Il pareggio del Catania contro l’Hellas rivissuto attraverso numeri, statistiche e grafici
Nell’occasione sprecata dai rossazzurri contro l’Hellas Verona, sedici punti in più in classifica ma di fatto pari grado, tanti sono gli elementi positivi dai quali ripartire. Il ritrovato carattere, innanzitutto, alcuni automatismi che iniziano a funzionare ed il fattore campo, non meno importante.
La salvezza della compagine rossoazzurra deve concretizzarsi soprattutto tra le mura amiche, attraverso prestazioni di grande coraggio e determinazione.
Il tecnico etneo recupera in extremis gli infortunati di lungo corso Izco e Bergessio, ma solamente il primo è della gara dal primo minuto di gioco. L’altra novità riguarda il centrocampo, all’interno del quale Guarente è preferito al greco Tachtsidis in ruolo di regista davanti alla difesa. Le conferme arrivano tra i pali, con Frison estremo difensore e dal reparto offensivo, dove Leto è confermato in avanti – Maxi Lopez non è tra i convocati – mentre Castro e Barrientos, quest’ultimo al rientro dalla squalifica, sono i due attaccanti aggiunti.
Si ritorna dunque al vecchio 4-3-3, dopo la gara di Genova, caratterizzata da un sistema di gioco (5-3-1-1) arrendevole e da un atteggiamento indubbiamente iperdifensivo.
Davanti al portiere veneto, prendono posto i due centrali difensivi Polli e Legrottaglie, quindi i laterali Alvarez, a destra e Gino Peruzzi a sinistra. Guarente, come detto, è il regista basso della squadra, affiancato da Izco e Plasil. In avanti, il tridente Barrientos, Leto, Castro.
Relativamente all’Hellas Verona, il tecnico ravennate conferma il modulo 4-3-3, sistema di gioco che da allenatore ha sempre adottato, anche durante la recente esperienza rumena del Cluj col quale si aggiudicò, nel 2009/10, campionato, coppa e supercoppa nazionali. Privo dello squalificato Jankovic e degli infortunati Jorginho, febbricitante, Alejandro Gonzalez, alle prese con un fastidio di natura muscolare e di Adrian Cirigliano, mediano argentino il cui nome fu accostato anche al Catania lo scorso mese di luglio, Mandorlini si affida al seguente undici: Rafael in porta, Cacciatore, Moras, Maietta ed Agostini in difesa, Romulo, Donati – preferito a Donadel - ed Halfredsson a centrocampo, quindi Luca Toni, affiancato ad Iturbe e Gomez, che vince il ballottaggio con l’ex di turno Martinho.
Sebbene i due tecnici si affidino a sistemi di gioco molto simili, le due squadre si dispongono in campo in maniera non speculare, specie nel corso del primo tempo, quando gli scaligeri portano due uomini – Donati ed Halfredsson – a ridosso della propria retroguardia, mentre De Canio, lascia al solo Guarente il compito di interdire davanti alla difesa, spostando Plasil ed Izco sulla trequarti avversaria. Ne consegue, durante il primo tempo, un baricentro medio particolarmente alto, nel caso del Catania, che si attesta oltre i 61 metri, mentre quello gialloblù non arriva ai 50. In virtù dell’atteggiamento propositivo di squadra, i rossoazzurri riescono a stazionare nella metà campo avversaria, nel corso della prima frazione di gara, per ben 6 minuti e trenta contro i 2’30” scaligeri.
La prima ed unica mossa tattica arriva a venti minuti dal termine, quando Mandorlini richiama in panchina Gomez e getta nella mischia Donadel. Adesso il Verona è rinchiuso nella propria metà campo, con il neo entrato Donadel che si colloca in mediana, insieme a Donati ed all’islandese Halfredsson, sulla linea dei terzini. Romulo mantiene la sua posizione largo a destra, mentre Iturbe cambia corsia, collocandosi sulla fascia, quella sinistra, prima occupata da Gomez. In casa Catania, qualche minuto prima, il rientro di Gonzalo Bergessio in luogo di un volitivo ma impreciso Leto. I successivi cambi - Keko per Barrientos (83’) e Monzon per Peruzzi (90’) in casa Catania, Rafael Marques per Moras (78’) e Laner per Donati (83’) tra gli scaligeri – non portano a modifiche di ordine tattico di rilievo.
