Catania-Spezia 2-2: Tanta paura, poca personalità

Calaiò pareggia in extremis su assist del

Calaiò pareggia in extremis su assist del "solito" Mazzotta. 

Gli etnei rischiano di perdere un match che avrebbero dovuto chiudere sull’1-0. Bisogna intervenire sulla testa della squadra.

Il Catania, considerato dagli addetti ai lavori una “big” del campionato cadetto, contro le “vere” grandi, contro le squadre che sul campo stanno dimostrando di meritare la zona playoff, proprio non riesce a vincere. Su 10 match sinora disputati contro le prime otto della graduatoria i rossazzurri hanno vinto soltanto in 2 occasioni, entrambe – guarda caso – tra le mura amiche, contro il Pescara ed il Vicenza (affrontato prima dell’avvento di Pasquale Marino col quale i biancorossi hanno poi cominciato una cavalcata esaltante). Per il resto, 6 sconfitte e 2 pareggi (casalinghi), il primo dei quali contro il Bologna ed il secondo oggi contro lo Spezia. E’ il segno di una generale mancanza di personalità che non consente agli etnei di controllare le partite più difficili. Non che manchino le potenzialità: questa squadra, con ben altri elementi sul terreno di gioco, è stata capace di pareggiare il doppio vantaggio del Bologna; ed oggi ha saputo evitare il peggio in una situazione che sembrava ormai depressa e compromessa. Manca, però, il polso. La capacità di gestire il vantaggio, una volta conquistato. Dopo l’1-0 i ragazzi di Marcolin, che avevano lottato sino a quel momento ad armi pari contro la buona formazione di Bjelica, si sono fatti schiacciare oltre misura nella propria area, e in queste condizioni il gol primo o poi lo becchi, specialmente se non puoi contare su un reparto difensivo capace di respingere con reattività le incursioni centrali e laterali degli avversari. Davvero incredibile, sotto questo punto di vista, la figura “marmorea” dei vari Sciaudone, Capuano e Mazzotta sulle incursioni di Situm e Catellani da un lato e di Kvrzic, soprattutto, dall’altro (il pur talentuoso bosniaco a tratti è parso una reincarnazione di Johan Cruyff, e francamente appare eccessivo). Indubbiamente la pressione psicologica determinata da una situazione di classifica pericolante incide sulla testa dei giocatori che sembrano aver paura di vincere e gettano il cuore oltre l’ostacolo soltanto quando non hanno nulla perdere, come martedì scorso a Bari.

L’unico beneficiario del 3-4-1-2: Antonio Mazzotta
La paura di vincere sembra aver condizionato anche le scelte odierne di Dario Marcolin. Il tecnico bresciano conferma lo schieramento che ben aveva figurato in Puglia, e sembra una scelta ragionevole considerando il rientro di giocatori più adatti al modulo (gli attaccanti Calaiò e Maniero e il tornante destro Del Prete), e tenendo conto che anche lo Spezia utilizza una disposizione tattica simile. Nel caso della squadra di Bjelica, tuttavia, si tratta di uno schema consolidato. Per Marcolin invece è la conferma di uno scacchiere provato con successo soltanto pochi giorni prima, attraverso il quale, probabilmente, vuole prima di tutto mettersi al sicuro: l’indubbio vantaggio che ti consente uno schieramento “a specchio” è quello di annullare, seppur parzialmente, i vantaggi dell’avversario derivanti dalla peculiarità tattica. Lo svantaggio è quello di non poter esprimere al massimo le proprie potenzialità e caratteristiche. Ma a conti fatti la scelta non ha pagato. L’unico effetto eccellente dettato dalla conferma del 3-4-1-2 è stato il rendimento in fase di spinta di Mazzotta, evidentemente esaltato dal modulo, che ha sfornato i due assist per i gol di giornata, e ha messo Escalante in condizione di battere a rete sull’1-0 per i rossazzurri (che puntualmente hanno sprecato l’occasione per chiudere la partita).

