Chi Scoppa, chi Stroppa...

Giovanni Pulvirenti, scelte assai discutibili e terza sconfitta di fila...

Giovanni Pulvirenti, scelte assai discutibili e terza sconfitta di fila... 

Max Licari sulla quarta sconfitta consecutiva subita contro il Foggia. Scelte discutibili, momento nero.

Senza personalità
Dalle dichiarazioni del tecnico Pulvirenti e dei giocatori, sembra che il Catania abbia vinto la sua quarta partita consecutiva. Purtroppo, l’amara realtà è che i rossazzurri, contro il Foggia capolista, hanno messo insieme la quarta sconfitta consecutiva, percorso “horror” che trova pochi riscontri (in C, l’ultima volta nella stagione 1988/89 con Pace in panchina; in B nel 1973/74; in A nel 2006/07; per non parlare delle cinque di fila nella stagione di Serie A 1965/66 e, addirittura, sei in quella disgraziatissima Serie B del 2013/14 targata Pulvirenti-Cosentino). Onestà intellettuale vuole che, al di là della grande simpatia e del cristallino rispetto dal sottoscritto indubbiamente nutriti nei confronti dell’attuale allenatore etneo, si analizzino e giudichino i risultati dello stesso sulla base dei numeri, come fatto per chiunque, compresi Rigoli e Petrone. Ebbene, le statistiche dicono che la svolta non è avvenuta. Anzi, si è andati ancora più giù. Solo sconfitte, tre, e giustificazioni (per carità, comprensibili, considerato che la colpa dell’attuale situazione non può certamente essere addossata a Giovanni Pulvirenti), ma pur sempre sterili e inutili. Mi si consenta di non essere d’accordo con la partita “vista” dall’ex trainer della Berretti, né sulla sua visione tattica del match. Ma si tratta, ovviamente, di considerazioni personali che, in questo momento, contano poco o nulla. Contano solo i fatti. E i fatti parlano chiaro e non a favore del Catania. E non perché l’obiettivo play-off sia sfumato, dato che ancora distano un punto. Al contrario. Si mostrano adamantini nella loro evidenza proprio perché questa squadra sembra aver smarrito ciò che non ha mai trovato, un’identità precisa di squadra. È evidente che alcuni giocatori siano stati sopravvalutati, che l’amalgama tecnico, in specie a centrocampo, sia insufficiente, ma ciò che balza soprattutto all’occhio è una complessiva mancanza di condizione atletica e di cattiveria agonistica. Manca la "garra" tipica delle squadre vere, condizione necessaria per vincere il Lega Pro. Si ha l'impressione che questi giocatori si siano fatalmente “consegnati” al destino cinico e baro, con la paradossale aggravante che di destino cinico e baro non si tratti proprio per niente.

Segnale negativo
Se nella gara della riscossa, delle “risposte”, contro la prima della classe, con lo stadio vuoto e una curva da un’altra parte, con i pochi tifosi presenti a dir poco prevenuti e diffidenti, con i giornalisti non certo disposti alla pazienza infinita, ti presenti in campo senza attaccanti, con una formazione imbottita di difensori, centrocampisti difensivi e mezzepunte, beh, che tipo di segnale pensi di inviare, non solo ai suddetti, ma anche ai tuoi stessi giocatori o a quelli avversari? Un segnale di timore, ritengo. Francamente, pur (ripeto e sottoscrivo) nell’assoluto rispetto delle idee del tecnico, non ho capito il motivo di tali scelte. È vero, il Catania ha limitato, giocando un primo tempo di rimessa, un non ispiratissimo Foggia, ma rimanendo per lo più in dieci dietro la linea del pallone e attivando sporadiche ripartenze programmaticamente destinate al nulla di fatto, stanti la mancanza di uno stoccatore e la scarsa "gamba" dei rossazzurri. Una volta andato sfortunatamente (autorete di Drausio su punizione di Chiricò) in svantaggio a inizio ripresa, in occasione di una delle poche stoccate verso la porta dei rossoneri pugliesi, il primo attaccante (per giunta, il non certo “caldo” Tavares) è entrato in campo al 70’, il secondo al 80’. Non a caso, le vere occasioni per pareggiare il Catania le ha prodotte proprio nell’ultimo quarto d’ora, grazie al risveglio di Russotto, l’unico a saltare l’uomo e all’aumentato peso offensivo della squadra. Al di là, dunque, dell’opportunità di schierare una formazione così “strana” dal primo minuto, non vi è dubbio che tali cambi in corso d’opera siano stati considerati dai più tardivi e non funzionali al raggiungimento di un pareggio, e qui invece concordo con l’allenatore, meritato (gli ospiti, a parte una clamorosa occasione in ripartenza con Di Piazza, poco altro hanno prodotto di pericoloso). Il Catania non avrebbe meritato la sconfitta, ma non si può dire che non se la sia andata a cercare mettendoci del suo. Ovviamente, quando sei nell’annata giusta, tutto ti va bene, come nel caso del Foggia. Tuttavia, questa non deve essere considerata una giustificazione. Il Catania non si trova in questa difficilissima e delicatissima situazione per sfortuna, ma per errori ben precisi e documentati. A tutti i livelli.

