Catania-Frosinone 1-2: Diagnosi sconfortante

Non ci resta, quasi, che piangere...

Non ci resta, quasi, che piangere... 

La sconfitta interna coi ciociari certifica l'endemica incapacità di rialzarsi della squadra etnea.

L'effetto dell'antibiotico è già svanito. A fine gennaio sembrava che il profondo restyling promosso dalla società etnea, anche grazie alle idee tattiche di Marcolin, fosse in grado di dare una sterzata ad una stagione sino ad allora disastrosa. Appena un mese dopo ci ritroviamo nella medesima situazione di fine dicembre: zona retrocessione a parte, ciò che allarma di più è che questa squadra non sembra riuscire a trovare mai la strada della guarigione completa. Sono scesi in campo fino ad ora ben 40 giocatori, la panchina ha cambiato padrone per quattro volte, ma di segnali di una svolta e di una crescita costante neanche l'ombra. Solo effimere serie positive in gare casalinghe. E oggi, a due mesi di distanza dalla sconfitta col Carpi, il “fortino” del “Massimino” torna ad essere violato. Che il Catania soffra di un male apparentemente incurabile è ormai assodato, e giunti a questo punto è forse superfluo e persino controproducente celebrare processi e trovare cause e responsabili. Quello che serve per evitare che la stagione non si concluda nel peggiore dei modi è trovare una strada per limitare i danni e augurarsi di essere ancora in tempo per farlo. Le 15 partite restanti e la classifica corta inducono a non mollare: il minimo sindacale, cioè la salvezza (per la situazione in cui la società si è andata a cacciare), non è ancora compromessa. Per trovare risposte e soluzioni non si può però fare a meno di analizzare ciò che anche oggi ha espresso il giudice supremo: il campo.

Castro, a sorpresa buona prestazione da vice-Calaiò
Partiamo da quel poco che c'è da salvare. Oggi Marcolin doveva far fronte alla pesante assenza di Calaiò. Sin dalla chiusura del mercato di gennaio era balzata all'occhio la scelta della società di non prevedere sostituti di ruolo al tandem composto dal n°9 e da Maniero. Sembrava inevitabile dunque ricorrere al ritorno al 4-3-3 sfruttando le opzioni Castro e/o Martinho per sopperire ad eventuali indisponibilità. Il tecnico bresciano decide invece di affidare al “Pata” compiti decisamente più offensivi, da punta vera, seppur in accompagnamento a Maniero. E va detto che l'argentino ha giocato probabilmente la sua miglior partita dalla scorsa stagione a questa parte. Finalmente ispirato, ha cercato l'intesa coi compagni, riuscendo talvolta ad imbeccarli con qualità, ed ha cercato la porta, trovandola al terzo tentativo con una pregevole volée. Nella ripresa, per difendere il vantaggio, Rosina e Castro si sono allargati trasformando il modulo in un 4-3-3, e col senno di poi probabilmente si è trattato di un errore, perché ha privato Maniero dell'opportuna assistenza per proteggere e giocare il pallone sugli innumerevoli rilanci a cui la difesa rossazzurra è stata costretta. Resta comunque la fiducia che ispira l'unico reparto che da inizio stagione sembra sempre in grado di poter funzionare adeguatamente, indipendentemente dagli interpreti: quello d'attacco, certamente più pericoloso se i “mostri sacri” Rosina e Calaiò sono a disposizione, non di meno temibile con l'apporto, diverso per caratteristiche, di comprimari come Castro.

Una difesa che non regge, e un centrocampo che non fa filtro
Il vero problema sta dietro, e la colpa non è soltanto degli interpreti. Anzi, per attenzione ed aggressività i vari Belmonte, Schiavi e Ceccarelli non stanno demeritando se paragonati ai predecessori, e lo stesso Mazzotta, sebbene condivida con Monzon il vizietto di spingersi un po' troppo in avanti e lasciare scoperta la propria zona in fase difensiva, non ha fatto più danni dell'argentino e si è abilmente proposto in fluidificazione come dimostrato anche oggi dall'assist per Castro. Il problema è che si tratta di un reparto complessivamente fragile, che va in difficoltà contro qualsiasi attacco in grado di mostrare muscoli e forza. E se gli attaccanti avversari dispongono anche di un po' di tecnica, come oggi Dionisi e Ciofani, non c'è nulla da fare. Il gol arriva, perché sfugge quella marcatura di troppo, perché si perde quel contrasto di troppo, e anche perché questi benedetti difensori non sono protetti da un filtro di centrocampo come si deve. Filtro che, più o meno, c'è sempre stato fintanto che Coppola ha fatto coppia con Rinaudo dando una mano al n°21, posto che Sciaudone ha caratteristiche di spinta. Con lo sfortunato infortunio del n°42 (che si è andato a schiantare proprio contro Rinaudo) e con l'ingresso di Martinho prima ed Escalante poi i “buchi” sulla trequarti sono stati una costante. E' indubbiamente un fattore su cui il tecnico deve intervenire, cercando di lavorare sulla testa dei giocatori, dal momento che per caratteristiche nessuno di loro, Chrapek compreso, ha la stessa grinta ed intelligenza tattica di Coppola. Sicuramente chi si avvicina di più all'ex Cesena è Escalante che però è ancora acerbo e non può fornire garanzie in ogni match, fermo restando che a Bari non potrà essere utilizzato perché squalificato.

Aggrapparsi all'orgoglio per andare a fare risultato al “San Nicola
Si tratta soltanto di spunti su cui riflettere un attimo per poi ripartire subito e concentrarsi proprio sulla trasferta di Bari. I redivivi galletti oggi hanno fatto il colpaccio a Modena grazie a un ex rossazzurro (Kingsley Boateng) e al “San Nicola” Marcolin dovrà fare a meno di Schiavi, Escalante e soprattutto Maniero. Il che significa che, se Calaiò non stringe i denti e non recupera, ci si dovrà inventare non solo l'attacco ma...anche un attaccante. Ma in un momento di grave crisi non ci si può certo appigliare ad alibi come le assenze, gli infortuni, le squalifiche, la sfortuna, i pali, gli arbitraggi. Per salvare il salvabile bisogna uscire l'orgoglio e gli attributi e gettare il cuore oltre l'ostacolo, giocando per i tre punti, chiunque scenda in campo. Per il calcoli non c'è tempo, da qui fino al 10 marzo si giocherà ogni tre giorni, e non è il caso di distrarsi ancora guardando la classifica e cambiando gli obiettivi da una settimana all'altra.