Le diverse magagne di un modulo che non convince
Per il resto fragoroso è stato il passo indietro rispetto a Bari, sotto tanti punti di vista:
- Del Prete, appena rientrato e sicuramente ancora in forma non eccelsa, non ha ben figurato. Male in fase di spinta, dove non ha trovato mai l’intesa coi compagni, incerto nei movimenti e posizionamenti, insufficiente nel controllo palla. Ma i margini di miglioramento sono enormi: l’ex Perugia nel primo tempo ha buttato dentro un cross che fa ben sperare sulle qualità che può mettere a disposizione della squadra.
- Il centrocampo. Schierando Rosina sulla trequarti, ruolo naturale e più appropriato per l’ex Siena, Marcolin ha consegnato la superiorità numerica ai mediani spezzini. Rinaudo ha messo una pezza un po’ dappertutto ma non si può contare sempre e solo su di lui. Per garantire una copertura maggiore è stato schierato Escalante (in luogo di Sciaudone ed Odjer) e l’argentino non ha brillato. Ma anche se Escalante e Rinaudo avessero eretto una diga in mezzo al campo, non avrebbero risolto il problema che ha pregiudicato l’arma in più (sulla carta) per gli etnei: l’uomo in più sulla trequarti, con la presenza di due punte “vere” da supportare, rispetto ai falsi nueve di Bari. Ebbene, sembra paradossale, ma al “San Nicola” Rosina e Castro, abituati per caratteristiche a ripiegare per farsi consegnare il pallone e tenere i contatti con la mediana, avevano permesso a un centrocampo che presentava il solo Odjer in grado di verticalizzare (peraltro raramente) di trovare i varchi per supportare le iniziative del settore offensivo. Oggi, invece, il collegamento tra i reparti è stato imbarazzante. Escalante e Rinaudo schiacciati nella propria metà campo, con un Catania che in fase difensiva difendeva a 7 (i tre centrali, più gli esterni che si abbassavano e i suddetti due mediani), e con Rosina troppo lontano, a metà campo, ad aspettare invano un pallone che invece arrivava dalla parti Maniero e Calaiò sotto forma di lanci lunghi, non sempre addomesticabili. In conclusione, l’equazione “difesa irrobustita e centrocampo di contenimento + attacco a tre punte” non ti porta da nessuna parte se non trovi il modo di gestire spazi e distanze tra un reparto e l’altro. Certo, quella volta che il pallone ti arriva dalle parti di Calaiò o Maniero, poi c’è la possibilità che si tramuti in una potenziale palla gol, perché si tratta di giocatori in grado di crearsi da soli le occasioni. Ma in pratica la rete è stata sfondata solo quando il Catania è stato in grado di orchestrare un’azione corale: passaggio smarcante sulla fascia -> cross in mezzo -> conclusione vincente.

Tre trasferte per guardarsi allo specchio e capire
Adesso si entra nella fase cruciale della stagione, nella quale si capirà se i rossazzurri saranno in grado di uscire, più o meno agevolmente, dalla zona calda, o se invece ci si dovrà affidare alle preghiere, alle macchine spargisale, o – perché no – alle penalizzazioni in classifica delle dirette concorrenti (al Varese potrebbe presto aggiungersi il Brescia, deferito dalla procura federale su segnalazione della Covisoc, con responso il prossimo 19 marzo). Fase cruciale perché il Catania è atteso da tre trasferte consecutive: il recupero della gara contro il Modena rinviata lo scorso febbraio (in cui mancherà Calaiò per squalifica, ma rientrerà Castro), e il doppio turno esterno previsto dal calendario che vedrà gli etnei scontrarsi contro Virtus Entella prima e Vicenza poi. Soltanto guarendo dall’endemico mal di trasferta si potrà sperare di uscire non solo dalla zona retrocessione, ma anche da una crisi psicologica dell’intero ambiente, che non promette nulla di buono.