FLUSSI DI GIOCO E TATTICA
In attesa che Almiron recuperi la migliore forma, Guarente è il faro della manovra etnea. Era già successo con Rolando Maran in panchina, durante il secondo tempo della gara casalinga pareggiata con il Parma (Almiron lasciava spazio a Boateng e dal 3-5-2 si passò al 4-2-3-1) e due volte sotto la gestione De Canio, alla 14° contro il Milan, dopo il rosso a Tachtsidis e a Genova, contro la Sampdoria, nel 5-3-1-1 del primo tempo e nel 4-2-3-1 del secondo.
Nelle tre precedenti occasioni, il centrocampista pisano - maturato calcisticamente proprio nel Verona – aveva destato parecchie perplessità in un ruolo a lui non naturale, contro il Verona riesce invece ad incidere sulla manovra, rendendosi utile anche in fase di copertura.
Il Catania si esprime bene, specie durante la prima frazione gara, quando riesce a mettere alle corde l’avversario, grazie soprattutto ad un pressing alto ma ragionato, portato ai 50 metri. Il baricentro di squadra è elevato, oltre i 60 metri, ma i reparti sono sempre coesi, mantenendo le giuste proporzioni, nonostante una lunghezza complessiva di squadra, durante i primi 45’ di gioco, di quasi 54 metri (nel secondo tempo i rossoazzurri si compatteranno notevolmente, con una lunghezza di 46 metri).
Rispetto alle ultime uscite, convincono i movimenti senza palla dei centrocampisti e si migliora notevolmente sul numero di giocate utili, ovvero i gesti tecnici che determinano l’eliminazione di un avversario dalla fase difensiva, sul numero di palle giocate (595) e sull’accuratezza dei passaggi (66,2%).
Buona la fase difensiva, eccezion fatta per qualche ripartenza avversaria che ha colto di sorpresa la retroguardia etnea, considerato che gli avversari sono stati messi nella possibilità di giocare solo 22 palle in zona area Catania (8 nel primo tempo, 14 nel secondo). Il Catania, in tal senso, ha fatto molto meglio (convincente la prova di Barrientos e Castro da trequartisti) collezionando 72 palloni giocati in zona area avversaria, equamente distribuiti tra prima e seconda frazione di gara.
Relativamente alla fase difensiva, ancora, convince la riconquista della palla, che arriva nel 60% dei casi per recuperi effettivi da parte dei difensori e centrocampisti etnei, per il 27% attraverso recuperi temporanei e solo nel 13% delle occasioni per fine azione, ovvero per demeriti degli avversari.
Alla fase offensiva è mancato solo il gol. Cercato, in più occasioni ed attraverso diverse soluzioni (aeree, da sviluppo su piazzato, dalla distanza e all’interno dell’area avversaria) ma sfumato solo per un soffio.
Il Catania inizia la manovra dalle retrovie nel 80% dei casi e si affida raramente a lunghi lanci (7 quelli utili nel primo tempo, 5 durante il secondo), ricerca la profondità con insistenza (81 passaggi bassi utili nella metà campo avversaria) ed allo stesso modo sviluppa una discreta mole di gioco lungo le corsie laterali (12 cross utili dal fondo sui 18 tentativi).
La manovra dell’Hellas è affidata, soprattutto, ai piedi di Massimo Donati. Buono è l’apporto dei difensori e del brasiliano Romulo, cresciuto calcisticamente come terzino destro ma successivamente provato con successo in qualità di interno ed esterno di centrocampo.
L’Hellas si affida principalmente alle ripartenze ed ai lanci lunghi (58 i tentativi totali nel corso del match) cercando di sfruttare soprattutto le qualità aeree del centravanti luca Toni. Attraverso 7 cambi di gioco, riesce a collezionare 9 cross dal fondo, sui 15 tentati, ma ha una percentuale di attacco alla porta molto bassa (38%) che la dice lunga sul livello di pericolosità mostrato durante la gara. Pessima, in controtendenza rispetto alla media stagionale (il 40% delle reti messe a segno dagli scaligeri arrivano da sviluppi su calcio da fermo), l’efficacia dei piazzati in attacco, pari al 16%.
