Catania-Genoa: l'analisi del match

 

Lascia l’amaro in bocca l’1-1 del Massimino conto il Genoa, perché arrivato a pochi minuti dal termine del match e perché, forse e col senno di poi, potevano essere prese delle contromisure che avrebbero consentito di sedare l’atteggiamento ultra offensivo degli avversari durante l’ultimo quarto di partita. Il pareggio tra Catania e Genoa raccontato in numeri, grafici e statistiche.

“Vince squadra che sbaglia meno”, diceva il vate Boskov. E quando sbagliano tutte e due, ci sentiamo di poter dire, il pareggio è dietro l’angolo.
Lascia l’amaro in bocca l’1-1 del Massimino conto il Genoa, perché arrivato a pochi minuti dal termine del match e perché, forse e col senno di poi, potevano essere prese delle contromisure che avrebbero consentito di sedare l’atteggiamento ultra offensivo degli avversari durante l’ultimo quarto di partita.
Il pareggio tra Catania e Genoa raccontato in numeri, grafici e statistiche.

 



 



Centrocampo folto e retroguardie attente

In casa Catania, le novità – rispetto alla gara giocata contro il Chievo - riguardano il reparto difensivo. Bellusci vince il ballottaggio con Rolin e gioca al centro della difesa, insieme a Legrottaglie. Alvarez, recuperato, è schierato a destra mentre Biraghi è il terzino sinistro.
Izco non è ancora al massimo della condizione ed il tecnico Maran gli preferisce Tachtsidis, schierato davanti alla difesa, pochi metri più indietro rispetto i compagni di reparto Plasil ed Almiron. In avanti, Bergessio è affiancato da Castro a sinistra e da Barrientos a destra.

Nel secondo tempo il tecnico etneo effettua la prima sostituzione a 15’ dal termine. In vantaggio di una rete (il gol di Barrientos arriva al 59’) e quando Gasperini aveva già effettuato due cambi. In panchina è richiamato Almiron, in debito di ossigeno, ed Izco gli subentra in mediana. Poco dopo Leto prende il posto Bergessio e a sette minuti dal termine del match, Biraghi va in panca per Monzon.
Nessuno dei tre avvicendamenti cambierà nulla da un punto di vista squisitamente tattico.


Le posizioni dei ventidue giocatori in campo

Le posizioni dei ventidue giocatori in campo  



A tre anni di distanza, Gasperini torna a sedersi sulla panchina del Genoa. Al grifone, il tecnico piemontese è amatissimo, in virtù delle quattro stagioni da record che riportarono il Genoa, tra le altre cose, in Europa dopo 18 anni (2008/09). Il trainer, espressamente voluto da Preziosi senior (il figlio avrebbe invece preferito il ritorno di Ballardini), ricomincia da tre, ovvero dal 3-4-3. Antonini, Portanova e Manfredini sono i centrali difensivi; Vrsaljo a destra e Sampirisi a sinistra rimangono larghi sulle fasce, mentre in mezzo Lodi e Matuzalem completano una folta mediana. Gilardino è l’unica punta e alle sue spalle operano Santana e Kucka.
Particolarmente efficaci sono le posizioni del croato Vrsaljko, terzino destro classe 1992, dotato di piedi molto educati che gli consentono di giocare anche a sinistra (nel 2011 l’Arsenal di Wenger era disposta ad offrire ben 12 mln di sterline per assicurarsi le prestazioni del giocatore) e dell’opposto Sampirisi, calatino classe ’92, difensore aggiunto ma che è cresciuto nelle giovanili del Milan come centrocampista offensivo e che conserva dunque nel DNA propensioni offensive.

Le caratteristiche dei due giocatori consentiranno alla retroguardia rossoblù di schierarsi a 5 in fase di non possesso.

Nella ripresa, Gasperini effettua due cambi in cinque minuti, disponendo per il Genoa un nuovo assetto tattico che si riposiziona sul terreno di gioco attraverso un 4-4-2 prima (attraverso gli ingressi di Fetfatzidis e Stoian rispettivamente per Matuzalem e Sampirisi), ed un 4-2-4 dopo l’ingresso in campo di Calaiò, a 10 dal termine, per Santana.

