Catania-Parma (0-0): commento tecnico-tattico

"Pitu" e il Massimino: un feeling da ricucire. 

3-5-2, esperimento fallito; Plasil spicca in un centrocampo disordinato; Barrientos e Almiron in evidente difficoltà.

Analisi tattica: Catania
Tre sconfitte in tre partite sono troppe, e complice anche l’indisponibilità di importanti elementi del reparto offensivo come Castro e Leto, Maran vara il 3-5-2, anche per evitare che si ripresentino le magagne difensive delle prime giornate. Il Pitu è l’elemento chiave della manovra, forse fin troppo, perché la sua disperata ricerca del pallone lo spinge anche a scendere a centrocampo. A ciò non consegue un puntuale inserimento dei centrocampisti (in particolare degli statici Almiron e Guarente) e dunque Bergessio rimane troppo isolato in attacco. L’ingresso di Maxi Lopez al posto dell’infortunato “lavandina” non cambia sostanzialmente nulla sul piano tattico. Prova a cambiare qualcosa Maran, nella ripresa, quando toglie Almiron e inserisce Boateng, schierando l’ex milanista sulla fascia destra. Si passa alla difesa a quattro con Bellusci allargato sulla fascia destra e Alvarez spostato sulla corsia opposta, con Monzon avanzato a centrocampo. Ne vien fuori un 4-4-2 che a tratti e soprattutto nel finale diventa un 4-2-4 che però, a parte l’occasione capitata sui piedi di Plasil, non riesce a produrre gli effetti sperati.

Analisi tattica Parma
Donadoni non tradisce il suo credo e schiera il canonico 3-5-2, pur inserendo qualche soluzione di imprevedibilità, come l’avanzamento di Biabiany nel reparto d’attacco con conseguente allargamento di Acquah a colmare il buco sul destra per sostenere le azioni offensive in fase di possesso palla, fase in cui Cassano ama allargarsi sulla sinistra per impostare da lì la manovra. Nell’intervallo il talento pugliese lascia spazio a Palladino, il quale tenta di svariare sul fronte d’attacco per liberare spazi ad Amauri, senza riuscire più di tanto nell’intento. Molto pericoloso si conferma invece Acquah il cui lavoro di sovrapposizione con Biabiany sulla destra continua a creare i maggiori pericoli alla retroguardia rossazzurra. A dieci minuti dalla fine l’ex ct della nazionale inserisce Rosi al posto di uno stremato Biabiany con l’evidente intento di coprirsi e sfruttare le ripartenze con un elemento fresco.

Cosa va: progressi in difesa; bene Plasil e Monzon.
Un’ora di difesa a tre (che in fase di non possesso diventava una vera e propria difesa a cinque) almeno un risultato positivo l’ha garantito: il reparto difensivo ha retto, ed il Parma non è andato oltre alcune effimere sfuriate sulle fasce, tutte targate Biabiany. Col passaggio alla difesa a quattro chiaramente il Catania ha corso più rischi, soprattutto in contropiede in una fase del match in cui ha cercato di sbilanciarsi e vincere la partita.
Da promuovere senz’altro le prestazioni di alcuni nuovi arrivi, in particolar modo quelle di Plasil e Monzon. Il ceco non ha sprecato un pallone e ha dimostrato di possedere, oltre al dinamismo, anche lucidità e qualità; peccato solo che non ha una forte propensione a proporsi per ricevere il pallone e quindi rischia di restare fuori dal match in quei frangenti in cui non viene cercato dai compagni. L’esterno argentino, forte di un posizionamento che consentiva maggiori libertà in fase di spinta, ha fatto intravedere quelle doti di corsa e cross finora evidenziate solo dal biglietto da visita
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Cosa non va: centrocampo inceppato.
Come accennato in sede di analisi tattica, il robusto centrocampo predisposto da Maran nel primo tempo è parso inceppato, anche e soprattutto per l’attitudine del “Pitu” Barrientos di indietreggiare, se necessario sino al cerchio di centrocampo, per andarsi a prendere il pallone ed impostare. Ciò non solo ha privato Bergessio di un partner d’attacco, col n°9 costretto a fare a sportellate da solo contro i vari Cassani, Lucarelli e Felipe, ma ha anche ingolfato la mediana, composta, Plasil a parte, da elementi statici come Almiron e Guarente che di correre palla al piede, anche in ripartenza negli ampi spazi lasciati talvolta dal Parma, proprio non ne volevano sapere. Così in fase di non possesso, di fatto, il Catania si è ritrovato a giocare con un 5-4-1 e finché Maran non ha mischiato le carte passando al 4-4-2, si è visto un evidente e grave scollamento tra i reparti.

Migliori in campo: Spolli e Amauri.
Per il Catania, ferma la prova convincente offerta da Plasil, la palma di migliore in campo va assegnata a Spolli, che oltre al lavoro difensivo si è preso la responsabilità di scuotere la squadra in più frangenti con discese palla al piede che, specialmente nel primo tempo, parevano l’unico strumento a disposizione del Catania per creare pericoli alla difesa del Parma. Voto 7
Per il Parma, se il duo Acquah-Biabiany ha creato più di un grattacapo alla retroguardia rossazzurra, è anche vero però che tutto il lavoro sporco del reparto offensivo è stato svolto positivamente da un combattivo Amauri, che oltre a far salire la squadra difendendo il pallone dalla marcatura di Legrottaglie e compagni, è riuscito a creare l’unico vero pericolo ad Andujar. Voto 6,5

Peggiori in campo: Almiron e Cassano.
Se questa poco onorevole “palma” dovesse essere assegnata sulla base dei fischi del pubblico, allora andrebbe indicato senza dubbio Barrientos. Il Pitu è parso sotto tono, lontano da uno stato di forma accettabile, lento e spesso e volentieri impreciso. Ma è anche vero che ha corso e lottato per 85’, e forse dietro i fischi si cela il rancore della tifoseria per la vicenda di mercato che lo ha visto protagonista a inizio mese. Più di lui, a parere di chi scrive, la palma di peggiore in campo la merita Almiron, che è ancora, indubbiamente, uno degli elementi dotati di maggior tasso tecnico a centrocampo, uno di quelli che, per caratteristiche e qualità, potrebbe prendere il posto di Lodi, ma che purtroppo è condizionato da uno stato di forma negativo testimoniato dalla lentezza con cui oggi gestiva il pallone e paralizzava puntualmente le azioni offensive, in particolar modo i contropiedi. Voto 5
Nel Parma la scelta è senz’altro più facile, anche a causa delle enormi aspettative che gravitano attorno ad un giocatore di classe cristallina come Antonio Cassano: il barese probabilmente non stava bene, e non si spiega diversamente la sostituzione con cui Donadoni lo ha spedito in panchina durante l’intervallo. Ma per quel che si è visto in campo, c’è da dire che se Cassano vuole candidarsi ad un posto tra i 23 che il prossimo giugno salperanno in Brasile, dovrà rimboccarsi parecchio le maniche. Voto 4,5