IN & OUT: GUARENTE E LETO
EPISODI
La salvezza della compagine rossoazzurra deve concretizzarsi soprattutto tra le mura amiche, attraverso prestazioni di grande coraggio e determinazione.
Il tecnico etneo recupera in extremis gli infortunati di lungo corso Izco e Bergessio, ma solamente il primo è della gara dal primo minuto di gioco. L’altra novità riguarda il centrocampo, all’interno del quale Guarente è preferito al greco Tachtsidis in ruolo di regista davanti alla difesa. Le conferme arrivano tra i pali, con Frison estremo difensore e dal reparto offensivo, dove Leto è confermato in avanti – Maxi Lopez non è tra i convocati – mentre Castro e Barrientos, quest’ultimo al rientro dalla squalifica, sono i due attaccanti aggiunti.
Si ritorna dunque al vecchio 4-3-3, dopo la gara di Genova, caratterizzata da un sistema di gioco (5-3-1-1) arrendevole e da un atteggiamento indubbiamente iperdifensivo.
Davanti al portiere veneto, prendono posto i due centrali difensivi Polli e Legrottaglie, quindi i laterali Alvarez, a destra e Gino Peruzzi a sinistra. Guarente, come detto, è il regista basso della squadra, affiancato da Izco e Plasil. In avanti, il tridente Barrientos, Leto, Castro.
Relativamente all’Hellas Verona, il tecnico ravennate conferma il modulo 4-3-3, sistema di gioco che da allenatore ha sempre adottato, anche durante la recente esperienza rumena del Cluj col quale si aggiudicò, nel 2009/10, campionato, coppa e supercoppa nazionali. Privo dello squalificato Jankovic e degli infortunati Jorginho, febbricitante, Alejandro Gonzalez, alle prese con un fastidio di natura muscolare e di Adrian Cirigliano, mediano argentino il cui nome fu accostato anche al Catania lo scorso mese di luglio, Mandorlini si affida al seguente undici: Rafael in porta, Cacciatore, Moras, Maietta ed Agostini in difesa, Romulo, Donati – preferito a Donadel - ed Halfredsson a centrocampo, quindi Luca Toni, affiancato ad Iturbe e Gomez, che vince il ballottaggio con l’ex di turno Martinho.
Sebbene i due tecnici si affidino a sistemi di gioco molto simili, le due squadre si dispongono in campo in maniera non speculare, specie nel corso del primo tempo, quando gli scaligeri portano due uomini – Donati ed Halfredsson – a ridosso della propria retroguardia, mentre De Canio, lascia al solo Guarente il compito di interdire davanti alla difesa, spostando Plasil ed Izco sulla trequarti avversaria. Ne consegue, durante il primo tempo, un baricentro medio particolarmente alto, nel caso del Catania, che si attesta oltre i 61 metri, mentre quello gialloblù non arriva ai 50. In virtù dell’atteggiamento propositivo di squadra, i rossoazzurri riescono a stazionare nella metà campo avversaria, nel corso della prima frazione di gara, per ben 6 minuti e trenta contro i 2’30” scaligeri.
La prima ed unica mossa tattica arriva a venti minuti dal termine, quando Mandorlini richiama in panchina Gomez e getta nella mischia Donadel. Adesso il Verona è rinchiuso nella propria metà campo, con il neo entrato Donadel che si colloca in mediana, insieme a Donati ed all’islandese Halfredsson, sulla linea dei terzini. Romulo mantiene la sua posizione largo a destra, mentre Iturbe cambia corsia, collocandosi sulla fascia, quella sinistra, prima occupata da Gomez. In casa Catania, qualche minuto prima, il rientro di Gonzalo Bergessio in luogo di un volitivo ma impreciso Leto. I successivi cambi - Keko per Barrientos (83’) e Monzon per Peruzzi (90’) in casa Catania, Rafael Marques per Moras (78’) e Laner per Donati (83’) tra gli scaligeri – non portano a modifiche di ordine tattico di rilievo.