Un 4-3-3 povero
L’accantonamento di Djordjevic e la riproposizione di Scoppa, oltre al già ricordato “tridente leggero, non si può dire che siano state scelte produttive. Tanto impegno, una buona attenzione difensiva, ma scarsa attitudine alla ripartenza e, anche nei pochi casi di imbucata giusta, zero idee in fase di ultimo passaggio o conclusione. Peraltro, la differenza complessiva (non parlo della singola partita) tra il Catania e il Foggia è tutta a centrocampo. Basti considerare il rendimento dell’ex Agazzi, regista rimpianto dai tifosi del “Massimino” e quello dell’argentino in maglia numero 5, ancora una volta per lo meno insufficiente nell’interpretazione del ruolo. Inoltre, Stroppa può disporre di gente come Agnelli e Deli e si permette di tenere in panchina uno dei migliori mediani della categoria, Vacca. Inutile aggiungere altro. I difensori etnei, i vari Bergamelli, Drausio, Marchese (e Parisi, lo sottolineo, proprio in questa partita non ha certo sfigurato) non sono certo inferiori a quelli del Foggia. E, ne sono convinto, i vari Russotto, Di Grazia o Pozzebon non sono più scarsi di gente di categoria come Chiricò, Mazzeo o Di Piazza (il “fenomeno” Sarno va addirittura in panca). Il problema è che quelli del Foggia si inseriscono in un meccanismo oliato che consente loro di essere riforniti nel modo giusto, le punte del Catania no. Le punte, quando vengono messe in campo… Ciò che mi chiedo è come sia possibile per una squadra come il Catania, che già ha seri problemi a bucare la porta avversaria (4 gol nelle ultime 6 partite), fare a meno degli uomini deputati a segnare, fra l’altro acquistati nella finestra di gennaio con squilli di fanfare! Un “controsenso” che nessun tifoso ha compreso. Attenzione, non è che i vari Pozzebon, Tavares o Barisic abbiano compiuto sfracelli, ma almeno fornirebbero la speranza di poter indirizzare qualche buon tiro verso la porta avversaria. La realtà, purtroppo, è una e una sola: questa squadra ha deluso, non fornendo un rendimento adeguato durante tutta la stagione e, quando la società ha tentato di farle compiere il salto di qualità, ingaggiando un nuovo allenatore, Petrone, la situazione è andata ancora a peggiorare: 1, 68 punti a partita la media di Rigoli, 0,6 quella attuale. Ciononostante, penso che il forse imminente ritorno del tecnico di Raccuja, sostanzialmente “esonerato” dai giocatori ad Agrigento, sarebbe l’ultimo errore di un’annata infelice sotto il profilo tecnico. Ovviamente, e lo dico con tutto il cuore, con l’auspicio di sbagliarmi, qualora ciò dovesse accadere.

A Catanzaro senza illusioni
Se, come viene tuttora ribadito da tecnico, giocatori e società, l’obiettivo play-off non è morto, la squadra dovrà andare a Catanzaro, reduce dal buon punto di Castellammare di Stabia e in piena lotta per evitare i play-out, per vincere e, soprattutto, arrestare una deriva indecorosa per la città e una tifoseria provata da anni di tragedie calcistiche. Illusioni? Nessuna. Con questa squadra non si può pronosticare nessun evento felice. Se i segnali sono quelli del match giocato contro il Foggia, checché ne dicano i protagonisti, non vi è da stare allegri. E non perché tecnicamente il Catania non avrebbe la possibilità di battere il modesto team calabrese, ma per il fatto che, a personalità e a “gamba”, malgrado manchino sette match al termine del campionato, siamo all’anno zero. E senza nessun alibi. L’unica cosa che possiamo fare, è sostenere, per pura fede nella maglia. E sperare che qualcosa miracolosamente possa mutare. Per amore, fino alla fine. Let’s go, Liotru, let’s go!!!