Catania, fuori dalla campagna elettorale

Catania-Milan 4-3

Catania-Milan 4-3 

Lasciando stare i santi, il Calcio Catania è un patrimonio comune. Farne argomento di campagna elettorale significa squarciarne l’immagine di elemento fondante della catanesità. Di tutta, la catanesità. Editoriale a cura di Luigi Pulvirenti

La questione è semplice. E, come tutte le cose semplici, destinata a sicuri fraintendimenti. La campagna elettorale, qualunque campagna elettorale, è il terreno di scontro e di contrapposizione per eccellenza. Uno solo uscirà vincitore, e tutti gli altri a cercare scuse, recriminazioni, vittorie morali da intestarsi, etc, etc, etc. Bene. Fin qui, tutto normale.

Del resto, se così non fosse, sai che noia quei quaranta giorni. Ma sui simboli, non dico che non ci si dovrebbe mai dividere, ma di sicuro non si dovrebbe speculare. E poco importa se la speculazione è partita da una parte o dall’altra. Se ad appropriarsi del simbolo è stato qualcuno che ne avrebbe, eventualmente, diritto, o più diritto, piuttosto che chi di quel simbolo non gliene mai fregata una cippa. Se non, addirittura, lo abbia apertamente osteggiato.

Venendo alle cose nostre, che i simboli di Catania, tra i tanti, siano Sant’Agata ed il Calcio Catania, non ci piove. Elementi d’identificazione cittadina per eccellenza, al cui culto (sacro e laico), si viene educati fin da piccoli. Rappresentano la città e la comunità di cittadini che, ahimè, spesso si riconoscono come tale solo nei giorni della festa, a febbraio, o la domenica allo stadio. Ma questo è un altro discorso.

Tornando al nostro, rappresentando il minimo comune denominatore dell’essere cittadini, giusta o sbagliata che sia tale visione delle cose, i simboli non vanno toccati. Non vanno piegati ad interessi di parte, non devono sventolare per nessuna bandiera ma essere il vento che le gonfie tutte.

Lasciando stare i santi, il Calcio Catania è un patrimonio comune. Farne argomento di campagna elettorale significa squarciarne l’immagine di elemento fondante della catanesità. Di tutta, la catanesità. Sventolare la figurina dell’ex capitano Davide Baiocco o promettere l’intercessione del presidente del consiglio Letta per far sbloccare la legge sugli stadi (Stancanelli potrebbe promettere quella di Alfano e Berlusconi, e non so chi vincerebbe la contesa…), a parer nostro per carità, è una nota stonata, così come lo è sottolineare che i tifosi ricordano chi nel ’93 tifava per il Catania e chi no.

Perché magari l’obiettivo è quello di firmare il colpo grosso, da campagna elettorale; il capolavoro tattico che fa aumentare i consensi nei sondaggi. Ma, come ha scritto il mio amico Gaio Sanfilippo su Facebook, il rischio è di arrivare al capolinea della politica odierna.
Dei candidati, più che dei tentativi di cucirsi sulla giacca lo scudetto del Calcio Catania 1946, ci piacerebbe conoscere i programmi per sostenere lo sport dilettantistico e di base. Gli sport minori (a onor del vero il professore Caserta lo ha già fatto).

Perché il Catania Calcio magari non ha bisogno del sostegno delle amministrazioni pubbliche; ma le centinaia di società che, ogni giorno, fanno attività nei campetti di periferia, nelle piscine, nelle palestre, tenendo migliaia di ragazzi lontani dalla “strada”, sì. E dare risposte agli appassionati dirigenti che le mandano avanti di tasca loro, è un compito preciso dell’amministrazione comunale.

Il Calcio Catania è patrimonio di tutti. Teniamolo fuori dalla campagna elettorale, please.

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Si ringrazia Blogsicilia.it