FLUSSI DI GIOCO E TATTICA
In attesa che Almiron recuperi la migliore forma, Guarente è il faro della manovra etnea. Era già successo con Rolando Maran in panchina, durante il secondo tempo della gara casalinga pareggiata con il Parma (Almiron lasciava spazio a Boateng e dal 3-5-2 si passò al 4-2-3-1) e due volte sotto la gestione De Canio, alla 14° contro il Milan, dopo il rosso a Tachtsidis e a Genova, contro la Sampdoria, nel 5-3-1-1 del primo tempo e nel 4-2-3-1 del secondo.
Nelle tre precedenti occasioni, il centrocampista pisano - maturato calcisticamente proprio nel Verona – aveva destato parecchie perplessità in un ruolo a lui non naturale, contro il Verona riesce invece ad incidere sulla manovra, rendendosi utile anche in fase di copertura.
Il Catania si esprime bene, specie durante la prima frazione gara, quando riesce a mettere alle corde l’avversario, grazie soprattutto ad un pressing alto ma ragionato, portato ai 50 metri. Il baricentro di squadra è elevato, oltre i 60 metri, ma i reparti sono sempre coesi, mantenendo le giuste proporzioni, nonostante una lunghezza complessiva di squadra, durante i primi 45’ di gioco, di quasi 54 metri (nel secondo tempo i rossoazzurri si compatteranno notevolmente, con una lunghezza di 46 metri).
Rispetto alle ultime uscite, convincono i movimenti senza palla dei centrocampisti e si migliora notevolmente sul numero di giocate utili, ovvero i gesti tecnici che determinano l’eliminazione di un avversario dalla fase difensiva, sul numero di palle giocate (595) e sull’accuratezza dei passaggi (66,2%).
Buona la fase difensiva, eccezion fatta per qualche ripartenza avversaria che ha colto di sorpresa la retroguardia etnea, considerato che gli avversari sono stati messi nella possibilità di giocare solo 22 palle in zona area Catania (8 nel primo tempo, 14 nel secondo). Il Catania, in tal senso, ha fatto molto meglio (convincente la prova di Barrientos e Castro da trequartisti) collezionando 72 palloni giocati in zona area avversaria, equamente distribuiti tra prima e seconda frazione di gara.
Relativamente alla fase difensiva, ancora, convince la riconquista della palla, che arriva nel 60% dei casi per recuperi effettivi da parte dei difensori e centrocampisti etnei, per il 27% attraverso recuperi temporanei e solo nel 13% delle occasioni per fine azione, ovvero per demeriti degli avversari.
Alla fase offensiva è mancato solo il gol. Cercato, in più occasioni ed attraverso diverse soluzioni (aeree, da sviluppo su piazzato, dalla distanza e all’interno dell’area avversaria) ma sfumato solo per un soffio.
Il Catania inizia la manovra dalle retrovie nel 80% dei casi e si affida raramente a lunghi lanci (7 quelli utili nel primo tempo, 5 durante il secondo), ricerca la profondità con insistenza (81 passaggi bassi utili nella metà campo avversaria) ed allo stesso modo sviluppa una discreta mole di gioco lungo le corsie laterali (12 cross utili dal fondo sui 18 tentativi).
La manovra dell’Hellas è affidata, soprattutto, ai piedi di Massimo Donati. Buono è l’apporto dei difensori e del brasiliano Romulo, cresciuto calcisticamente come terzino destro ma successivamente provato con successo in qualità di interno ed esterno di centrocampo.
L’Hellas si affida principalmente alle ripartenze ed ai lanci lunghi (58 i tentativi totali nel corso del match) cercando di sfruttare soprattutto le qualità aeree del centravanti luca Toni. Attraverso 7 cambi di gioco, riesce a collezionare 9 cross dal fondo, sui 15 tentati, ma ha una percentuale di attacco alla porta molto bassa (38%) che la dice lunga sul livello di pericolosità mostrato durante la gara. Pessima, in controtendenza rispetto alla media stagionale (il 40% delle reti messe a segno dagli scaligeri arrivano da sviluppi su calcio da fermo), l’efficacia dei piazzati in attacco, pari al 16%.
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