rossazzurro, il centravanti Angelo Crialesi autore d’una pregevole doppietta, e lo sostituisce con il numero quattordici Carlo Bondi. Non appena Crialesi s’accomoda all’infuori del terreno di gioco e si dirige verso la panchina, mister Mazzetti lo abbraccia calorosamente e gli urla con affetto: «Vien qua, Angelo, testa di cazzetto mia». Ne consegue una valanga di risate contagiose che investe tutti i giocatori di riserva, il massaggiatore, il segretario, il presidente, i raccattapalle e perfino alcuni dei tifosi seduti in tribuna A.

Due. Mi son reso conto che è cosa buona e giusta consacrare almeno una puntata della rubrica “Cosi di Catania (calcio)” al sor Guido, un amabile signore che debutta sulla panchina colorata a strisce verticali rosse e azzurre domenica sedici settembre millenovecento settantatré. Si è in B, al vecchio Cibali getta l’ancora il Como per una gara di Coppa Italia e si vince per uno a zero, in virtù del gol di Ciccio Colombo al ventottesimo minuto del primo tempo. Siede invece per l’ultima volta Mazzetti su quell’identica panchina il pomeriggio di sabato ventinove marzo millenovecentottantasei. Accade all’Olimpico di Roma, si gioca un Lazio-Catania del campionato nazionale cadetto e la partita finisce uno a zero per i padroni di casa, con rete di Oliviero Garlini al quarto minuto della ripresa. In mezzo a queste due date che segnano un arco temporale lungo tredici anni vanno sottolineati con la matita rossa sei campionati di calcio del liotru nella serie B italica. In occasione di tutti questi suddetti tornei di football i nostri risultati sono concreti e lo stratega in panca è il sor Guido. Prendendo rapidamente in mano un pallottoliere vien fuori un totale di centotrentasette volte in campionato con mister Mazzetti in groppa all’elefante (conteggiando pure lo spareggio promozione perso contro la Nocerina in quel di Catanzaro nel giugno settantotto e le sue quattro panchine rossazzurre di Coppa Italia).

Guido Mazzetti bacia teneramente Angelo Massimino 



Tre. Il venti di febbraio del millenoventonovantasette, pochi giorni dopo la scomparsa del sor Guido, un giovane sportivo catanese che si chiama Eugenio Lombardo prende un foglio di carta e intinge rapidamente la penna dentro il calamaio. «Carissimo Guglielmo Mazzetti, quando ho letto della morte di suo padre, ho provato un dispiacere profondo. Io sono un catanese da otto anni residente a Lodi, dove vivo e lavoro. Suo padre mi ha svelato il segreto più bello del calcio: quanto intensi possano essere certi legami nei vari intrecci e misteri dei rapporti umani. Lo conobbi quando allenava il Catania, in una delle sue tante stagioni etnee. La prima occasione di rapporto con lui fu attraverso una lettera che gli scrissi parecchi anni fa. Era stato da poco esonerato dalla squadra e io consideravo ingiusto, profondamente ingiusto quell’allontanamento. Di calcio capisco poco ma amo al mia città d’origine e seguivo il Catania con grande trepidazione affettiva: credo che noi catanesi dovremmo avere, soprattutto pensando al passato, un debito di riconoscenza verso coloro che, pur non catanesi, si siano adoperati per il miglioramento della città; questo a prescindere dall’attività che svolgessero, del ruolo che si trovassero a occupare. Nel calcio, ad esempio, sono da contare sulle dita di una mano le persone che hanno fatto veramente del bene per la città. E suo padre è fra queste perché ha amato davvero la squadra rosso-azzurra, mettendo tutto se stesso nella propria attività, con semplicità, naturalezza e grande entusiasmo. Guido Mazzetti era come un amico di famiglia, una di quelle persone che accettano il dialogo, cercano di spiegarti le cose, ti trattano con naturalezza, stanno al gioco, ti fanno sentire come un tecnico, come uno che può dire, comunque, la sua. Gli volevamo bene in molti a suo padre, anche se poi non sempre riuscivamo a dimostrarglielo.»


10 settembre 1981 CATANIA TORINO U.S.A. 5-1
Gara amichevole

Catania Rigamonti, Tedoldi, Castagnini, Vella (19’ Picone), Ciampoli, Brilli, Morra, Barlassina (77’ Platania) Crialesi (74’ Bondì), Mosti, Testa (46’Marino) All. Michelotti D.T. Mazzetti
Torino U.S.A. Parpiglia, Trecate, Fornaciari G., D’Arrigo, Fornaciari F.(63’ Tavella), Platania, Colonna, Davola (67’ Naso), Aloia, Costantino (63’ Fornaciari B.), Lorenzo. All.Binni
Arbitro Fassari di Catania
Gol 19’ Barlassina, 39’ Morra, 65’ e 73’ (rigore) Crialesi, 85’ Trecate, 90’ Marino


Una foto del Catania 1981-82