La metamorfosi del Genoa nella ripresa. Il Catania non prenderà rilevanti contromisure

La metamorfosi del Genoa nella ripresa. Il Catania non prenderà rilevanti contromisure  



Tanta geometria ma poca fantasia

La manovra etnea: regolare ma lenta e prevedibile

La manovra etnea: regolare ma lenta e prevedibile  



La manovra del Catania è omogenea e circolare; coinvolge tutti gli uomini in campo in egual misura e si sviluppa con discreta continuità dalle retrovie e solo nel 25% delle occasioni attraverso palle a scavalcare il centrocampo (il Genoa fa comunque decisamente meglio costruendo nel 90% dei casi l’azione da dietro). Il problema rimane nei tempi di gioco e nell’atteggiamento complessivo della squadra: la circolazione della palla è estremamente lenta (la media del torneo è di 2,60”, il Catania viaggia sui 3,15”) e statisticamente occorrono oltre 22” per arrivare al tiro (in Serie A, la media è piuttosto elevata e si attesta ai 14,33”). Questo dato, insieme alla estrema prevedibilità delle giocate, ovviamente, consente al Genoa - che riesce a difendersi in cinque attraverso l’arretramento di Sampirisi e Vrsaljko - di farsi trovare quasi sempre a difesa schierata.
L’utilizzo dell’ampiezza di gioco, in fase offensiva, è precario (dato singolare, per una squadra che dispone di tre elementi offensivi e che dovrebbe sviluppare lungo le corsie esterne buona parte del proprio gioco) se confrontato con gli avversari che adoperano un assetto tattico, in fase di possesso, assimilabile. Solamente tre cambi di gioco, infatti, durante tutto il match ( 11 quelli di sponda rossoblù) e il 60% di giocate in zona avanzate sulle fasce (il Genoa sviluppa invece il 75% del proprio gioco lungo gli out laterali). Nove infine, sono i cross su azione dal fondo tentati dai rossoazzurri contro i 24 del Genoa.

Assenza dell’uomo d’ordine. Almiron a mezzo servizio brucia un cambio

Maran dà nuovamente fiducia a Tachtsidis e lo schiera come perno di centrocampo e fulcro della manovra. Il giocatore greco, per i primi venti minuti di gara, lo ripaga con alcune buone giocate di prima ed un paio di verticalizzazioni , non concretizzate dai compagni o comunque non andate a buon fine. Quando le maglie del centrocampo si infittiscono, ed il Genoa acquista fiducia conquistando metri in campo, rinuncia a prendere iniziative, scomparendo alla distanza, e lascia dirigere la manovra a Barrientos, costretto ad arretrare il proprio raggio d’azione.
Le statistiche del greco ai novanta minuti raccontano di una gara sufficiente, senza sbavature ma senza acuti: 64 palle giocate, 48 passaggi riusciti e 16 giocate utili (intese come gesti tecnici che determinano l’eliminazione di un avversario dalla fase difensiva), effettuate però lungo la linea di centrocampo e mai sulla trequarti avversaria, in poco più di due minuti di possesso palla. Bene in copertura, fase per la quale si distingue grazie ai 13 recuperi ed alle 11 intercettazioni. Quattro i recuperi aerei e 2 i palloni recuperati in zona area etnea.
Plasil gioca un numero inferiore di palloni (48) rispetto al compagno di reparto ma si propone con più assiduità, a destra nel corso del primo tempo, a sinistra durante la ripresa. Le qualità tecniche superiori alla media del torneo, gli consentono di agire con disinvoltura in avanti, ma la risicata distanza tra il reparti avversari non gli permette di creare superiorità numerica nella zona nevralgica del terreno di gioco.
La gara di Almiron merita diverse considerazioni: l’argentino rimane in campo per 73 minuti, durante i quali non riesce ad incidere sul match ed anzi, troppo spesso, appare escluso dalla manovra rossoazzurra. Eloquente, a tal proposito, è il dato relativo ai passaggi a lui indirizzati. Plasil, che gioca a pochi metri di distanza, è il compagno di squadra che più interloquisce con lui nel corso del match, ma lo fa appena in 6 occasioni. Sorprendente notare come non vi sia sostanzialmente dialogo tra lo stesso Almiron e Barrientos: 2 passaggi in 73 primi di gioco dal centrocampista all’indirizzo dell’esterno offensivo, nessuno in direzione opposta. Biraghi, il cui gioco potrebbe e dovrebbe essere innescato dal centrocampista argentino, riceve dal compagno 2 palloni. Entrambi comunque poco giocabili.
Lo score complessivo di Almiron è di 25 palloni giocati, 4 persi e 3 giocate utili. La sua prova risulta insufficiente anche relativamente alla sola fase interdittiva: appena 5 recuperi effettivi e 4 intercettazioni. La prova, a nostro parere deficitaria, va giudicata insieme alla precaria condizione atletica del giocatore, che al momento risulta avere nelle gambe poco più di un tempo. Legittima dunque la riflessione sulla opportunità di continuare ad insistere in questa fase del torneo, sul giocatore – ed essere costretti alla sua ormai canonica sostituzione nella ripresa - oppure affidarsi ad altri interpreti che potrebbero beneficiare di minuti giocati.